la nostra "Terra dei fuochi"
Rifiuti, un documento lega Chieti a Napoli. Lo abbiamo trovato in un blitz nella discarica
Siamo tornati nella mega discarica sotto sequestro tra Chieti e Bucchianico per scoprire carte mai sequestrate e tra queste spunta un legame con Acerra. La procura apre un'inchiesta sulla base degli articoli del Centro
CHIETI. Siamo tornati nella nostra Terra dei fuochi, la mega discarica tra Chieti e Bucchianico. Ed abbiamo scoperto decine di documenti mai prelevati sei anni fa quando l’area venne sequestrata e partì la prima inchiesta sfociata in una condanna in primo grado, quindi in un ricorso in appello e infine in una causa che pende in Cassazione. Ma perché quelle decine di fatture e bolle d’accompagnamento non sono mai state acquisite agli atti?
Tra tutte ce n’è una che attira subito l’attenzione: è una delibera della giunta regionale della Campania, datata 2007, che dà il via libera allo smaltimento di rifiuti di ogni tipo, persino di quelli contenenti arsenico, nel sito di Pantano ad Acerra. Abbiamo fotografato questo documento e subito dopo abbiamo fatto una ricerca su Google scoprendo che pochissimi mesi fa, a Pantano, sono stati prelevati e trasferiti altrove la bellezza di 21mila tonnellate di ecoballe, lo stesso tipo di rifiuti che si trova salendo nella mega discarica alle porte di Chieti.
Per raggiungere il gabbiotto che contiene i documenti non è stato facile. Occorre inoltrarsi tra i rifiuti e arrampicarsi sul muro di contenimento per raggiungere un terrazzino davanti al quale si apre una distesa di ecoballe. Ma prima di avventurarsi in questa bolgia infernale dove incontriamo anche un serpente, vale la pena dare una sbirciata agli atti dell’azienda teatina che gestiva l’impianto.
Le bolle e le fatture si riferisce a decine di consegne che partono dall’Abruzzo, come il caso di una lavanderia frentana, ma arrivano anche dal Friuli. I documenti sono contenuti in classificatori datati anche 2000. Nessuno di questi atti che, ripetiamo, non furono sequestrati a suo tempo, viene portato via. Ma c’è tutto il tempo di leggerli per scoprire la delibera targata Acerra. La domanda che sorge spontanea è questa: che cosa c’entra Napoli con questa discarica tra le colline di Chieti e Bucchianico? La montagna di rifiuti era destinata ad Acerra ma non è mai arrivata in quel posto?
Sarà la procura di Chieti, che ieri ha aperto un’inchiesta sulla base degli articoli del Centro, a dare delle risposte. Il pubblico ministero Giuseppe Falasca ha ipotizzato la violazione dell’articolo 256 del decreto legge 152 del 2006. Che al comma uno dice: «Chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi». Al comma 3 inoltre si legge che: «Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi». Infine: «Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale (patteggiamento, ndr), consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi». Bonifica che non è avvenuta perché la causa è ferma in Cassazione.
Ma torniamo tra i rifiuti: usciamo dal gabbiotto dei documenti e puntiamo verso un capannone dove sono stoccati una ventina di sacchi marcati Solvay. La multinazionale ha già scritto tre giorni fa al Centro affermando che quei sacchi di juta non contengono rifiuti provenienti da Bussi. In sintesi Solvay dice che da Bussi escono solo liquidi il cui smaltimento è certificato. Mentre in quei sacchi, di cui pubblichiamo una fotografia scattata due anni fa da un residente curioso e con grande senso civico, c’è sicuramente materia solida. Ma adesso tra noi e quell’enigma c’è una foresta di rovi da superare indenni.
Praticamente impossibile farlo per prelevare materiale dai sacchi e portarlo ad analizzare. Dopo aver percorso, con estrema cautela e rischio, una trentina di metri camminando sulle ecoballe marce e sfatte, c’è la resa. Toccherà agli investigatori provarci. Ma c’è il tempo per documentare altri due particolari importanti e inquietanti: in un capannone di facile accesso troviamo medicine scadute, sono essenzialmente prodotti vitaminici ma anche antidolorifici. E infine registriamo un rumore chiaro e conosciuto che si sente camminando sulle ecoballe: è acqua che scorre sotto i rifiuti.