Addio a Sepulveda, il ricordo in Abruzzo: nel 1993 in tanti si chiesero chi fosse
Lo scrittore cileno morto per coronavirus in Spagna è stato due volte a Pescara in occasione del Premio Flaiano e del Premio NordSud: "Lasciò una toccante interpretazione del concetto di “contemporaneità”"
PESCARA. L'Abruzzo si unisce al lutto e al ricordo di Luis Sepulveda, lo scrittore cileno morto all'età di 70 anni a causa del coronavirus nell'ospedale universitario di Oviedo, in Spagna, dove era ricoverato da settimane.
Sepulveda è stato il primo paziente celebre ad essere stato contagiato dal coronavirus e si trovava dal 29 febbraio ricoverato nel reparto di malattie infettive dell'Hospital Universitario Central de Asturias di Oviedo, in Spagna, dopo aver fatto ritorno da un viaggio in Portogallo dove aveva partecipato a un festival letterario.
E sono proprio due manifestazioni letterarie a legare l'Abruzzo al grande scrittore cileno. La prima è quella del Premio Flaiano del 1993 quando Sepulveda ritirò a Pescara il premio per "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore".
Così oggi il Premio Flaiano lo ricorda prendendo spunto da quella serata: ”Si aggirava tra la gente un giovane scuro di pelle, con la barba un po' incolta, sorridente e impacciato. Vestiva un abito bianco che lo distingueva ad uno sguardo lontano. Quando prese posto tra i premiati molti si chiesero chi "fosse costui". Il suo nome era Luis Sepúlveda, scrittore cileno dalle grandi speranze. Il romanzo per il quale sarebbe stato premiato di lì a poco, "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore". Più che un romanzo, era un lungo racconto che muoveva da un rapporto tra l'uomo e l'animale, sulle orme di Melville e del capitano Achab. Stavolta l'ambiente era la foresta amazzonica dove un vecchio uccideva una femmina di "tigrillo" in cerca di vendetta”.
La seconda volta che Sepulveda venne in Abruzzo fu nel 2013, sempre a Pescara, per il Premio internazionale NordSud di Letterature e Scienze, creato dalla Fondazione Pescarabruzzo.
"Sepulveda", ricorda la Fondazione, "aveva lasciato alla platea pescarese una toccante interpretazione del concetto di “contemporaneità”, profondamente intrisa del senso di mutevolezza dell’esistenza che tutta la sua biografia riflette: “La mia è una idea di contemporaneità – aveva detto - che non si ferma solo con il discorso intellettuale, ma che fa pensare alla contemporaneità come alla parola detta che viene portata via dal vento, perché parte dalla mia cultura del Sud. E così quando torno nel mio Paese, il Cile, nel profondissimo Sud del Mondo, chiamato Patagonia, la terra che io amo, mi piace assistere al “concorso della bugia”. Arrivano i contadini, i gauchos dalla parte argentina della Patagonia, dalla Terra del Fuoco, anche dall’Uruguay. Sono cantori di bugie. Le storie raccontate non vengono scritte né registrate, ma semplicemente vengono raccontate, lasciando che queste parole vengono portate via dal vento. Viene organizzato anche un altro concorso che mi piace molto, di poeti popolari, che si sfidano tra di loro con versi improvvisati. Anche in questo caso la recitazione non viene trascritta né registrata. Non si scrive, non si filma, ma si lascia che la parola venga portata via dal vento”. (a.mo.)
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