Africa Unite: «Ancora sul palco dopo 43 anni perché ci divertiamo» 

La band è tra le più autorevoli del panorama reggae italiano Sabato 27 luglio concerto all’Arena Wood Festival di Tossicia

TOSSICIA. «Uno dei motivi per cui siamo ancora qui, dopo 43 anni, è che ci piace fare quello che facciamo: siamo persone felici di portare la nostra musica e i nostri contenuti al pubblico. Quando chi fa questo tipo di lavoro smette di divertirsi sul palco, quello è il momento in cui bisogna smettere… per fortuna a noi questa cosa non è ancora successa».
Bunna, al secolo Vitale Bonino, cofondatore del gruppo Africa Unite, è pronto a calcare con la band il palco dell’Arena Wood Festival ad Azzinano di Tossicia (Teramo). L’appuntamento è per sabato 27 luglio dalle ore 21 (ingresso libero). Gli Africa Unite, considerati una delle voci più autorevoli e influenti nel panorama reggae italiano e non solo - per la loro musica, ma anche per l’impegno sociale - sono in tour in tutta Italia dopo la recente pubblicazione del nuovo singolo Uomini. «Il concerto che stiamo portando in giro vuole raccontare un po’ la nostra storia», racconta Bunna al Centro. «È un racconto musicale del nostro viaggio. Proponiamo pezzi tratti da diversi dischi, quelli che abbiamo ritenuto più importanti nel nostro percorso. È un concerto celebrativo, per certi versi, che racchiude gli episodi musicali più significativi degli Africa».
Nati nel 1981 da un’idea di Bunna e Madaski, entrambi di Pinerolo (TO), hanno all’attivo una nutrita discografia. Il nome del gruppo rimanda al titolo di un brano di Bob Marley, artista che li ha sempre ispirati. «Ci siamo innamorati di Marley. Il nostro tentativo, agli inizi, è stato dare una lettura che fosse personale. La nostra missione principale è stata quella di trovare un suono che fosse riconoscibile, non abbiamo mai cercato di sembrare giamaicani perché non lo siamo, siamo nati nella provincia torinese… abbiamo sempre ritenuto importante essere onesti con noi stessi». Il concerto dunque narrerà «i nostri periodi musicali, canzoni che parlano di tematiche differenti, come la pena di morte, il razzismo». Il nuovo brano, Uomini, nasce con l’obiettivo di stimolare riflessioni sui paradossi delle guerre attuali; con un testo incisivo e una melodia coinvolgente, la canzone sottolinea il pericolo di un punto di non ritorno che deve molto alla «nuova ingordigia umana». «Abbiamo sentito l’urgenza di scriverlo, di dare la nostra visione su una situazione pericolosa», precisa. «Si dichiarano guerre per ragioni diverse, ma a pagare è sempre il popolo. Si è persa la direzione da seguire. Il denaro prende il sopravvento anche sulla vita stessa. Siamo assolutamente disumanizzati. Il grosso rammarico è che viviamo cose già successe e continuiamo a ripetere gli errori che si sono fatti, abbiamo la memoria corta e ciò è molto triste».
Di Bob Marley hanno amato, in particolare, «la sua attitudine, che abbiamo fatto in qualche modo nostra, di usare la musica per dire cose. Abbiamo sempre cercato di riempire la nostra musica di contenuti. Pensiamo sia importante continuare su questa strada: essere originali. Fare musica per avere successo è una visione che non ci è mai appartenuta».
Quarantatré candeline ben portate e un pubblico che abbraccia ben più di una generazione, per gli Africa Unite. «Per fortuna, in qualche modo, grazie ai genitori piuttosto che ai fratelli maggiori, abbiamo anche un pubblico giovane, intergenerazionale, e questa è una cosa di cui siamo orgogliosi. Non è scontato per un gruppo nato 43 anni fa essere ancora qui. Già questo e fare dei tour è una cosa di cui andare fieri, oltre al fatto di avere un pubblico nutrito, ma anche variegato ed eterogeneo. I concerti fatti finora con il nuovo tour sono stati molto belli, con tanta affluenza. Noi ci divertiamo tanto, che è la cosa fondamentale».