Ubriaco travolse e uccise il cuoco Marocchino condannato a 4 anni
L’incidente mortale di Francesco Luciani, l’autista del mezzo pesante guidava con un alto tasso alcolico La rabbia della famiglia della vittima: «Pena inaccettabile, abbiamo perso un punto di riferimento»
CHIETI. «No, non potremo mai accettare che chi l’ha ucciso se la cavi con 4 anni di reclusione. È una pena troppo bassa, siamo delusi». Nel giorno della sentenza, lo dicono i familiari del cuoco teatino Francesco Luciani, travolto e ammazzato da Mohamed Mouchane, un marocchino di 51 anni che guidava il suo camion dopo aver bevuto quasi 5 volte oltre il consentito. Ieri mattina, il giudice Andrea Di Berardino ha condannato Mouchane per l’omicidio stradale dello chef cinquantenne avvenuto a Chieti Scalo, sulla strada a scorrimento veloce per l’A24, il 20 aprile del 2018. Il sostituto procuratore Lucia Anna Campo aveva sollecitato per l’imputato una pena a un anno e 8 mesi. Ma il tribunale l’ha aumentata fino a 4 anni: le motivazioni verranno depositate entro 30 giorni. Il marocchino ha potuto beneficiare dello sconto di un terzo della pena per la scelta del rito abbreviato. Il tribunale ha disposto anche una provvisionale di 30mila euro nei confronti della sorella della vittima e di 15mila euro per la ragazza che viaggiava accanto a Luciani, M.R., 26 anni, di Tocco da Casauria.
Quella sera, intorno alle 22.30, lo schianto si è verificato in galleria sulla provinciale Val Pescara-Chieti, la strada che corre dietro allo stadio Angelini. Come ricostruito dai poliziotti della Stradale, Mouchane ha bevuto alcol a fiumi prima di mettersi al volante. Tanto che il tasso alcolico riscontrato nel sangue del marocchino è stato di 2,40, mentre il limite è di 0,50. E c’è anche il racconto di un testimone ad addossare le responsabilità all’autista del camion: l’automobilista, che seguiva l’autocarro, ha riferito che il mezzo ha iniziato prima a zigzagare e poi, all’uscita di una curva, è andato dritto invadendo la corsia opposta proprio nel momento in cui arrivava la Smart. Il camion procedeva verso Chieti, l’auto del cuoco andava verso Brecciarola. Luciani, che non indossava la cintura, non ha avuto scampo: ad essergli fatale è stato un grave trauma cranio-encefalico. Nelle settimane successive all’incidente, il tribunale ha respinto la richiesta di arresto presentata dalla procura. Il motivo? L’indagato, secondo il gip, non poteva più inquinare le prove.
I familiari della vittima, seguiti dagli avvocati Enzo Di Lodovico e Gianni Di Marcoberardino, sono assistiti dallo studio Giesse con sede a Montesilvano. E adesso non si danno pace. Luciani ha lasciato la madre, la sorella, la moglie e due figli adolescenti: Michael, con il quale condivideva la passione per il calcio e per la cucina, tanto che oggi fa il cuoco, e Carola, legatissima al suo papà. «Francesco», dicono ora, «era il nostro punto di riferimento. Per noi è impossibile accettare questa condanna».
La morte del cuoco ha lasciato un vuoto in due città: nella sua Chieti – Luciani è cresciuto a Borgo Marfisi – e anche a Pescara, dove lavorava alla mensa dell’ospedale. Pure la tifoseria della squadra di calcio cittadina ha tributato un omaggio a Luciani: “Ciao chef. Tifa il tuo Chieti da lassù”, questo il testo dello striscione issato davanti alla chiesa di San Francesco Caracciolo, al Tricalle, in occasione dei funerali.
Quella sera, intorno alle 22.30, lo schianto si è verificato in galleria sulla provinciale Val Pescara-Chieti, la strada che corre dietro allo stadio Angelini. Come ricostruito dai poliziotti della Stradale, Mouchane ha bevuto alcol a fiumi prima di mettersi al volante. Tanto che il tasso alcolico riscontrato nel sangue del marocchino è stato di 2,40, mentre il limite è di 0,50. E c’è anche il racconto di un testimone ad addossare le responsabilità all’autista del camion: l’automobilista, che seguiva l’autocarro, ha riferito che il mezzo ha iniziato prima a zigzagare e poi, all’uscita di una curva, è andato dritto invadendo la corsia opposta proprio nel momento in cui arrivava la Smart. Il camion procedeva verso Chieti, l’auto del cuoco andava verso Brecciarola. Luciani, che non indossava la cintura, non ha avuto scampo: ad essergli fatale è stato un grave trauma cranio-encefalico. Nelle settimane successive all’incidente, il tribunale ha respinto la richiesta di arresto presentata dalla procura. Il motivo? L’indagato, secondo il gip, non poteva più inquinare le prove.
I familiari della vittima, seguiti dagli avvocati Enzo Di Lodovico e Gianni Di Marcoberardino, sono assistiti dallo studio Giesse con sede a Montesilvano. E adesso non si danno pace. Luciani ha lasciato la madre, la sorella, la moglie e due figli adolescenti: Michael, con il quale condivideva la passione per il calcio e per la cucina, tanto che oggi fa il cuoco, e Carola, legatissima al suo papà. «Francesco», dicono ora, «era il nostro punto di riferimento. Per noi è impossibile accettare questa condanna».
La morte del cuoco ha lasciato un vuoto in due città: nella sua Chieti – Luciani è cresciuto a Borgo Marfisi – e anche a Pescara, dove lavorava alla mensa dell’ospedale. Pure la tifoseria della squadra di calcio cittadina ha tributato un omaggio a Luciani: “Ciao chef. Tifa il tuo Chieti da lassù”, questo il testo dello striscione issato davanti alla chiesa di San Francesco Caracciolo, al Tricalle, in occasione dei funerali.