<strong>Le 5 palazzine</strong>. L’Ater: danni maggiori provocati in via Amiterno dai precedenti terremoti
«Sisma, verifiche ovunque»
Chiesti 11 milioni di euro per i lavori alle case popolari
CHIETI. Dopo la grande paura, ridimensionata solo in parte dalle ripetute assicurazioni dei periti che hanno così evitato lo sgombero della palazzina 4 delle case popolari di via Amiterno, l’Ater prepara una robusta cura ricostituente del patrimonio immobiliare. Il direttore generale Domenico Recchione, ingegnere, e il direttore tecnico Ernesto Marasco, architetto, hanno avviato un progetto, da realizzare in tempi molto brevi, di verifica non solo statica, ma anche dinamica.
Di ogni palazzina dell’ex istituto delle case popolari, a Chieti come a Ortona e in altre realtà, verrà valutata la vulnerabilità dinamica, in caso di terremoti ondulatori e sussultori, i più pericolosi. E nel frattempo l’istituto ha sollecitato, tramite il commissario Marcello Lanciani, il presidente della Regione Gianni Chiodi, in quanto commissario straordinario per la ricostruzione del dopo terremoto, a stanziare una somma considerevole per i lavori di messa a norma antisismica degli stabili. Oltre 11milioni di euro per rimediare ai danni del terremoto del 6 aprile comunque da riparare e che per il momento stanno pesando sulle esangui casse dell’istituto.
Ma su tutti c’è il problema della palazzina 4 delle 5 di via Amiterno, un agglomerato urbano diventato il simbolo della precarietà e insieme dell’idea di sviluppo dell’Ater, che ha avviato la vendita degli appartamenti e che ora ha tutto l’interesse a sistemare meglio possibile, ovviamente nella prospettiva prioritaria di garantire la sicurezza degli inquilini. I pochi proprietari dovranno giocoforza contribuire alle spese, ma l’intervento della Regione sarà determinante per evitare il collasso dell’Ater, al centro della polemica dopo l’esposto del geologo Francesco Stoppa che ha determinato l’avvio dell’inchiesta giudiziaria sulla stabilità delle 5 palazzine.
Il terremoto del 6 aprile ha creato danni di una certa entità, sostengono all’Ater, soprattutto nelle palazzine 1 e 2, a cominciare dal versante vicino alla chiesa. Ai piani più alti caduta di mobili e televisori, pareti crollate, paura immane. Negli altri 3 condomini problemi meno gravi. Alla numero 4 in particolare si era registrata la caduta di piastrelle nell’androne e una crepa in una trave a sbalzo oltre il limite del fabbricato.
E all’Ater fanno notare, sottolineandolo, che in via Amiterno altri terremoti sono stati avvertiti più di quello del 6 aprile che ha distrutto L’Aquila e che comunque i lavori urgenti sono stati avviati subito e completati, a spese dell’istituto, anche nella ricerca delle consulenze. In questi giorni nuovi cantieri, per rinforzare i pilastri e ridare consistenza al calcestruzzo logorato dagli anni, circa 30, dalla costruzione e dalla scarsissima manutenzione. Ma gli inquilini non sono soddisfatti.
Resta l’ammonimento del professor Vincenzo Sepe, il perito della procura: «Le opere in questione non sono state progettate per sopportare sollecitazioni sismiche, il che tuttavia non è riconducibile ad alcuna responsabilità diretta in quanto in accordo con le norme all’epoca vigenti... utilizzo di calcestruzzi di qualità inferiore rispetto a quanto richiesto...». Ma «non sussiste pericolo di crollo per effetto dei soli carichi verticali», anche se le palazzine non sono sicure.
Di ogni palazzina dell’ex istituto delle case popolari, a Chieti come a Ortona e in altre realtà, verrà valutata la vulnerabilità dinamica, in caso di terremoti ondulatori e sussultori, i più pericolosi. E nel frattempo l’istituto ha sollecitato, tramite il commissario Marcello Lanciani, il presidente della Regione Gianni Chiodi, in quanto commissario straordinario per la ricostruzione del dopo terremoto, a stanziare una somma considerevole per i lavori di messa a norma antisismica degli stabili. Oltre 11milioni di euro per rimediare ai danni del terremoto del 6 aprile comunque da riparare e che per il momento stanno pesando sulle esangui casse dell’istituto.
Ma su tutti c’è il problema della palazzina 4 delle 5 di via Amiterno, un agglomerato urbano diventato il simbolo della precarietà e insieme dell’idea di sviluppo dell’Ater, che ha avviato la vendita degli appartamenti e che ora ha tutto l’interesse a sistemare meglio possibile, ovviamente nella prospettiva prioritaria di garantire la sicurezza degli inquilini. I pochi proprietari dovranno giocoforza contribuire alle spese, ma l’intervento della Regione sarà determinante per evitare il collasso dell’Ater, al centro della polemica dopo l’esposto del geologo Francesco Stoppa che ha determinato l’avvio dell’inchiesta giudiziaria sulla stabilità delle 5 palazzine.
Il terremoto del 6 aprile ha creato danni di una certa entità, sostengono all’Ater, soprattutto nelle palazzine 1 e 2, a cominciare dal versante vicino alla chiesa. Ai piani più alti caduta di mobili e televisori, pareti crollate, paura immane. Negli altri 3 condomini problemi meno gravi. Alla numero 4 in particolare si era registrata la caduta di piastrelle nell’androne e una crepa in una trave a sbalzo oltre il limite del fabbricato.
E all’Ater fanno notare, sottolineandolo, che in via Amiterno altri terremoti sono stati avvertiti più di quello del 6 aprile che ha distrutto L’Aquila e che comunque i lavori urgenti sono stati avviati subito e completati, a spese dell’istituto, anche nella ricerca delle consulenze. In questi giorni nuovi cantieri, per rinforzare i pilastri e ridare consistenza al calcestruzzo logorato dagli anni, circa 30, dalla costruzione e dalla scarsissima manutenzione. Ma gli inquilini non sono soddisfatti.
Resta l’ammonimento del professor Vincenzo Sepe, il perito della procura: «Le opere in questione non sono state progettate per sopportare sollecitazioni sismiche, il che tuttavia non è riconducibile ad alcuna responsabilità diretta in quanto in accordo con le norme all’epoca vigenti... utilizzo di calcestruzzi di qualità inferiore rispetto a quanto richiesto...». Ma «non sussiste pericolo di crollo per effetto dei soli carichi verticali», anche se le palazzine non sono sicure.