Chitarra, genio e libertà oggi Keith Richards festeggia ottant’anni
Il traguardo a pochi mesi dal sodale di sempre Mick Jagger e dal ritorno dei Rolling Stone con “Hackney Diamonds”
Oggi Keith Richards compie ottant’anni: chi ci ha scommesso vent’anni fa ora sarà milionario, perché probabilmente le quote che il più grande inventore di riff chitarristici della storia sarebbe arrivato a questo compleanno saranno state anche più alte di quelle sulla vittoria in Premiere League del Leicester di Claudio Ranieri.
Mick Jagger, il suo sodale di una vita, 80 anni li ha compiuti in luglio: quello che lascia basiti è che i due sono arrivati a questo traguardo in un momento in cui i Rolling Stones sono tornati al centro della musica con “Hackney Diamonds”, un grande album di rock’n’roll accompagnato da una campagna promozionale geniale in cui, con la complicità di Jimmy Fallon, Mick e Keith hanno dimostrato semplicemente di essere i più fighi di tutti. E coincidenza incredibile, se poi è davvero una coincidenza, il grande ritorno, a 18 anni dal disco precedente, è avvenuto quasi in contemporanea con l’uscita delle reunion virtuale dei Beatles e di quel concentrato di malinconia e amore intitolato “Then and Now”. Ancora Beatles e Rolling Stones come se il rock fosse regolato dalla legge dell’eterno ritorno: ma i Beatles non ci sono più da 50 anni, gli Stones sono rotolati attraverso i decenni sfidando ogni regola della fisiologia umana.
Quando nel 1982 tornarono in Italia a 15 anni dalla prima apparizione a Milano avevano 40 anni, ma all’epoca venivano trattati come dei dinosauri sfuggiti all’estinzione. Da allora ogni loro tour veniva considerato come l’imminente passo d’addio e di ultimo tour in ultimo tour siamo ad oggi. Keith Richards è una leggenda nella leggenda, una sorta di santo patrono dei fattoni che, come Obelix, ha ingerito la pozione che lo fa resistere a tutto e tutti. Soprattutto a se stesso. Una vita incredibile che si può riassumere in questa frase: «I medici che mi hanno detto di smettere per non morire sono tutti morti». Il riff più famoso della sua incredibile carriera, quello di “Satisfaction” è nato nel sonno, non in un sogno come “Yesterday”, ma proprio nel sonno. Keith di notte suonava la chitarra con un registratorino acceso: si addormenta dimenticandosi l’apparecchio in funzione e al risveglio, tra il russare e vari rumori, ha trovato le note di quello che probabilmente è il brano più celebre degli Stones.
La sua straordinaria vita da rocker probabilmente fa dimenticare l’importanza che Richards ha avuto nella musica, nella creazione di una combinazione tra le due chitarre che viene dal blues e che con Ronnie Wood ha trovato la sua sublimazione, nell’uso di speciali accordature, nell’invenzione di riff leggendari. È dimenticato che nel momento in cui i Rolling Stones erano nel pieno di una crisi, Keith nel 1988 ha inciso il suo primo album solista, “Talk is Cheap” che è un gioiello di sintesi tra rock, blues e soul che sarebbe tra i dieci dischi più belli degli Stones.
Per festeggiare al meglio gli 80 anni di Keith Richards posso raccontare un aneddoto personale che non ho mai utilizzato professionalmente. Alla fine degli anni ’80, ho partecipato a una serata nella suite di Keith Richards in un hotel di via Veneto a Roma. Tutto era nato grazie a Ronnie Wood con il quale avevo lavorato a Estate Rock, il programma che ha condotto su Rai 1. Da giornalista ero andato a Fiumicino per fare il pezzo sull’arrivo degli Stones in Italia e Ronnie mi aveva invitato a tornare sul van con lui, Keith Richards e qualcuno dei loro figli. Così la sera dopo mi sono ritrovato a fare «serata da Keith»: nella suite c’erano due enormi casse che sparavano a volume altissimo solo blues dei vari King e qualche brano degli Stones. C’erano quasi tutti i session men della band, gente della crew e, in mezzo alla stanza, in poltrona, pipa in bocca e pinta di birra sempre piena, c’era papà Bertrand, diventato famoso perché una volta cremato, Keith ne ha inalato una striscia delle ceneri. Finiscono gli alcolici: Richards chiama il room service e arriva un carrello a tre piani con ogni tipo di alcolici. Prima di firmare il conto, lui mi guarda, e mi chiede in inglese: «Vuoi sapere quando capisci di essere veramente ricco?». Poi, prima che io rispondessi, in italiano mi dice sorridendo: «segnare segnare segnare» e firma il conto. Non tutto del resto della serata può essere raccontato.
