Silone e la libertà, studiosi a confronto
«Un intellettuale scomodo contro tutti i totalitarismi» oggi all’Aquila il convegno
Massimo Teodori, storico e politologo, Antonio Landolfi, docente universitario, Dario Fertilio, del Corriere della Sera, e Aldo Forbice, presidente nazionale della Fondazione Ignazio Silone saranno i protagonisti del convegno in programma oggi alle 17 a palazzetto dei Nobili all’Aquila dedicato alla presentazione del volume «Silone la libertà - Un intellettuale scomodo contro tutti i totalitarismi» (Guerini e Associati).
Al convegno, coordinato dal giornalista del Centro Paolo Di Vincenzo, è annunciata la partecipazione di Ottaviano Del Turco, presidente della giunta regionale d’Abruzzo; Massimo Cialente, sindaco dell’Aquila; Ferdinando di Orio, rettore dell’università dell’Aquila. Il volume ospita per gran parte gli interventi del convegno tenutosi il 18 marzo 2006, organizzato per fare il punto sullo scrittore marsicano, autore di «Fontamara». Vi sono dunque raccolti gli interventi di Aldo Forbice (Avversario tenace di ogni forma di autoritarismo), Sergio Zavoli (Quello che gli dobbiamo), Bruno Falcetto (Un’esigenza di intervento sociale e La scrittura, un libro interminabile), Alceo Riosa (Il dilemma tra politica e cultura), Giulio Ferroni (Una riflessione antipolitica sulla politica), Sergio Soave (Le ragioni che “possono aspettare”), Giuseppe Tamburrano (I fatti, gli errori, l’abbaglio dei media), Antonio Landolfi (Simbolo dell’antifascismo e del socialismo popolare), Mimmo Franzinelli (Le polemiche passano, le opere rimangono), Yukari Saito (La presunta doppiezza della vita vissuta), Luigi M. Lombardi Satriani (Le antiche storie del tessuto narrativo), Angelo Russi (Il manifesto Europa cultura e libertà), Massimo Teodori (Protagonista dello scontro tra libertà e totalitarismo), Francesco Sidoti (Un “caso” che non doveva neppure essere aperto), Francesco de Core (La ricerca della verità dalla parte di chi subisce il potere), Maria Moscardelli (Piccole miserie, falsità, pettegolezzi e pregiudizi), Lanfranco di Mario (Quel messaggio di nuovo umanesimo che ci ha lasciato), Gustaw Herling (Quell’impero della menzogna che Silone combatteva), Eraldo Affinati (Fontamara, settant’anni dopo), Maria Nicolai Paynter (La sua fama fu decretata all’estero). Il libro, poi, ospita tra i documenti una lettera della vedova, Darina Laracy, inviata a Giuseppe Tamburrano e relativa alle polemiche dichiarazioni sull’uso strumentale fatto da alcuni giornali delle sue dichiarazioni. Concludono la raccolta di saggi le date della vita, i titoli delle opere di Silone e una postfazione di Ottaviano Del Turco (Il “mio” Silone).
«Io ero figlio di un perseguitato antifascista, socialdemocratico, e avevo fatto parte, giovanissimo, del movimento della Resistenza a Roma, affiliato di una cellula studentesca», scrive Antonio Landolfi nel suo intervento, «Tutta la cellula era stata automaticamente iscritta dopo la Liberazione al Partito comunista, per cui mi trovai a essere un tesserato del Pci di Togliatti. Con sorpresa mi trovai ben presto in una condizione imbarazzante: colui che ai miei occhi era apparso subito come il simbolo dell’antifascismo, di cui l’esercito statunitense distribuiva in larga misura il suo libro più famoso come contributo spirituale alla lotta contro il fascismo e nazismo, veniva considerato con grande ostilità dal partito in cui ero iscritto (...) Mi accorsi subito che nel Pci il nome di Silone non si poteva nemmeno pronunciare: che lo scrittore abruzzese era considerato un nemico del movimento operaio». Massimo Teodori, invece, interveniva direttamente sulla polemica sollevata dagli studi di Biocca e Canali: «E’ fragilissima, anzi inconsistente, l’accusa rivolta a Ignazio Silone non solo di essere stato da giovane comunista una spia dell’Ovra fino al 1930 (era nato nel 1900), ma anche di avere sempre vissuto nell’ambiguità e nella doppiezza dello spione. Questa chiave interpretativa di Dario Biocca nella biografia “Silone. La doppia vita di un italiano” (Rizzoli, 2005) poggia sull’equivoco di avere posto alcuni documenti della polizia politica fascista a fondamento del percorso esistenziale di uno dei maggiori intellettuali antitotalitari del Novecento».
