il reportage
Cuba dopo Fidel nelle foto di Rino D’Ostilio
A quattro mesi dalla morte di Fidel Castro, il fotografo pescarese è tornato nell'isola caraibica dove tutto è rimasto immutato, anche la voglia di normalità e apertura al mondo
Cuba è diventata quasi una seconda patria per Rino D’Ostilio. Il fotografo pescarese coltiva, da anni, un rapporto sentimentale con l’isola dei Caraibi dalla quale ritorna, ogni volta, con un tesoro di immagini tra i più sorprendenti e belli. E’ quello che è accaduto anche stavolta, con il reportage pubblicato sul sito internet di Repubblica (repubblica.it). Le immagini di questo suo ultimo viaggio sono una testimonianza di Cuba, a quattro mesi dalla morte di Fidel Castro, l’uomo che per 58 anni è stata la guida dell’Isola.
D’Ostilio, 55 anni, per anni fotografo di cronaca e di sport del Centro, raccoglie con la sua macchina fotografica una serie di immagini della vita quotidiana a Cuba che spiegano meglio di un saggio il dopo-Castro fra voglia di normalità e desiderio di apertura al mondo.
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«Quattro mesi dopo la morte di Fidel Castro», si legge nel testo che accompagna i 26 scatti del fotografo su repubblica.it, «il fotografo pescarese Rino D'Ostilio è tornato per la quinta volta nell'isola ricca di anime e contraddizioni a filtrarne umori e atmosfere attraverso i suoi speciali scatti in bianco e nero. Nelle case e lungo le strade dell'Avana vieja, ecco il tempo lento delle donne alla finestra, i bambini a disegnare geometrie inedite dietro al pallone che corre, fino al passaggio di qualche vecchia macchina americana o di un risciò. E' ancora Cuba spontanea e naturale nonostante la fine dell'embargo e la nuova amicizia con gli States, battezzata da Obama e rallentata dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Nonostante tutto è sempre Cuba, con i suoi simboli - il Che, il teatro nacional e le sue sgangherate Cadillac - quella che ancora sogna all'orizzonte del Malecón dai mille chiaroscuri. Cuba che sta cambiando veloce, ma che resta aggrappata all'innocenza e alla naturalezza delle sue bellezze disinibite; alla vanità di personaggi come la beffarda Naná che stringe una sigaretta tra le quattro dita che le restano. Sono le tradizioni e il tempo circolare dell'isola a mantenerla uguale a se stessa. chissà fino a quando. Le fabbriche di sigari alla periferia dell'Avana, con gli operai a una ventina di dollari al mese, si aprono ai visitatori e sono i primi segni del cambiamento».
«Ma dietro», conclude il testo di repubblica.it, «ci sono le piantagioni di tabacco di Pinar del Rio e della Valle del Vinales e i riti del raccolto, con le foglie messe a essiccare nei capanni di paglia e legno prima di passarle allo Stato, per il 90 per cento. Cuba oggi è questo, ma è anche negli sguardi eccitati dei campesinos appresso ai "gallos de pelea" i galli da combattimento. Passione antica dell'isola, non sempre legale. Come Cuba, e le sue mille contraddizioni».
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