Mick Jagger, il suo sodale di una vita, 80 anni li ha compiuti in luglio: quello che lascia basiti è che i due sono arrivati a questo traguardo in un momento in cui i Rolling Stones sono tornati al centro della musica con “Hackney Diamonds”, un grande album di rock’n’roll accompagnato da una campagna promozionale geniale in cui, con la complicità di Jimmy Fallon, Mick e Keith hanno dimostrato semplicemente di essere i più fighi di tutti. E coincidenza incredibile, se poi è davvero una coincidenza, il grande ritorno, a 18 anni dal disco precedente, è avvenuto quasi in contemporanea con l’uscita delle reunion virtuale dei Beatles e di quel concentrato di malinconia e amore intitolato “Then and Now”. Ancora Beatles e Rolling Stones come se il rock fosse regolato dalla legge dell’eterno ritorno: ma i Beatles non ci sono più da 50 anni, gli Stones sono rotolati attraverso i decenni sfidando ogni regola della fisiologia umana.
Quando nel 1982 tornarono in Italia a 15 anni dalla prima apparizione a Milano avevano 40 anni, ma all’epoca venivano trattati come dei dinosauri sfuggiti all’estinzione. Da allora ogni loro tour veniva considerato come l’imminente passo d’addio e di ultimo tour in ultimo tour siamo ad oggi. Keith Richards è una leggenda nella leggenda, una sorta di santo patrono dei fattoni che, come Obelix, ha ingerito la pozione che lo fa resistere a tutto e tutti. Soprattutto a se stesso. Una vita incredibile che si può riassumere in questa frase: «I medici che mi hanno detto di smettere per non morire sono tutti morti». Il riff più famoso della sua incredibile carriera, quello di “Satisfaction” è nato nel sonno, non in un sogno come “Yesterday”, ma proprio nel sonno. Keith di notte suonava la chitarra con un registratorino acceso: si addormenta dimenticandosi l’apparecchio in funzione e al risveglio, tra il russare e vari rumori, ha trovato le note di quello che probabilmente è il brano più celebre degli Stones.
La sua straordinaria vita da rocker probabilmente fa dimenticare l’importanza che Richards ha avuto nella musica, nella creazione di una combinazione tra le due chitarre che viene dal blues e che con Ronnie Wood ha trovato la sua sublimazione, nell’uso di speciali accordature, nell’invenzione di riff leggendari. È dimenticato che nel momento in cui i Rolling Stones erano nel pieno di una crisi, Keith nel 1988 ha inciso il suo primo album solista, “Talk is Cheap” che è un gioiello di sintesi tra rock, blues e soul che sarebbe tra i dieci dischi più belli degli Stones.
Per festeggiare al meglio gli 80 anni di Keith Richards posso raccontare un aneddoto personale che non ho mai utilizzato professionalmente. Alla fine degli anni ’80, ho partecipato a una serata nella suite di Keith Richards in un hotel di via Veneto a Roma. Tutto era nato grazie a Ronnie Wood con il quale avevo lavorato a Estate Rock, il programma che ha condotto su Rai 1. Da giornalista ero andato a Fiumicino per fare il pezzo sull’arrivo degli Stones in Italia e Ronnie mi aveva invitato a tornare sul van con lui, Keith Richards e qualcuno dei loro figli. Così la sera dopo mi sono ritrovato a fare «serata da Keith»: nella suite c’erano due enormi casse che sparavano a volume altissimo solo blues dei vari King e qualche brano degli Stones. C’erano quasi tutti i session men della band, gente della crew e, in mezzo alla stanza, in poltrona, pipa in bocca e pinta di birra sempre piena, c’era papà Bertrand, diventato famoso perché una volta cremato, Keith ne ha inalato una striscia delle ceneri. Finiscono gli alcolici: Richards chiama il room service e arriva un carrello a tre piani con ogni tipo di alcolici. Prima di firmare il conto, lui mi guarda, e mi chiede in inglese: «Vuoi sapere quando capisci di essere veramente ricco?». Poi, prima che io rispondessi, in italiano mi dice sorridendo: «segnare segnare segnare» e firma il conto. Non tutto del resto della serata può essere raccontato.