Addio a Ismail Kadare, il cantore dell’Albania 

Critico nei libri verso la dittatura, più volte candidato al Nobel, vinse il Flaiano Narrativa nel 2008

ROMA. Più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura, Premio Flaiano per la narrativa a Pescara nel 2008, membro dell'Accademia di Francia, il grande scrittore albanese Ismail Kadare, morto l’1 luglio a 88 anni nella sua abitazione a Tirana, ha dato voce all'anima antica della sua terra, raccontando la dittatura e i momenti bui del suo Paese e le distorsioni tra arte e potere, vissuti sulla sua pelle. Dei rapporti tra dittatori e intellettuali e di come si creino miti e leggende parla Quando un dittatore chiama, il suo ultimo libro che uscirà in Italia a ottobre, in cui combinando momenti onirici a indagini su fonti attendibili racconta i tre minuti di una telefonata del giugno del 1934 tra Stalin e Pasternak, per discutere dell'arresto del poeta sovietico Osip Mandelstam e quello che questo fatto poco conosciuto della storia moderna ha causato.
Kadare, che era nato il 28 gennaio 1936 ad Argirocastro, la stessa città natale del dittatore comunista Enver Hoxha, nel 1990 aveva chiesto asilo politico in Francia. Una sofferta decisione raccontata in Da un dicembre all’altro. Molti suoi libri censurati in patria tra cui L'inverno della grande solitudine in cui fa un ritratto di Hoxha. Il libro pubblicato nel 1972 con il titolo rivisto Il grande inverno è una metafora dell’Albania che, dopo la rottura negli anni '60 con l’Unione Sovietica, si stava isolando dal resto del mondo. Tra i volumi banditi anche Concerto alla fine dell'inverno, Il mostro e Il Palazzo dei sogni. «Per le mie posizioni da molti sono considerato nemico del comunismo, da altri nemico dell’Occidente», aveva detto nel 2018, ritirando il Premio Nonino. Poeta prima che narratore e sceneggiatore, Kadare aveva esordito nel 1963 con il romanzo Il generale dell'armata morta, uscito in Italia vent'anni dopo, nel 1982, per Longanesi e diventato un film con Marcello Mastroianni, Michel Piccoli e Sergio Castellitto, tra l’altro girato sull’altipiano di Campo Imperatore e tra le balze del Gran Sasso, che richiamavano il paesaggio albanese. Per Longanesi era uscito nel 1970 anche I tamburi della pioggia. Laureato in Storia e filologia, lo scrittore albanese aveva studiato anche letteratura all'Istituto Gorkij di Mosca. Grande appassionato di Dante, aveva dedicato al poeta Dante l'Inevitabile (Fandango) uscito in Italia nel 2008, in cui mostra come il Sommo sia stato “inevitabilmente” presente in ogni momento, anche i più bui, della storia dell'Albania. Tanti i premi ricevuti, a cominciare dal Flaiano Narrativa per il libro La figlia di Agamennone nel 2008, poi il Grinzane Cavour nel 1998 e l’internazionale di letteratura Man Booker nel 2005. In quell'occasione lo scrittore aveva auspicato che il premio servisse a far comprendere come i Balcani non fossero solo guerra e pulizia etnica. Nel 1999 aveva criticato con durezza gli europei, «politici, studiosi, giornalisti che esitano a prendere posizione contro i crimini perpetrati dai serbi contro gli albanesi del Kosovo». E nel 2023 aveva sottolineato che «tutto il bene che arriva oggi all'Albania nasce dal riavvicinamento con l'Europa». Nello stesso anno era stato nominato dal presidente francese Emmanuel Macron Grand'Ufficiale della Legione d'Onore, uno dei massimi riconoscimenti concessi dalla Francia.