San Salvo, morto per l’uranio: due sentenze riaprono il caso

Militare deceduto dopo le missioni in Bosnia e Libano: riparte la battaglia legale

SAN SALVO. «Il tribunale civile di Roma nell’accertare il nesso di casualità tra uranio impoverito e il decesso del militare condanna il ministero della Difesa al risarcimento dei danni ai fratelli del deceduto». La vittoria incassata qualche settimana fa dall’avvocato Fiore Tartaglia, legale dell’Osservatorio militare, ha convinto l’avvocato Marisa Berarducci a tentare ancora una volta di ottenere giustizia per Concetta Valico, moglie di Vincenzo Zegarelli, sottufficiale dell’esercito morto il 14 aprile 2011 a soli 58 anni dopo un anno e mezzo di cure per un tumore ai polmoni.

Il legale è amica di famiglia e ha preso a cuore la questione. L’avvocato da un anno e mezzo ormai continua ad acquisire documenti e atti per riuscire a vincere quella che ormai considera un po’ anche la sua battaglia. «Il dolore provato dalla famiglia Zegarelli è indescrivibile. Quello che ha patito Vincenzo Zegarelli è inenarrabile. Nessuno potrà mai restituire il militare ai suoi cari. Riuscire però a ottenere il riconoscimento della malattia per motivi di servizio aiuterebbe a lenire il dolore per la grave perdita subita», afferma l’avvocato.

La battaglia della famiglia Zegarelli va avanti da più di un anno. La vicenda è venuta alla luce a luglio 2011 grazie alla denuncia fatta dal dottor Francesco Palese attraverso il blog vittimeuranio.com.

La vicenda giudiziaria è seguita anche dal penalista barese Bruno Ciarmoli. Zegarelli venne mandato in Bosnia nel 1997 e rimase in missione un anno. Nel 2000 andò in Libano lavorando tredici mesi accanto all’uranio impoverito.

Qualche anno dopo scoprì di essere ammalato. È morto il 14 aprile 2011 fra indescrivibili sofferenze.

«I familiari non hanno avuto nemmeno la soddisfazione di vedersi riconoscere almeno le malattie meno gravi: ipertensione e artrosi per causa di servizio», si rammarica Marisa Berarducci.

Qualche settimana fa ci sono state due sentenze, una a Roma e l’altra a Bari che hanno dato ragione ai familiari dei militari morti dopo aver operato vicino all’uranio. «Questo mi sprona a insistere per ottenere giustizia per il maresciallo Vincenzo Zegarelli e i suoi familiari», spiega la Berarducci. (p.c.)

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