«Un terremoto economico»
I costruttori: non ci paga neppure la Protezione civile.
CHIETI. «Siamo vittime di un terremoto economico. All’Aquila pensano alla ricostruzione, invece nel Chietino, e non solo qui, siamo nei guai per colpa di Regione e Protezione civile. Molte imprese allo stremo, rischiano di non arrivare a Natale anche perché le banche le stanno abbandonando. In un anno persi 1300 posti di lavoro». Un j’accuse pregno di indignazione e timori che il presidente provinciale dell’associazione costruttori di Confindustria, l’ingegner Paolo Primavera, suffraga con i numeri. Il settore è in crisi galoppante perché nessuno sta pagando. «Se non ci accontentano portiamo gli escavatori davanti alle sedi della Regione», proclama Primavera in un impeto polemico. «Siamo nei guai perché la Protezione civile non ci paga. Ci incalza in continuazione per procedere velocemente con i cantieri nelle zone del terremoto, obbligandoci così ad affrontare nuove spese in macchinari e personale, ma non tira fuori un euro né per le imprese della provincia di Chieti né per le altre». Un gravissimo problema associato al crollo degli appalti pubblici.
Il presidente dei costruttori se la prende con il governatore e i suoi assessori: «Pensassero a trovare le soluzioni idonee, in particolare evitando di farci precipitare nel Patto di stabilità che sarebbe la fine di tante aziende. Il presidente Gianni Chiodi chieda la deroga per l’Abruzzo altrimenti qui sarà una ecatombe di chiusure. Gli assessori regionali invece si occupassero di curare gli interessi di tutta la collettività abruzzese, non solo del proprio bacino elettorale». Nel Chietino l’Ance conta su 120 aziende. «Ma continua la diminuzione dei bandi di gara per opere pubbliche. In Abruzzo i bandi degli appalti pubblici per i piccoli interventi, appannaggio tradizionale delle micro imprese, sono diminuiti del 64%. Una caduta libera delle gare d’appalto fino a euro 500.000,00, area di interesse delle piccole imprese: 64% di gare in meno rispetto all’anno scorso e 60 % in meno degli importi appaltati.
Mentre la flessione nazionale si attesta al 20%, nel Chietino il crollo degli appalti in generale si aggira sul 60%». Già nel periodo 2004-2208 il calo era stato di circa il 50%. Da quello che resta va detratto il 60%. Un tracollo. «Guardate il sito www.protezionecivile.it, si capisce subito come a tutt’oggi le imprese abruzzesi hanno assunto appalti in misura largamente inferiore alle potenzialità e soprattutto alle assicurazioni negli affidamenti. Le statistiche pubblicate sul sito non corrispondono affatto al vero, in vari casi sono state attribuite all’Abruzzo imprese che hanno sede altrove. Dai dati in nostro possesso solo il 2% delle imprese della nostra provincia (1270 le iscritte) stanno operando per la ricostruzione post-sisma.
Quanto alla promessa della massima puntualità nei pagamenti ci troviamo nella assurda situazione che le imprese che avevano riposto grande fiducia nelle opere di costruzione, concentrando risorse e mezzi per onorare gli strettissimi tempi di esecuzione, rischiano più di altre di dover chiudere per mancanza di liquidità. Un inganno». L’impennata nel ritardo dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni è evidente, secondo i dati Ance è aumentato di oltre il 20% in un anno. «Stimiamo che, a causa dei ritardi burocratici, il sistema delle costruzioni sopporti, in Abruzzo, interessi passivi pari a circa 25-30 milioni di euro l’anno e che, ancor peggio, molte imprese rinuncino ad insediarsi nella nostra regione. Da qualche tempi non pagano più neppure i Comuni a causa del patto di stabilità e del mancato o ridotto trasferimento di fondi dallo Stato e dalla Regione. Un terremoto economico per le aziende».
Il presidente dei costruttori se la prende con il governatore e i suoi assessori: «Pensassero a trovare le soluzioni idonee, in particolare evitando di farci precipitare nel Patto di stabilità che sarebbe la fine di tante aziende. Il presidente Gianni Chiodi chieda la deroga per l’Abruzzo altrimenti qui sarà una ecatombe di chiusure. Gli assessori regionali invece si occupassero di curare gli interessi di tutta la collettività abruzzese, non solo del proprio bacino elettorale». Nel Chietino l’Ance conta su 120 aziende. «Ma continua la diminuzione dei bandi di gara per opere pubbliche. In Abruzzo i bandi degli appalti pubblici per i piccoli interventi, appannaggio tradizionale delle micro imprese, sono diminuiti del 64%. Una caduta libera delle gare d’appalto fino a euro 500.000,00, area di interesse delle piccole imprese: 64% di gare in meno rispetto all’anno scorso e 60 % in meno degli importi appaltati.
Mentre la flessione nazionale si attesta al 20%, nel Chietino il crollo degli appalti in generale si aggira sul 60%». Già nel periodo 2004-2208 il calo era stato di circa il 50%. Da quello che resta va detratto il 60%. Un tracollo. «Guardate il sito www.protezionecivile.it, si capisce subito come a tutt’oggi le imprese abruzzesi hanno assunto appalti in misura largamente inferiore alle potenzialità e soprattutto alle assicurazioni negli affidamenti. Le statistiche pubblicate sul sito non corrispondono affatto al vero, in vari casi sono state attribuite all’Abruzzo imprese che hanno sede altrove. Dai dati in nostro possesso solo il 2% delle imprese della nostra provincia (1270 le iscritte) stanno operando per la ricostruzione post-sisma.
Quanto alla promessa della massima puntualità nei pagamenti ci troviamo nella assurda situazione che le imprese che avevano riposto grande fiducia nelle opere di costruzione, concentrando risorse e mezzi per onorare gli strettissimi tempi di esecuzione, rischiano più di altre di dover chiudere per mancanza di liquidità. Un inganno». L’impennata nel ritardo dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni è evidente, secondo i dati Ance è aumentato di oltre il 20% in un anno. «Stimiamo che, a causa dei ritardi burocratici, il sistema delle costruzioni sopporti, in Abruzzo, interessi passivi pari a circa 25-30 milioni di euro l’anno e che, ancor peggio, molte imprese rinuncino ad insediarsi nella nostra regione. Da qualche tempi non pagano più neppure i Comuni a causa del patto di stabilità e del mancato o ridotto trasferimento di fondi dallo Stato e dalla Regione. Un terremoto economico per le aziende».