Raimondi: «Ora me ne vado per tutelare la mia famiglia» 

L’assessore: «Rimanere è da irresponsabili, non accetto gli attacchi a mia moglie»

CHIETI. È mezzogiorno in punto. In piazza San Giustino l’assessore Enrico Raimondi ufficializza le sue dimissioni, ormai «irrevocabili», dalla giunta Ferrara. L’esponente del Pd, per tre anni a Palazzo di città in quella che ha definito «un’impresa eroica», parla con il Centro per 40 minuti. L’ex assessore non ha intenzione di fare dietrofront, convinto della sua scelta «per tutelare la famiglia».
Avvocato Raimondi, come è stata la prima notte dopo le sue dimissioni?
«Ho dormito otto ore come sempre. Sono sereno, a parte l’incidente stradale di questa mattina: ho tamponato una macchina».
La notte le ha portato consiglio, ci starà mica ripensando?
«No, assolutamente».
E se glielo chiedesse il sindaco?
«Neppure, Ferrara ha giustamente manifestato l’esigenza di avere assessori a tempo pieno e sa che questo è incompatibile con i miei impegni. Ho sei corsi universitari, lo studio legale e sto finendo di scrivere un libro. Se mi viene chiesto di stare tutti i giorni in Comune, io non posso farlo».
Lunedì sera in un post su Facebook ha pubblicato le sue dimissioni e ha scritto che la sua famiglia è stata «oggetto di attacchi di persone ignobili».
«Purtroppo c’è l’imbarbarimento della politica. C’è chi ritiene di fare opposizione coinvolgendo i familiari di assessori e consiglieri: anche questo mi ha portato, per tutela della dignità del nucleo familiare, alle dimissioni. Non mi va che l’attività dei miei parenti possa essere condizionata dalla mia presenza in giunta».
Vuole quindi tutelare la sua famiglia?
«Voglio tenerla fuori dalla dialettica politica che, in altri tempi, non ci sarebbe mai stata. C’è stato un episodio spiacevole che riguarda mia moglie: da anni è nominata al Comune di Chieti per fare le sorveglianze archeologiche. Se ne sono ricordati solo quando ho fatto l’assessore».
Gli attacchi nei confronti di sua moglie l’hanno portata alle dimissioni?
«Sì, perché la politica si fa sulla politica, non su queste cose».
La sua famiglia appoggia la scelta di dimettersi, quindi?
«Io sono sempre stato autonomo nelle scelte. Mia moglie, fin dall’inizio, non è mai stata d’accordo che facessi politica perché è un impegno che prende molto tempo. Sabato e domenica, al posto di fare una gita, si fanno riunioni in Comune».
Ferrara era al corrente della sua scelta?
«Ne avevamo parlato in questi giorni. Poi, lunedì sera, poco prima delle 23, gli ho mandato una mail per ufficializzare».
Come lo ha comunicato al resto della giunta?
«Con un messaggio sulla nostra chat di Whatsapp lunedì sera».
E loro cosa hanno detto?
«Non lo so perché poi ho subito abbandonato il gruppo».
Non le interessavano le loro reazioni dopo tre anni di lavoro insieme?
«No, è un passo che sapevano che prima o poi avrei fatto. Se fosse stata una scelta dettata da motivazioni politiche, ne avrei discusso. Ma è una scelta legata a motivazioni personali, non c’è nulla da dire».
In questo momento delicato per l’ente, l’unione fa la forza. Si è tirato indietro dalle sue responsabilità?
«No, appunto perché è un momento difficile e che richiede il massimo sforzo da parte di tutti, io so di non poterlo garantire e faccio un passo indietro. Sarebbe da irresponsabili rimanere».
Tra le sue deleghe c’era quella alle società partecipate come Teateservizi. È consapevole del vuoto che lascia?
«Con la massima onestà intellettuale, ritengo di aver fatto tutto quello che era possibile fare e anche di più. Ora la delega importante è quella al bilancio, non la mia. Teateservizi sta facendo il suo corso con la procedura concorsuale. Ripeto: quello che dovevamo fare, lo abbiamo fatto».
Quale sarà il futuro di Teateservizi: la società si salverà?
«Dipende dai creditori e dalle loro valutazioni. Ne uscirà un’azienda ristrutturata perché sta incassando più degli altri anni. Poi il Comune dovrà compiere delle scelte di bilancio perché si dovrà aumentare l’aggio. Secondo me, ci sono le condizioni per salvare la società».
Qualche suo collega potrebbe fare il tuo stesso passo a breve?
«Anche Mara Maretti è docente universitaria ed è nella mia stessa situazione. Sta dando qualche segno di sofferenza. Dalle nostre conversazioni quotidiane sembra essere in procinto di dimettersi. Lei ha una delega molto sensibile, perché richiedere una programmazione di un certo tipo e quotidiano».
Ieri ha detto che i suoi colleghi «sono bravi con i selfie» mentre lei «legge gli atti».
«Mi definisco un tipo del Novecento e mi rifaccio a una comunicazione politica antica. Loro sono più giovani e sono più pratici con i social. Hanno un’impostazione diversa di pubblicizzare quello che fanno. Ritengo che a volte sia più opportuno studiare e farsi meno selfie, gliel’ho detto già diverse volte. Mi permetto, essendo più grande di loro, di dare suggerimenti e di consigliare comportamenti un po’ più coerenti con la fase politica in cui ci troviamo».
Quindi servono meno foto sui social?
«Va bene apparire, ma dipende per comunicare cosa. Se tu dichiari il dissesto finanziario, puoi evitare di fare selfie. Bisognava spiegare bene le conseguenze del dissesto. A volte c’è incoerenza tra le scelte fatte e come vengono raccontate ai cittadini. Se siamo stati costretti a non aggiudicare la gara d’appalto sulle mense, chi sta sui social meglio di me, li avrebbe dovuti usare per spiegare le ragioni. Se una cosa non si può fare, bisogna dire ai cittadini le cose come stanno. Siamo stati tutti carenti nella comunicazione politica, un fattore da migliorare in futuro».
Come giudica il lavoro del sindaco?
«Sta interpretando bene il suo ruolo, gira la città ed è consapevole dei problemi che ci sono. Ha una grande capacità di ascolto. Forse anche troppa».
E l’opposizione politica?
«Non mi pare che la minoranza abbia mai contestato scelte che ho fatto. Loro fanno il loro mestiere, cioè quello di contestare. Ma anche qualche proposta sarebbe stata gradita. Due terzi di chi sta facendo opposizione oggi è responsabile del disastro della città, dagli altri mi sarei aspettato un po’ più di innovazione politica e di collaborazione».
Non la rivedremo più in Comune?
«Un aiuto lo darò anche da fuori. Faccio politica da quando ho 14 anni e continuerò dall’esterno a dare una mano».
La rivedremo in politica, quindi?
«Non escludo nulla. Magari tra qualche anno le cose potrebbero cambiare».
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