Riammessi alle cure Adi ma in due sono morti
Tornano ad avere gli infermieri a casa i pazienti che si erano rivolti in Procura Cerulli (CittadinanzAttiva): situazione sbloccata dopo gli esposti, ma a che prezzo?
LANCIANO. Erano finiti sul tavolo della Procura di Lanciano e dei Nas di Pescara le 16 denunce presentate dall’associazione CittadinanzAttiva relative ai casi di Assistenza domiciliare integrale (Adi) sospesi dal marzo scorso in città a oltre 750 utenti. Sedici casi gravi, di persone abbandonate all’improvviso, lasciate senza cure, e che ora hanno riottenuto quanto loro dovuto. Un servizio riavuto, anche se, nel frattempo, due di essi non potranno usufruirne perché sono morti.
«Hanno riottenuto l’Adi ma a che prezzo?», chiede Aldo Cerulli, segretario regionale di CittadinanzAttiva che ieri in città ha incontrato i pazienti e i loro familiari, «a prezzo di sacrifici e di lotte con il distretto sanitario, denunce alla magistratura e con costi maggiori sostenuti dalle casse aziendali dopo la sospensione del servizio per l’aumento dei ricoveri. Sedici casi, oggi purtroppo scesi a 14 perché due anziani in questi mesi di attesa sono deceduti, che hanno dimostrato gli errori fatti dal distretto».
Per Cerulli aver riottenuto l’Adi dimostra la leggerezza con cui è stato sospeso un servizio che per alcuni pazienti era ritenuto vitale. «Sarà la magistratura ha rilevare eventuali reati come l’interruzione di pubblico servizio», dice Cerulli, «noi siamo contenti di essere riusciti a riattivare le cure a domicilio, ma chiediamo che la Regione istituisca una commissione propria e non interna alla Asl, per analizzare quanto è stato fatto in questi mesi nel distretto di Lanciano».
E questo perché per Cerulli, così come per il sindaco Mario Pupillo, le presunte irregolarità sono state commesse dal distretto nel momento della chiusura delle cartelle e non, come sostenuto dalla commissione ispettiva Asl, al momento della concessione del servizio. «Nell’Unità di valutazione c’è un medico in rappresentanza dei medici di medicina generale, che fino all’arrivo del nuovo responsabile del distretto, a febbraio, era stato sempre convocato nelle sedute. Poi non è stato più chiamato. Perché? Questa è una presunta illegittimità», dice Cerulli, «poi da quanto riportano pazienti e medici curanti, le autorizzazioni di chiusura o meno delle cartelle Adi sono avvenute senza il numero legale previsto dal regolamento regionale. E che dire dell’appropriatezza valutata da una sola persona e non dall’Unità di valutazione? Per non parlare poi della sospensione del servizio a persone che non dovevano essere neanche toccate». Come la donna colpita da due tumori a cui è stata tolta l’Adi per mesi e che ora l’ha riottenuta ma è peggiorata. O l’uomo tracheotomizzato, che si è ritrovato senza Adi, infermiere e riabilitazione e che ora ha nuovamente l’assistenza.
Teresa Di Rocco
©RIPRODUZIONE RISERVATA