il dopo dissesto

Nuova Carichieti, salvi dipendenti e correntisti

La parte sana dell’istituto, con affari per 3 miliardi, riparte da Roma. I 500 clienti che hanno obbligazioni subordinate rischiano di perdere tutto

CHIETI. La lunga vita della Cassa di risparmio di Chieti è finita alle 22 di domenica sera. Il certificato di morte di quella che è stata per un secolo e mezzo una banca florida l'ha firmato la Banca d'Italia, prendendo atto di un'ingloriosa e irrimediabile "situazione di dissesto". E così l'istituto teatino è stato diviso in tre, una sorte toccata anche ad altre pecore nere del sistema creditizio italiano, ovvero la Banca Marche, la Cassa di risparmio di Ferrara e la Banca dell'Etruria di Arezzo: la parte sana della Carichieti, con tutti gli sportelli e i dipendenti (per ora) è finita in una nuova entità, la Nuova Carichieti spa, che però ha sede a Roma, non più in via della Colonnetta, e un consiglio d'amministrazione senza alcun esponente locale; la vecchia banca è stata messa in liquidazione immediata, sotto le cure di un pool di avvocati guidato dal legale romano Massimo Bigerna; un terzo troncone, fatto dei crediti inesigibili (o comunque di difficile riscossione) è finito in una nuova società, la cosiddetta bad bank (banca cattiva), che condividerà tutti questi incagli e sofferenze con le tre sorelle di disgrazie citate sopra, per un monte complessivo di 8 miliardi e mezzo, dei quali circa 500 in arrivo da Carichieti. Si prevede che solo un miliardo e mezzo verrà recuperato.

Morale della favola: è stata creata una nuova banca liberata dalla zavorra di crediti difficili che avevano portato l'istituto sull'orlo di un clamoroso fallimento. Il crac è stato scongiurato solo grazie a un duplice intervento: del governo, che domenica pomeriggio ha varato appositamente una nuova normativa sui salvataggi nel mondo del credito, e delle altre banche italiane, che si sono accollate le gigantesche perdite delle quattro consorelle in difficoltà. Ovviamente la manovra non è indolore: le azioni della Carichieti da domenica sono carta straccia, con una perdita secca di 77 milioni di euro per la sola Fondazione Carichieti. che controllava oltre l'80% della banca defunta. E c’è il rischio concreto che diventino carta straccia anche le obbligazione subordinate per diverse decine di milioni di euro, sottoscritte da oltre 500 risparmiatori tra il 2012 e il 2015. Ma vediamo più da vicino che cosa può accadere ora.

La nuova Carichieti Tecnicamente ha un ruolo di banca-ponte, nel senso che il nuovo consiglio d'amministrazione deve soltanto traghettare l'istituto, ripulito di tutte le criticità, verso un nuovo assetto azionario. In poche parole: trovare al più presto un compratore. Non a caso il vertice scelto dalla Banca d'Italia è fatto da tre personaggi di grande esperienza e prestigio: il presidente è Roberto Nicastro, 51 anni, a lungo direttore generale di Unicredit, affiancato dall'amministratore delegato Salvatore Immordino, 63 anni, già commissario straordinario di Carichieti negli ultimi mesi di gestione d'emergenza, e da Maria Pierdicchi, 58 anni, fino a marzo numero uno della società di rating Standard & Poor’s in Italia. I tre si sono visti consegnare una banca che all’attivo conta anche 3,1 miliardi tra prestiti e altre forme di impiego e ha 3,3 miliardi di passivo tra depositi, conti e altre forme di raccolta. Particolare importante: per i clienti non cambia nulla, potranno continuare a rivolgersi agli sportelli senza che nulla sia mutato nei loro rapporti con la banca. Le uniche novità, come si diceva sopra, riguardano i titolari di obbligazioni subordinate, il cui valore potrebbe essere azzerato, e i debitori che non sono stati in grado di restituire il prestito: questi ultimi verranno perseguiti non più da Carichieti, ma dalla "banca cattiva" che è stata costituita a Roma.

Le obbligazioni subordinate Vengono considerate capitale di rischio e quindi rischiano di essere azzerate con la fine della vecchia banca. Al momento sul sito della Carichieti si parla di tre emissioni in corso, per complessivi 25 milioni di euro, ma il comunicato della Banca d'Italia di ieri fa riferimento a una quarta emissione di cui non è stato possibile trovare traccia. Quelle censite sul sito Carichieti sono state sottoscritte complessivamente da 507 risparmiatori, con un esborso medio che sfiora i 50 mila euro: si tratta di due emissioni al 5% 2012-2019 e di una emissione al 4% 2013-2018. Fino ad oggi la banca aveva fatto fronte al pagamento delle cedole, ma pare che ora siano andati in fumo sia gli interessi che il capitale. Un chiarimento sul punto è necessario e si attende a breve una dichiarazione ufficiale per fare chiarezza su una vicenda che potrebbe scatenare un rilevante contenzioso legale, anche se nei prospetti era indicato chiaramente il rischio insito in questi strumenti. Nessun dubbio, invece, sul fatto che sia perduto il capitale sociale di 80 milioni, ma se per il socio di minoranza Intesa San Paolo si tratta di un piccolissimo infortunio, per la Fondazione Carichieti siamo davanti a un colpo mortale.