Tribunale, rischio chiusura
Ripresa difficile il 15 settembre senza una sede idonea.
CHIETI. Si serrano i tempi per assicurare la ripresa della piena attività giudiziaria entro il 15 settembre. Non sembra scongiurata la possibilità di congelare le funzioni del palazzo di giustizia se non sarà decisa con sollecitudine la data del trasloco negli uffici di via Arniense. Da decidere c’è soprattutto come e se le attività del tribunale possano davvero essere trasferite nell’edificio che dista pochi metri dalla sede principale gravemente lesionata dal sisma di aprile. Nei giorni scorsi, la questione è stata di nuovo al centro di alcune riunioni convocate dalle amministrazioni comunale e provinciale. L’incontro decisivo è annunciato per oggi. Da sciogliere ci sono alcuni nodi logistici e finanziari. La Provincia, pur confermando senza riserve gli impegni già assunti dalla precedente amministrazione di centrosinistra, avverte però che la questione finanziaria è seria.
Lo stesso presidente, Enrico Di Giuseppantonio, ha sottolineato, nel corso dell’ultimo incontro con assessori e tecnici dei due enti, che la situazione di pre-dissesto della amministrazione non consentirebbe alla Provincia di poter rinunciare all’affitto che il Comune paga ogni mese per occupare la sede del palazzo di giustizia resa parzialmente inagibile dal terremoto. Una ragione in più, per rendere operativo un accordo che Di Giuseppantonio rilancia ed è deciso a onorare fino in fondo. Il presidente ha messo a disposizione i locali dell’edificio di via Arniense, che però sono ancora occupati dagli uffici della polizia provinciale e da altri settori (uffici sociali) della stessa amministrazione. Per rendere disponibile l’edificio di via Arniense si dovranno insomma decidere tempi e modalità di un trasloco seguendo tempi molto rapidi, in modo da poter liberare gli spazi per gli uffici del palazzo di giustizia entro la data del 15 settembre.
«Abbiamo messo a punto la questione» commenta l’assessore comunale all’urbanistica Valter De Cesare che ha partecipato al tavolo dell’emergenza tribunale, «ora si tratta di passare alla fase operativa. Il palazzo di giustizia va sgomberato il più presto possibile, questo è chiaro. C’è una lettera del presidente del tribunale che segnala la impossibilità di svolgere le funzioni nelle attuali condizioni e chiede al Comune di procedere, se necessario anche con requisizioni di edifici o di altre procedure straordinarie. C’è un accordo sostanziale sulle cose da fare», sottolinea De Cesare, «e la strada da seguire è tracciata. Anche perché non vi sono possibilità alternative».
Lo stesso presidente, Enrico Di Giuseppantonio, ha sottolineato, nel corso dell’ultimo incontro con assessori e tecnici dei due enti, che la situazione di pre-dissesto della amministrazione non consentirebbe alla Provincia di poter rinunciare all’affitto che il Comune paga ogni mese per occupare la sede del palazzo di giustizia resa parzialmente inagibile dal terremoto. Una ragione in più, per rendere operativo un accordo che Di Giuseppantonio rilancia ed è deciso a onorare fino in fondo. Il presidente ha messo a disposizione i locali dell’edificio di via Arniense, che però sono ancora occupati dagli uffici della polizia provinciale e da altri settori (uffici sociali) della stessa amministrazione. Per rendere disponibile l’edificio di via Arniense si dovranno insomma decidere tempi e modalità di un trasloco seguendo tempi molto rapidi, in modo da poter liberare gli spazi per gli uffici del palazzo di giustizia entro la data del 15 settembre.
«Abbiamo messo a punto la questione» commenta l’assessore comunale all’urbanistica Valter De Cesare che ha partecipato al tavolo dell’emergenza tribunale, «ora si tratta di passare alla fase operativa. Il palazzo di giustizia va sgomberato il più presto possibile, questo è chiaro. C’è una lettera del presidente del tribunale che segnala la impossibilità di svolgere le funzioni nelle attuali condizioni e chiede al Comune di procedere, se necessario anche con requisizioni di edifici o di altre procedure straordinarie. C’è un accordo sostanziale sulle cose da fare», sottolinea De Cesare, «e la strada da seguire è tracciata. Anche perché non vi sono possibilità alternative».