Traffico illecito di rifiuti, i tir partiti da Chieti Scalo
L’inchiesta della Dda di Firenze con 6 arresti tocca anche l'Abruzzo: perquisita la ditta dell’imprenditore Bellia (non indagato)
CHIETI. Partivano da Chieti Scalo i camion carichi di rifiuti pericolosi finiti al centro di un’indagine che, ieri, ha portato a 6 arresti in Toscana con 50 persone indagate. Quei rifiuti pericolosi, poi, a Livorno, venivano miscelati e “allungati” con l’immondizia per abbattere i costi dello smaltimento realizzando profitti illeciti per 26 milioni di euro. L’indagine dei carabinieri forestali della Toscana, coordinata dalla procura antimafia di Firenze, tocca anche Chieti. Ieri, i carabinieri forestali del Nucleo investigativo di Chieti hanno perquisito la sede della Teate Ecologia in via Penne (ex Seab): gli investigatori sono arrivati nella ditta dell’imprenditore Walter Bellia, ex presidente del Chieti, intorno alle 6 del mattino. Bellia non è indagato nel procedimento e la sua ditta è solo citata negli atti giudiziari.
Gli arrestati sono 6, tutti non abruzzesi: sono accusati a vario titolo di traffico di rifiuti, associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni della Regione Toscana, quantificata in circa 4,3 milioni di euro. Ai domiciliari sono finiti Emiliano Lonzi, gestore delle ditte Lonzi Metalli srl e della Rari srl, Stefano Fulceri, responsabile del piazzale rifiuti della Lonzi Metalli, Marco Palandri, collaboratore e altro gestore della Rari, Anna Mancini, dipendente e funzionaria amministrativa della Rari, Stefano Lena, responsabile del piazzale Rari, e Alessandro Bertini, collaboratore della Fbn srl di Prato. A carico di altri 6 indagati, sempre non abruzzesi, che attualmente rivestono cariche apicali in importanti impianti di trattamento, discariche e società di trasporto rifiuti, è stata disposta l’interdizione per un anno da qualsiasi attività professionale nel settore dei rifiuti.
Sarebbero circa 200mila le tonnellate di rifiuti che, secondo gli inquirenti, sarebbero state smaltite abusivamente in Toscana: tra i rifiuti arrivati in discarica, passando per ordinari e innocui ma in realtà tossici, ci sarebbero stati anche materiali nocivi come stracci imbevuti di sostanze tossiche, filtri olio motore e toner.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, i rifiuti pericolosi provenienti dalla Teate Ecologia sarebbero stati miscelati, all’interno delle aziende livornesi Lonzi Metalli e Rari, con del pattume e poi inviati con «falsi codici Cer» alle discariche di Scapigliato e Piombino: secondo l’accusa, in questo modo, i rifiuti sarebbero stati «mascherati» da pericolosi a non pericolosi garantendo agli indagati un ingiusto profitto.
Con la perquisizione alla Teate Ecologia, i carabinieri forestali andavano a caccia di conferme: hanno sequestrato registri di carico e scarico, documenti informatici e altri verbali di invio dei rifiuti verso le ditte coinvolte nell’indagine, la Lonzi Metalli e la Rari.
Un’altra perquisizione è stata eseguita nella sede di una società di intermediazione di rifiuti a San Giovanni Teatino, la Gea Consulting srl. Durante la perquisizione alla Teate Ecologia, i carabinieri forestali hanno prelevato anche atti riguardanti i rapporti tra l’impresa di Bellia, assistito dall’avvocato Vittorio Supino, e la Gea.
L’attività d’indagine era stata iniziata dall’ex corpo forestale dello Stato nel 2015 per conto della Direzione distrettuale antimafia di Firenze: l’indagine è coordinata dal procuratore capo di Livorno Ettore Squillace Greco ora affiancato dal pm Giulio Monferini e si è svolta con collegamento di indagini tra le procure di Firenze e di Livorno. «Siamo di fronte a un gruppo che commetteva il maggior numero di reati in questa materia», ha affermato il procuratore, «si tratta di episodi che non hanno nulla a che fare con la Camorra, ma un certo modo di gestire e trattare i rifiuti è significativo».