Al convegno, coordinato dal giornalista del Centro Paolo Di Vincenzo, è annunciata la partecipazione di Ottaviano Del Turco, presidente della giunta regionale d’Abruzzo; Massimo Cialente, sindaco dell’Aquila; Ferdinando di Orio, rettore dell’università dell’Aquila. Il volume ospita per gran parte gli interventi del convegno tenutosi il 18 marzo 2006, organizzato per fare il punto sullo scrittore marsicano, autore di «Fontamara». Vi sono dunque raccolti gli interventi di Aldo Forbice (Avversario tenace di ogni forma di autoritarismo), Sergio Zavoli (Quello che gli dobbiamo), Bruno Falcetto (Un’esigenza di intervento sociale e La scrittura, un libro interminabile), Alceo Riosa (Il dilemma tra politica e cultura), Giulio Ferroni (Una riflessione antipolitica sulla politica), Sergio Soave (Le ragioni che “possono aspettare”), Giuseppe Tamburrano (I fatti, gli errori, l’abbaglio dei media), Antonio Landolfi (Simbolo dell’antifascismo e del socialismo popolare), Mimmo Franzinelli (Le polemiche passano, le opere rimangono), Yukari Saito (La presunta doppiezza della vita vissuta), Luigi M. Lombardi Satriani (Le antiche storie del tessuto narrativo), Angelo Russi (Il manifesto Europa cultura e libertà), Massimo Teodori (Protagonista dello scontro tra libertà e totalitarismo), Francesco Sidoti (Un “caso” che non doveva neppure essere aperto), Francesco de Core (La ricerca della verità dalla parte di chi subisce il potere), Maria Moscardelli (Piccole miserie, falsità, pettegolezzi e pregiudizi), Lanfranco di Mario (Quel messaggio di nuovo umanesimo che ci ha lasciato), Gustaw Herling (Quell’impero della menzogna che Silone combatteva), Eraldo Affinati (Fontamara, settant’anni dopo), Maria Nicolai Paynter (La sua fama fu decretata all’estero). Il libro, poi, ospita tra i documenti una lettera della vedova, Darina Laracy, inviata a Giuseppe Tamburrano e relativa alle polemiche dichiarazioni sull’uso strumentale fatto da alcuni giornali delle sue dichiarazioni. Concludono la raccolta di saggi le date della vita, i titoli delle opere di Silone e una postfazione di Ottaviano Del Turco (Il “mio” Silone).
«Io ero figlio di un perseguitato antifascista, socialdemocratico, e avevo fatto parte, giovanissimo, del movimento della Resistenza a Roma, affiliato di una cellula studentesca», scrive Antonio Landolfi nel suo intervento, «Tutta la cellula era stata automaticamente iscritta dopo la Liberazione al Partito comunista, per cui mi trovai a essere un tesserato del Pci di Togliatti. Con sorpresa mi trovai ben presto in una condizione imbarazzante: colui che ai miei occhi era apparso subito come il simbolo dell’antifascismo, di cui l’esercito statunitense distribuiva in larga misura il suo libro più famoso come contributo spirituale alla lotta contro il fascismo e nazismo, veniva considerato con grande ostilità dal partito in cui ero iscritto (...) Mi accorsi subito che nel Pci il nome di Silone non si poteva nemmeno pronunciare: che lo scrittore abruzzese era considerato un nemico del movimento operaio». Massimo Teodori, invece, interveniva direttamente sulla polemica sollevata dagli studi di Biocca e Canali: «E’ fragilissima, anzi inconsistente, l’accusa rivolta a Ignazio Silone non solo di essere stato da giovane comunista una spia dell’Ovra fino al 1930 (era nato nel 1900), ma anche di avere sempre vissuto nell’ambiguità e nella doppiezza dello spione. Questa chiave interpretativa di Dario Biocca nella biografia “Silone. La doppia vita di un italiano” (Rizzoli, 2005) poggia sull’equivoco di avere posto alcuni documenti della polizia politica fascista a fondamento del percorso esistenziale di uno dei maggiori intellettuali antitotalitari del Novecento».