Tentò di uccidere la moglie: condanna bis a dieci anni «È stato sempre un violento»
La Corte d’appello: «Roberto Salute non merita attenuanti, ha infierito su di lei La vittima colpita in zone vitali: è viva solo per una serie di coincidenze fortuite»
TORREVECCHIA TEATINA. «La vittima era da anni oggetto di prevaricazioni e aggressioni da parte del marito». Lo scrivono i giudici della Corte d’appello dell’Aquila in un passaggio chiave delle otto pagine di motivazioni della sentenza con la quale hanno confermato la condanna a dieci anni di carcere per Roberto Salute, il 57enne operatore ecologico di Torrevecchia Teatina che ha tentato di uccidere la moglie Marina Salute (i due hanno lo stesso cognome). Quella sera – era il 18 gennaio 2022 – lui l’ha colpita due volte con un grosso coltello da cucina all’addome e al torace; poi, è salito in macchina e ha raggiunto la caserma dei carabinieri per costituirsi. La donna, 51 anni, si è salvata per miracolo dopo tredici ore di intervento chirurgico e una lunga convalescenza. La sentenza è arrivata con il rito abbreviato: significa che l’imputato ha potuto beneficiare dello sconto di un terzo della pena.
«NESSUNA PATOLOGIA»
Il difensore del 57enne, l’avvocato Stefano Sassano, aveva chiesto il proscioglimento per vizio totale di mente, sulla base di una consulenza di parte che sostiene come il suo cliente fosse totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto. Ma, secondo i giudici aquilani (presidente Giuseppe Romano Gargarella, consigliere relatore Flavia Grilli, consigliere Laura D’Arcangelo), vanno condivise totalmente le argomentazioni dello psichiatra Giuseppe Cimini, nominato come perito dal giudice di primo grado Andrea Di Berardino. «Nel caso di Salute», si legge sulla relazione, «non è ravvisabile la presenza di un’infermità rilevante, in grado di influire negativamente sui procedimenti logici e sulle funzioni razionali di controllo, non essendo impedita la capacità di intendere il disvalore delle azioni e di scegliere condotte alternative».
«NO ALLE ATTENUANTI»
Anche la Corte ha negato le attenuanti generiche a Salute. «Non possono essere riconosciute», è scritto in sentenza, «tenuto conto della modalità della condotta e delle conseguenze della stessa»: l’imputato «ha utilizzato un coltello da cucina di 21 centimetri di lama, con cui ha colpito la moglie sferrandole all’improvviso diversi fendenti, infierendo anche a più riprese. Solo per una serie di fortuite coincidenze, considerate le zone colpite, alcune delle quali altamente vitali, la persona offesa non è andata incontro a morte».
«SI è DISINTERESSATO DI LEI»
Il “pentimento” di Salute, che si è consegnato ai carabinieri della stazione di Chieti Principale, non «può essere valorizzato» con la concessione delle attenuanti. Anche perché, sempre secondo i giudici, l’uomo si è allontanato dall’abitazione «disinteressandosi delle condizioni fisiche della moglie, che lasciava in casa dopo averla accoltellata a morte».
IL CASO IN CASSAZIONE
La Corte, su richiesta del procuratore generale Carlo Paolella, ha dunque deciso di confermare la condanna inflitta in primo grado considerando «il contesto di sistematica vessazione» in cui si è consumato il tentato omicidio, «l’elevata intensità del dolo, desumibile dal numero dei colpi inferti» e «la gravità del danno provocato alla vittima». Ora il caso è destinato ad arrivare in Cassazione: il difensore dell’imputato, che si trova tuttora agli arresti domiciliari, presenterà ricorso.
«NESSUNA PATOLOGIA»
Il difensore del 57enne, l’avvocato Stefano Sassano, aveva chiesto il proscioglimento per vizio totale di mente, sulla base di una consulenza di parte che sostiene come il suo cliente fosse totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto. Ma, secondo i giudici aquilani (presidente Giuseppe Romano Gargarella, consigliere relatore Flavia Grilli, consigliere Laura D’Arcangelo), vanno condivise totalmente le argomentazioni dello psichiatra Giuseppe Cimini, nominato come perito dal giudice di primo grado Andrea Di Berardino. «Nel caso di Salute», si legge sulla relazione, «non è ravvisabile la presenza di un’infermità rilevante, in grado di influire negativamente sui procedimenti logici e sulle funzioni razionali di controllo, non essendo impedita la capacità di intendere il disvalore delle azioni e di scegliere condotte alternative».
«NO ALLE ATTENUANTI»
Anche la Corte ha negato le attenuanti generiche a Salute. «Non possono essere riconosciute», è scritto in sentenza, «tenuto conto della modalità della condotta e delle conseguenze della stessa»: l’imputato «ha utilizzato un coltello da cucina di 21 centimetri di lama, con cui ha colpito la moglie sferrandole all’improvviso diversi fendenti, infierendo anche a più riprese. Solo per una serie di fortuite coincidenze, considerate le zone colpite, alcune delle quali altamente vitali, la persona offesa non è andata incontro a morte».
«SI è DISINTERESSATO DI LEI»
Il “pentimento” di Salute, che si è consegnato ai carabinieri della stazione di Chieti Principale, non «può essere valorizzato» con la concessione delle attenuanti. Anche perché, sempre secondo i giudici, l’uomo si è allontanato dall’abitazione «disinteressandosi delle condizioni fisiche della moglie, che lasciava in casa dopo averla accoltellata a morte».
IL CASO IN CASSAZIONE
La Corte, su richiesta del procuratore generale Carlo Paolella, ha dunque deciso di confermare la condanna inflitta in primo grado considerando «il contesto di sistematica vessazione» in cui si è consumato il tentato omicidio, «l’elevata intensità del dolo, desumibile dal numero dei colpi inferti» e «la gravità del danno provocato alla vittima». Ora il caso è destinato ad arrivare in Cassazione: il difensore dell’imputato, che si trova tuttora agli arresti domiciliari, presenterà ricorso.