«Brezza e terra della mia Canzano per il rosso Docg»
Enrico Cerulli Spinozzi: «Fieri di essere l’unica cantina di questo territorio magnifico»
di Domenico Sanguedolce
CANZANO
Freccia a destra, sulla Ss 150 direzione mare-monti, appena dopo il bivio per Canzano, uno sguardo alla collina vitata e un piazzale che è il cuore dell'azienda vitivinicola Cerulli Spinozzi. Ad attenderci di fronte alla cantina, sotto allo stemma di famiglia che sovrasta la facciata, c'è Enrico Cerulli Irelli Spinozzi, titolare dell'azienda con il padre Vincenzo e lo zio Francesco. Teramano nel sangue, romano per nascita e formazione, non ancora quarantenne Enrico ha i piedi ben saldi nella vigna e la testa proiettata sul mondo.
Aplomb aristocratico ed eleganza da country-gentleman, conduce con passione e dedizione una delle più promettenti realtà della regione, organizzata così com'è nel 2000 ma con radici davvero profonde in questa terra. «La nostra azienda si spalma un po' su tutta la provincia di Teramo», racconta Enrico, «dalla zona della Vibrata, da cui provengono originariamente i Cerulli, a San Nicolò per provenienza Irelli, dai dintorni di Giulianova per linea Migliori fino a Canzano per eredità degli Spinozzi, antica famiglia canzanese di ceppo feudale».
Com'è questo borgo antico e suggestivo?
«È un piccolo centro in sella alle valli del Vomano e del Tordino, tranquillo ma non dormiente, con origini antichissime e testimonianze archeologiche, anche in azienda».
Come?
«Una delle nostre case coloniche più antiche è Torre Migliori, immersa nel vecchio vigneto da cui nasce il nostro Montepulciano d'Abruzzo Docg Colline Teramane, che ne prende il nome. È una costruzione seicentesca realizzata su una preesistenza romana. Infatti, smantellando il pollaio fu ritrovato il pavimento di una villa suburbana».
Che rapporto ha col borgo?
«Un rapporto strettissimo e belle amicizie come quella col sindaco Franco Campitelli, giovane e dinamico. Come azienda cerchiamo di essere sempre presenti nelle iniziative cittadine, andiamo fieri di essere l'unica cantina di questo territorio, tanto che abbiamo voluto specificare sull'etichetta che il vino è di Canzano».
Perché qui il vino viene bene?
«È una zona da sempre vocata alla viticoltura, certamente le condizioni microclimatiche, con brezze continue dal Gran Sasso all'Adriatico e notevoli escursioni termiche tra giorno e notte, favoriscono la crescita e la salute delle piante, così come i processi evolutivi del frutto. Poi c'è il terreno, di origine alluvionale, con la presenza di alcune sorgenti spontanee in mezzo ai vigneti che hanno fatto emergere uno scheletro importante. Altra buona nota è l'età delle vigne, vecchie fino a 70 anni».
Che risultato si ottiene al bicchiere?
«Un vino che prova a combinare la tipicità del vitigno con l'eleganza data da tutti questi elementi. Il nostro intervento è limitato al minimo, agricoltura biologica e produzione rispettosa delle caratteristiche delle uve. Amo il vino che mantiene sempre una bella freschezza, senza temere il tempo e con una vita lunga anche in bocca. Quando questa freschezza si sposa armonicamente con struttura e con personalità del vitigno, allora si scopre il segreto della piacevolezza. Mi sforzo di produrre vini piacevoli alla beva. Qui a Canzano siamo aiutati dalla combinazione di suolo, microclima, caratteristiche basiche dell'uva. A ciò aggiungiamo la mano dell'uomo, che ci vuole sempre nel vino, altrimenti il vino sarebbe contro natura, e proponiamo vini complessi ma non troppo concentrati».
Oltre al vino cosa c'è di buono a Canzano?
«Senz'altro il tacchino alla canzanese, che è andato anche sulla luna nel 1969!»
Dove lo si può gustare?
«Al ristorante La Tacchinella, il più famoso e il più storico di Canzano, insieme a tante ricette tradizionali, magari a tavola nella fiabesca neviera sotterranea».
Dove può soggiornare, invece, chi vuol visitare borgo e azienda?
«Se ama il relax nella nostra Casina Margherita, su un poggio tra i vigneti. Una country house con 4 camere, arredata con mobili d'epoca e tanti ricordi di famiglia».
Dimenticavo, con cosa lo abbinerebbe il tacchino canzanese?
«Sicuramente con un vino del territorio».
Magari il suo Cerasuolo?
«Certo, ma si sposa bene anche con una vecchia annata di Torre Migliori!».
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