Un mese senza Ciccillo, ucciso sotto casa
Il delitto di Santa Rita. Il vicino assassino resta in carcere. Le lacrime della famiglia: vuoto incolmabile
LANCIANO. Un mese senza Ciccillo. Era domenica anche il 13 febbraio quando, alle 8, Francesco De Florio De Grandis, 72 anni, è stato freddato in strada da quattro colpi di pistola esplosi dal suo vicino di casa, Amleto Petrosemolo. Ciccillo era appena uscito dalla palazzina popolare di via Cipollone, a Santa Rita, in cui viveva con la moglie Liliana e uno dei figli. Si stava recando a prendere l’autobus per andare a messa nella cattedrale della Madonna del Ponte, a cui era molto devoto. Petrosemolo, insospettabile ex commerciante 70enne, suo vicino di pianerottolo, lo ha seguito portando con sé due pistole. Tredici sono stati i colpi esplosi contro De Grandis, ex imbianchino con la passione per la musica e la pittura. Ciccillo, chitarrista, “pittore della notte” e maestro della cartapesta, è rimasto a terra, colpito a morte da quattro proiettili. Quello fatale lo ha raggiunto alla base del collo.
Un delitto inspiegabile per la caratura morale della vittima, persona mite e benvoluta da tutti a Lanciano. Un omicidio maturato, sembra, dalle ossessioni di Petrosemolo, convinto che Ciccillo, come altre persone, parlasse male di lui. Ossessioni finora mai certificate da un parere medico. Pistole e fucili, in tutto sette con quelli trovati in casa di Petrosemolo, erano regolarmente detenuti, mentre il porto d’armi era stato prorogato con lo stato d’emergenza dovuto al Covid. Il vicino di casa, reo confesso, da un mese è in carcere a Lanciano, accusato di omicidio volontario aggravato da futili e abbietti motivi. È provato dalla detenzione carceraria, la cui monotonia è interrotta dai colloqui in videochiamata con l’avvocato di fiducia Alessandra Cappa.
Sulle indagini preliminari, non ancora concluse, vige il massimo riserbo da parte della Procura. «I familiari sentono un vuoto incolmabile», dice l’avvocato Fabio Palermo, che assiste la moglie e i figli Franco, Roberto, musicista come il padre, e Carmine, «ancora oggi faticano a credere che il marito e padre non ci sia più e che sia morto in circostanze così tragiche. Tutto questo dolore è attenuato dal calore e dalla vicinanza della città e del sindaco Filippo Paolini in primis, che qualche giorno fa ha voluto ricordare la figura di Ciccillo. La famiglia confida nella giustizia», conclude il legale, «affinché ci sia una pena esemplare come deterrente perché episodi di tal guisa non debbano più accadere». (s.so.)
Un delitto inspiegabile per la caratura morale della vittima, persona mite e benvoluta da tutti a Lanciano. Un omicidio maturato, sembra, dalle ossessioni di Petrosemolo, convinto che Ciccillo, come altre persone, parlasse male di lui. Ossessioni finora mai certificate da un parere medico. Pistole e fucili, in tutto sette con quelli trovati in casa di Petrosemolo, erano regolarmente detenuti, mentre il porto d’armi era stato prorogato con lo stato d’emergenza dovuto al Covid. Il vicino di casa, reo confesso, da un mese è in carcere a Lanciano, accusato di omicidio volontario aggravato da futili e abbietti motivi. È provato dalla detenzione carceraria, la cui monotonia è interrotta dai colloqui in videochiamata con l’avvocato di fiducia Alessandra Cappa.
Sulle indagini preliminari, non ancora concluse, vige il massimo riserbo da parte della Procura. «I familiari sentono un vuoto incolmabile», dice l’avvocato Fabio Palermo, che assiste la moglie e i figli Franco, Roberto, musicista come il padre, e Carmine, «ancora oggi faticano a credere che il marito e padre non ci sia più e che sia morto in circostanze così tragiche. Tutto questo dolore è attenuato dal calore e dalla vicinanza della città e del sindaco Filippo Paolini in primis, che qualche giorno fa ha voluto ricordare la figura di Ciccillo. La famiglia confida nella giustizia», conclude il legale, «affinché ci sia una pena esemplare come deterrente perché episodi di tal guisa non debbano più accadere». (s.so.)