Sixty, l'odissea di 250 esuberi
Cresce la tensione per il piano di ridimensionamento
CHIETI. Il clima è piuttosto pesante. Alla Sixty, l'azienda di moda nata a Chieti nel 1989 e che oggi conta nel suo organico cinquecento dipendenti, entro il prossimo 12 luglio, quando sarà presentato il piano pluriennale, potrebbe decidere sul futuro fuori dalla fabbrica di 250 lavoratori, in pratica per il dimezzamento del personale. Si tratta di un chiaro segnale, a giudizio i sindacati, di una possibile smobilitazione dell'intera attività, dal ramo creativo a quello produttivo che da anni caratterizza uno dei punti di forza della industria tessile nella Val Pescara.
Per analizzare la crisi occupazionale all'interno dell'azienda è in programma oggi, dalle 18.15, al teatro dello Scalo, un incontro in cui i lavoratori studieranno un piano per reagire con determinazione ai piani dell'azienda.
«Alla riunione», spiega Marino D'Andrea della Rsu-Cgil, «a cui parteciperanno iscritti e simpatizzanti, discuteremo come noi lavoratori dobbiamo reagire a questa grave situazione. Siamo pronti anche allo sciopero. Nell'improvviso incontro di lunedì scorso», aggiunge sempre D'Andrea, «con il mancato rinnovo dei contratti di solidarietà si sono poste le basi per la riunione del 12 di luglio». Che il giorno in cui i rappresentanti della Confindustria, con le segreterie nazionali e territoriali, incontrerà l'azienda per discutere circa il piano pluriennale degli esuberi.
Nel frattempo, la situazione economica per molti in breve tempo potrebbe farsi ancora più precaria. Casi come quella di Fabrizio, 43 anni, dal 1997 in azienda come magazziniere, unico lavoratore del suo nucleo familiare composto da tre persone, già in cassa integrazione per tredici mesi, dal giugno 2009 all'agosto 2010.
«Il 2 agosto scorso sono rientrato ufficialmente nell'organico della Sixty», racconta, «ma dal 9 giugno scorso sono invece tornato di nuovo in cassa integrazione fino, e secondo quanto mi hanno comunicato ci resterò fino al 31 luglio».
Il suo caso fotografa una storia comune a molti altri lavoratori dello stabilimento teatino.
«Si fatica già ad andare avanti con lo stipendio normale», prosegue Perrotti, che risiede in provincia di Pescara, «spero che al più presto la situazione di crisi annunciata si sblocchi».
Diversa, ma pur sempre precaria, è la storia lavorativa di Sara, 27 anni, impiegata nell'azienda Sixty in categoria protetta, con alle spalle un anno e dieci mesi di cassa integrazione.
«Sono rientrata il 2 maggio scorso», dice la giovane impiegata. «Stavo per sposarmi, ma abbiamo dovuto rinunciare per motivi economici. Sul futuro, non mi è stato comunicato nulla».
«La paura maggiore è che tutto resti sospeso, nel limbo, dichiara invece Massimo, un altro lavoratore Sixty e componente della Rsu-Cgil. «Sono tornato in azienda dopo nove mesi di cassa integrazione, quando il mio reparto è stato ripristinato. Il fatto è che di lavoro ce n'è, ma il mercato, ci dicono, non funziona. La cassa integrazione i dipendenti sono disposti a farla, ma il sacrificio deve portare, dopo un po' di tempo, a qualche certezze».
Tra le principali critiche mosse dai sindacati alla direzione aziendale, oltre alla questione dei contratti, ci sono anche il trasferimento della testa dell'azienda all'estero, sia dei sistemi creativi che produttivi, e non ultima la qualità della merce, che sarebbe un altro dei motivi principali del calo di fatturato. Un solido piano industriale è quindi la prima richiesta.
Per analizzare la crisi occupazionale all'interno dell'azienda è in programma oggi, dalle 18.15, al teatro dello Scalo, un incontro in cui i lavoratori studieranno un piano per reagire con determinazione ai piani dell'azienda.
«Alla riunione», spiega Marino D'Andrea della Rsu-Cgil, «a cui parteciperanno iscritti e simpatizzanti, discuteremo come noi lavoratori dobbiamo reagire a questa grave situazione. Siamo pronti anche allo sciopero. Nell'improvviso incontro di lunedì scorso», aggiunge sempre D'Andrea, «con il mancato rinnovo dei contratti di solidarietà si sono poste le basi per la riunione del 12 di luglio». Che il giorno in cui i rappresentanti della Confindustria, con le segreterie nazionali e territoriali, incontrerà l'azienda per discutere circa il piano pluriennale degli esuberi.
Nel frattempo, la situazione economica per molti in breve tempo potrebbe farsi ancora più precaria. Casi come quella di Fabrizio, 43 anni, dal 1997 in azienda come magazziniere, unico lavoratore del suo nucleo familiare composto da tre persone, già in cassa integrazione per tredici mesi, dal giugno 2009 all'agosto 2010.
«Il 2 agosto scorso sono rientrato ufficialmente nell'organico della Sixty», racconta, «ma dal 9 giugno scorso sono invece tornato di nuovo in cassa integrazione fino, e secondo quanto mi hanno comunicato ci resterò fino al 31 luglio».
Il suo caso fotografa una storia comune a molti altri lavoratori dello stabilimento teatino.
«Si fatica già ad andare avanti con lo stipendio normale», prosegue Perrotti, che risiede in provincia di Pescara, «spero che al più presto la situazione di crisi annunciata si sblocchi».
Diversa, ma pur sempre precaria, è la storia lavorativa di Sara, 27 anni, impiegata nell'azienda Sixty in categoria protetta, con alle spalle un anno e dieci mesi di cassa integrazione.
«Sono rientrata il 2 maggio scorso», dice la giovane impiegata. «Stavo per sposarmi, ma abbiamo dovuto rinunciare per motivi economici. Sul futuro, non mi è stato comunicato nulla».
«La paura maggiore è che tutto resti sospeso, nel limbo, dichiara invece Massimo, un altro lavoratore Sixty e componente della Rsu-Cgil. «Sono tornato in azienda dopo nove mesi di cassa integrazione, quando il mio reparto è stato ripristinato. Il fatto è che di lavoro ce n'è, ma il mercato, ci dicono, non funziona. La cassa integrazione i dipendenti sono disposti a farla, ma il sacrificio deve portare, dopo un po' di tempo, a qualche certezze».
Tra le principali critiche mosse dai sindacati alla direzione aziendale, oltre alla questione dei contratti, ci sono anche il trasferimento della testa dell'azienda all'estero, sia dei sistemi creativi che produttivi, e non ultima la qualità della merce, che sarebbe un altro dei motivi principali del calo di fatturato. Un solido piano industriale è quindi la prima richiesta.
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