Pasticcio permessi sulla casa del sindaco Altolà del Comune
Bucchianico, il via libera ai lavori arrivato a cantiere già chiuso L’opposizione insorge: atto grave, Di Paolo deve dimettersi
BUCCHIANICO. Un permesso a costruire annullato in autotutela perché, pare, i lavori siano stati realizzati prima che l’ufficio urbanistica rilasciasse l’autorizzazione. Un intoppo reso ancora più imbarazzante dal fatto che il permesso a costruire numero 1 del 5 gennaio 2012 per «locali accessori a servizio di un fabbricato di civile abitazione esistente in contrada S.M. Casoria» fu concesso a Mario Di Paolo e Kristin Weirauch, ovvero primo cittadino e signora. Al responsabile dell’ufficio urbanistico non è rimasto che annullare il permesso con la determinazione 506 del 3 settembre: «Non già per vizi meramente formali, bensì sostanziali, conseguiti per altro ad una falsa rappresentazione dello stato di fatto preesistente il rilascio del permesso stesso», si legge nel documento pubblicato sull’albo pretorio online. La comunicazione arriverà a Di Paolo in doppia copia: in municipio, in qualità di sindaco, e nella sua cassetta della posta, come cittadino che si è visto negare un permesso. I coniugi hanno 60 giorni di tempo per rivolgersi al tribunale amministrativo e possono addirittura provare con un ricorso straordinario al Capo dello Stato entro 120 giorni dalla notifica dell’atto. Intanto a Bucchianico è già iniziata la bufera, tanto che il gruppo di minoranza Insieme per Bucchianico reclama le dimissioni del primo cittadino. Non solo a gran voce, ma anche con una richiesta formale indirizzata al diretto interessato, ad assessori e consiglieri, al prefetto Fulvio Rocco de Marinis e al presidente della Provincia Enrico Di Giuseppantonio. Un documento duro e deciso, firmato dal capogruppo Rosario Sulpizio e dai consiglieri Luigi Zappacosta, Rolando Giacchetti, Ada Luisanna Mammarella Anchitella, Giannino Panara.
«Non è possibile tollerare che un sindaco», si legge nella lettera, «cioè la persona a cui per legge è demandato il compito di vigilare e reprimere gli illeciti edilizi, abbia potuto pensare di godere di una immunità tale da potersi permettere impunemente di mettere in atto un tale comportamento. Non è possibile tollerare che i cittadini vengano trattati in maniera diversa a seconda del ruolo che rivestono, al punto che per i quelli comuni subito scattano le giuste ordinanze di sospensione dei lavori e di demolizione, mentre al primo cittadino tutto ciò viene risparmiato in attesa di una “sanatoria” che dovrebbe rendere lecito anche ciò che non è sanabile (come la parte di muro di cinta costruita senza rispettare la distanza dalla strada provinciale)», è il duro atto d’accusa. Ora i cinque consiglieri chiedono a Mario Di Paolo «un gesto di responsabilità».
Francesca Rapposelli
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