Solidarietà agli operai Acs da duecento lavoratori
Atessa, sciopero di due ore dei dipendenti-colleghi del settore automotive Labbrozzi (Fiom-Cgil): «Siamo preoccupati per l’assenza delle istituzioni»
ATESSA. I lavoratori di 12 fabbriche dell’indotto automotive della Val di Sangro hanno espresso solidarietà ai 23 dipendenti Acs che rischiano di perdere per sempre il posto di lavoro. Ha avuto un’adesione quasi totale lo sciopero di due ore indetto dalla Fiom-Cgil per protestare contro la volontà di delocalizzare la fabbrica da parte della dirigenza Acs. Lo stabilimento produce spugne per i furgoni Ducato ed è a tutti gli effetti parte dell’indotto Sevel dal momento che le imbottiture vengono consegnate alla Isringhausen che realizza i sedili dei furgoni Ducato.
Proprio davanti i cancelli della Isringhausen si è incentrata la protesta di circa 200 lavoratori delle varie fabbriche. Secondo la Fiom l’adesione alle due ore di protesta è stata altissima e la solidarietà tra i lavoratori è massima. «Non si può dire lo stesso delle istituzioni», critica Davide Labbrozzi, della segreteria provinciale Fiom-Cgil, «queste persone e queste famiglie sono state lasciate sole, abbandonate da tutto e da tutti. Non li ascolta la dirigenza aziendale dell’Acs che perdura nel suo inquietante mutismo, e non li ascolta la politica. C’è un silenzio assordante attorno a questa vicenda».
Le fabbriche che hanno aderito alla protesta sono: Honeywell, Isringhausen, Oma, Irma, Emarc, Pierburg, Clersud, Cortubi, Compi, San Marco, Mariani e Proma. «Ci aspettiamo un’azione decisa da parte delle istituzioni», critica Mario Codagnone, segretario provinciale della Fiom-Cgil, «non possiamo permettere che questo territorio, già così vessato dalla crisi, venga spogliato delle sue fabbriche. Questo indotto è fondamentale per la tenuta dell’economia locale e regionale ed essenziale come collante sociale. La cosa che non riusciamo a tollerare è che il lavoro c’è, ed è stato portato invece a Cassino».
La protesta Acs dura ormai da quasi un mese. Al rientro delle ferie estive i lavoratori hanno appreso della volontà della dirigenza aziendale di spostare la produzione a Cassino, dove ha sede la proprietà dell’azienda. Lo sciopero a oltranza ha visto anche momenti di protesta eclatanti: operai incatenati ai cancelli della fabbrica, altri arrampicati sul tetto. «Non sappiamo più che fare», considera un dipendente, «ci resta ormai solo lo sciopero della fame». «Ventitrè lavoratori», considera Codagnone, «non sono molti, si potrebbero ricollocare in altre attività e la fabbrica potrebbe far ricorso agli ammortizzatori sociali, ma stiamo parlando a un muro di gomma».
Daria De Laurentiis
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