Pozzi chiusi, città a secco anche di giorno
A Pescara vietato bere in due quartieri Acqua avvelenata: inchiesta della Procura
PESCARA. Migliaia di famiglie, bar, ristoranti, stabilimenti, senz’acqua per tutto il giorno. Ieri Chieti, Pescara e Francavilla sono rimaste a secco. La chiusura dei pozzi di Castiglione a Casauria ha mandato in tilt anche i piccoli Comuni. E due quartieri che, a causa dello svuotamento dei serbatoi, dovranno aspettare 72 ore prima di bere l’acqua.
Una situazione drammatica che ha costretto la prefettura di Pescara a convocare due riunioni d’urgenza, mentre la Forestale ha aperto un’inchiesta, su mandato della procura della repubblica di Pescara, per avvelenamento di acqua potabile. Circa diecimila cittadini che abitano a San Donato e Villa del Fuoco, a Pescara, non devono bere acqua dal rubinetto per tre giorni.
Ci vorranno 48 ore per far rientrare l’emergenza. I pozzi chiusi, su ordine del commissario straordinario del Bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio, hanno ridotto la portata di 200 litri al secondo e l’acqua che arriva alle condutture è insufficiente al fabbisogno. Così, a Pescara i pubblici esercizi hanno dovuto impedire l’accesso ai bagni ai clienti, mentre gli edifici privi di autoclave sono rimasti a secco.
A Chieti è stato lo stesso: il Comune ha avvertito della sospensione del servizio idrico, tra le 15 e le 19 di ieri e dalle 23 fino alle 6 di stamattina e ha istituito un numero telefonico per il rifornimento a domicilio dell’acqua in casi di estrema necessità. Ci sono voluti due vertici in prefettura a Pescara, uno in tarda mattinata e uno nel pomeriggio, con le forze dell’ordine e rappresentanti dell’assessorato regionale alla sanità, Ato, Aca, Comuni interessati, Asl, vigili del fuoco, Arta, per arrivare a stilare un piano di emergenza.
«L’Aca interverrà con una redistribuzione dell’acqua per aumentare il deflusso sopratutto nelle zone costiere, dove c’è maggiore richiesta», spiega l’assessore al Comune di Pescara, Camillo D’Angelo. «La situazione potrà essere gradualmente migliorata nelle prossime 48 ore», assicura la nota emanata in serata dalla prefettura. La nota prosegue facendo presente che l’apprezzabile calo di portata e della pressione nelle condotte idriche «potrebbe determinare la presenza di impurità nelle condutture dell’acqua potabile».
Di qui la decisione di sconsigliare di bere l’acqua dai rubinetti di San Donato e Villa del Fuoco, per 72 ore, in attesa che Asl e Arta procedano ai controlli. Intanto, il reparto investigativo del Corpo forestale dello Stato, agli ordini del comandante provinciale Guido Conti, ha iniziato le indagini, su richiesta della procura della Repubblica, per accertare se via sia stato avvelenamento delle acque di falda estratte dai pozzi di Sant’Angelo a Castiglione a Casauria. Pozzi che fino a venerdì hanno fornito un quantitativo di acqua di circa 200 litri al secondo nei collettori dell’acquedotto Giardino, pari a circa il 10 per cento dell’intera portata. Ora, però, sono scattati i sigilli.
Questo perché nelle acque sono state trovate tracce di sostanze altamente pericolose per la salute umana, come il tetracloruro di carbonio, l’esacloetano, il triclorometano (cloroformio), il tribrometano (bromoformio), che, secondo il Corpo forestale dello Stato, sarebbero riconducibili alla presenza di una mega discarica abusiva di rifiuti tossici nel bacino del Pescara. Ultimamente sono stati scoperti altri due siti inquinati nel bacino del Tirino e nelle vicinanze della fabbrica chimica Solvay, l’ex Montecatini.
Una situazione drammatica che ha costretto la prefettura di Pescara a convocare due riunioni d’urgenza, mentre la Forestale ha aperto un’inchiesta, su mandato della procura della repubblica di Pescara, per avvelenamento di acqua potabile. Circa diecimila cittadini che abitano a San Donato e Villa del Fuoco, a Pescara, non devono bere acqua dal rubinetto per tre giorni.
Ci vorranno 48 ore per far rientrare l’emergenza. I pozzi chiusi, su ordine del commissario straordinario del Bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio, hanno ridotto la portata di 200 litri al secondo e l’acqua che arriva alle condutture è insufficiente al fabbisogno. Così, a Pescara i pubblici esercizi hanno dovuto impedire l’accesso ai bagni ai clienti, mentre gli edifici privi di autoclave sono rimasti a secco.
A Chieti è stato lo stesso: il Comune ha avvertito della sospensione del servizio idrico, tra le 15 e le 19 di ieri e dalle 23 fino alle 6 di stamattina e ha istituito un numero telefonico per il rifornimento a domicilio dell’acqua in casi di estrema necessità. Ci sono voluti due vertici in prefettura a Pescara, uno in tarda mattinata e uno nel pomeriggio, con le forze dell’ordine e rappresentanti dell’assessorato regionale alla sanità, Ato, Aca, Comuni interessati, Asl, vigili del fuoco, Arta, per arrivare a stilare un piano di emergenza.
«L’Aca interverrà con una redistribuzione dell’acqua per aumentare il deflusso sopratutto nelle zone costiere, dove c’è maggiore richiesta», spiega l’assessore al Comune di Pescara, Camillo D’Angelo. «La situazione potrà essere gradualmente migliorata nelle prossime 48 ore», assicura la nota emanata in serata dalla prefettura. La nota prosegue facendo presente che l’apprezzabile calo di portata e della pressione nelle condotte idriche «potrebbe determinare la presenza di impurità nelle condutture dell’acqua potabile».
Di qui la decisione di sconsigliare di bere l’acqua dai rubinetti di San Donato e Villa del Fuoco, per 72 ore, in attesa che Asl e Arta procedano ai controlli. Intanto, il reparto investigativo del Corpo forestale dello Stato, agli ordini del comandante provinciale Guido Conti, ha iniziato le indagini, su richiesta della procura della Repubblica, per accertare se via sia stato avvelenamento delle acque di falda estratte dai pozzi di Sant’Angelo a Castiglione a Casauria. Pozzi che fino a venerdì hanno fornito un quantitativo di acqua di circa 200 litri al secondo nei collettori dell’acquedotto Giardino, pari a circa il 10 per cento dell’intera portata. Ora, però, sono scattati i sigilli.
Questo perché nelle acque sono state trovate tracce di sostanze altamente pericolose per la salute umana, come il tetracloruro di carbonio, l’esacloetano, il triclorometano (cloroformio), il tribrometano (bromoformio), che, secondo il Corpo forestale dello Stato, sarebbero riconducibili alla presenza di una mega discarica abusiva di rifiuti tossici nel bacino del Pescara. Ultimamente sono stati scoperti altri due siti inquinati nel bacino del Tirino e nelle vicinanze della fabbrica chimica Solvay, l’ex Montecatini.