Pescara. Bimbo morto in ospedale, scagionati tutti i medici
Caso Alinovi, secondo il giudice non fu commesso un omicidio colposo. Ma in aula esplode la rabbia dei genitori: avete ammazzato mio figlio
PESCARA «Antonello Persico assolto perché il fatto non sussiste; non luogo a procedere per Pierluigi Lelli Chiesa, Carlo Rossi, Michele Favale e Luigi Sardella», dice il giudice per l’udienza preliminare Gianluca Sarandrea. «Corrotti, avete ammazzato mio figlio», urlano i genitori del piccolo Paolo Alinovi alla lettura della sentenza che ha scagionato i cinque medici che erano accusati di omicidio colposo per la morte del neonato di tre mesi .
Si chiude in un tribunale deserto in cui rimbombano le urla disperate di Mario Alinovi e Barbara Maragna la pagina di una vicenda drammatica iniziata il 29 luglio 2009 con la morte del bimbo, passata per la richiesta di rinvio a giudizio del pm Salvatore Campochiaro per i cinque medici, la scelta di Persico di fare l’abbreviato e la sentenza di estraneità.
Da un lato la giustizia, dall’altro il dolore della famiglia: sono passate le 17 quando il giudice per l’udienza preliminare legge la sentenza, Mario Alinovi grida «corrotti», esce infuriato dall’aula, scende le scale del tribunale e continua a sfogare la sua rabbia. «Anche voi siete genitori» dice Barbara Maragna mentre la moglie del chirurgo pediatra Persico piange lacrime di gioia per l’assoluzione del marito. Sarà lei, unica parente presente in aula alla lettura della sentenza, ad avvertire al telefono il marito medico. «Le ho risposto grazie, per me è finita una brutta storia iniziata tre anni fa», dice Persico che lavora con i bambini da vent’anni e che, tramite i suoi avvocati, Gianfranco Iadecola ed Eugenio Felice, era stato l’unico a scegliere il rito abbreviato.
Per gli altri quattro, tra cui il primario di Chirurgia pediatrica Lelli Chiesa, il pm Campochiaro aveva chiesto il rinvio a giudizio annullato dalla sentenza del tardo pomeriggio di ieri. Così, a distanza di quasi tre anni, si chiude l’inchiesta che ha portato a dolore, polemiche e proteste sfociate anche con scambi di accuse e denunce. In questo lasso di tempo, i genitori del bimbo hanno fondato l’associazione Paolo Alinovi che aiuta e sostiene le vittime di presunti casi di malasanità mentre i medici di chirurgia pediatrica si sono sempre difesi e hanno continuato a lavorare sostenuti dalle associazioni di volontariato (l’associazione Amico in particolare) vicine all’intero reparto.
Ma la pesante accusa di omicidio colposo è caduta per il primario Lelli Chiesa, per il chirurgo Persico e per i dirigenti di chirurgia pediatrica Rossi, Favale e Sardella. La conclusione a cui era giunta la procura è che il piccolo Paolo era morto in ospedale per una serie di imperizie e negligenze da parte dei medici che avrebbero dovuto curare il bimbo. Accuse, invece, sempre respinte dai cinque dottori. Ancora, il magistrato sosteneva che il primario Lelli Chiesa, il chirurgo Rossi e il dottor Favale quale anestesista, nella parte finale dell’intervento, quel giorno non avrebbero dato alcuna indicazione ai medici del reparto che presero in cura il neonato per il decorso operatorio. Il piccolo Paolo fu trasferito la mattina del 29 luglio in terapia intensiva ma, ormai, era troppo tardi. La sentenza di ieri ha però fatto cadere l’accusa di omicidio colposo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Si chiude in un tribunale deserto in cui rimbombano le urla disperate di Mario Alinovi e Barbara Maragna la pagina di una vicenda drammatica iniziata il 29 luglio 2009 con la morte del bimbo, passata per la richiesta di rinvio a giudizio del pm Salvatore Campochiaro per i cinque medici, la scelta di Persico di fare l’abbreviato e la sentenza di estraneità.
Da un lato la giustizia, dall’altro il dolore della famiglia: sono passate le 17 quando il giudice per l’udienza preliminare legge la sentenza, Mario Alinovi grida «corrotti», esce infuriato dall’aula, scende le scale del tribunale e continua a sfogare la sua rabbia. «Anche voi siete genitori» dice Barbara Maragna mentre la moglie del chirurgo pediatra Persico piange lacrime di gioia per l’assoluzione del marito. Sarà lei, unica parente presente in aula alla lettura della sentenza, ad avvertire al telefono il marito medico. «Le ho risposto grazie, per me è finita una brutta storia iniziata tre anni fa», dice Persico che lavora con i bambini da vent’anni e che, tramite i suoi avvocati, Gianfranco Iadecola ed Eugenio Felice, era stato l’unico a scegliere il rito abbreviato.
Per gli altri quattro, tra cui il primario di Chirurgia pediatrica Lelli Chiesa, il pm Campochiaro aveva chiesto il rinvio a giudizio annullato dalla sentenza del tardo pomeriggio di ieri. Così, a distanza di quasi tre anni, si chiude l’inchiesta che ha portato a dolore, polemiche e proteste sfociate anche con scambi di accuse e denunce. In questo lasso di tempo, i genitori del bimbo hanno fondato l’associazione Paolo Alinovi che aiuta e sostiene le vittime di presunti casi di malasanità mentre i medici di chirurgia pediatrica si sono sempre difesi e hanno continuato a lavorare sostenuti dalle associazioni di volontariato (l’associazione Amico in particolare) vicine all’intero reparto.
Ma la pesante accusa di omicidio colposo è caduta per il primario Lelli Chiesa, per il chirurgo Persico e per i dirigenti di chirurgia pediatrica Rossi, Favale e Sardella. La conclusione a cui era giunta la procura è che il piccolo Paolo era morto in ospedale per una serie di imperizie e negligenze da parte dei medici che avrebbero dovuto curare il bimbo. Accuse, invece, sempre respinte dai cinque dottori. Ancora, il magistrato sosteneva che il primario Lelli Chiesa, il chirurgo Rossi e il dottor Favale quale anestesista, nella parte finale dell’intervento, quel giorno non avrebbero dato alcuna indicazione ai medici del reparto che presero in cura il neonato per il decorso operatorio. Il piccolo Paolo fu trasferito la mattina del 29 luglio in terapia intensiva ma, ormai, era troppo tardi. La sentenza di ieri ha però fatto cadere l’accusa di omicidio colposo.
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