Il saggio
Ignazio Silone, l'anima spaccata del Novecento
Come si scrive un capolavoro? Risalendo la corrente della propria infanzia, puntando ai “primi mattini del mondo”, magari rischiando di perdere tutto, anche il proprio nome
di Federica D’Amato
Come si scrive un capolavoro? Risalendo la corrente della propria infanzia, puntando ai “primi mattini del mondo”, magari rischiando di perdere tutto, anche il proprio nome. La posta in gioco? La giovinezza ovvero la santità dell’anima. Ce lo insegna Renzo Paris in “Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone” (Elliot, 2014, 19,50 euro), biografia romanzata in cui lo scrittore di Celano, ricorrendo per la prima volta a una acquisita documentazione inedita, fa luce su come Secondino Tranquilli sia diventato Ignazio Silone, e su come “Fontamara” sia stata l’opera al rosso di questa trasformazione alchemica. Una iniziazione al mondo durata trent’anni, che Secondino scontò con la perdita dell’innocenza, della propria etnia marsicana, passando dalla voragine del terremoto di Pescina, nel 1915, al volo fragile di fenicottero sopra l’Europa, prestato sia ai giochi dell’intelligence comunista, sia a quelli della polizia fascista. Un “thriller sulla condizione umana del ‘900” che parte dall’Abruzzo per farvi ritorno, di cui Paris parla in questa intervista.
Partiamo da sottotitolo del suo libro, “Vita segreta di Ignazio Silone”: perché ha scelto di indagare sulla parte più scomoda della sua biografia?
Silone è un autore internazionale, amato più all'estero che da noi. La parte scomoda, come dici, è quella che ha vissuto respirando la grande cultura europea, dai surrealisti a Proust a Céline, Gide e così via. Oggi quello scandalo ha un altro senso, per fortuna. Ho voluto capire come si arriva a ascrivere un capolavoro come "Fontamara", quali atroci sofferenze e schizofrenia bisogna attraversare prima di scrivere il primo rigo. Eppure ci sono ancora studiosi disposti a ignorare la sua attività di informatore del governo fascista... Ci sono siloniani che pur di adorare il santino a cui sono stati abituati, sono disposti a ignorare tutto, nonostante l'evidenza. Ma sono quelli ancorati a vecchie politiche, che oggi non sono più vive. Silone è moderno anche per la sua singolarità di sciamano e di collaboratore di Guido Bellone.
Il punto di saturazione arriva nel 1930, quando Tranquilli “crolla”. Lo fa per un sincero disgusto o per salvarsi la pelle?
Abbandona la collaborazione con il commissario Bellone perché ha deciso di abbandonare il Pci che aveva contribuito a fondare e da cui sarà espulso, e dire cose che in politica non era possibile nemmeno pronunciare. Il piano alto della letteratura lo trova con Jung e la sua etnia marsicana. Addirittura dalle sue indagini esce fuori una l’ambiguità di sessuale di Secondino... Sull'ambiguità sessuale di Secondino circolano ancora oggi leggende metropolitane, come quella di un rigattiere che alla morte di sua moglie Darina, sgomberando la cantina, trovò una foto in cui il nostro era nudo insieme a dei ragazzini, e che avrebbe bruciato per amore dello scrittore. Sulla sua impotenza c'è un referto del suo amico medico Panfilo Giorgi. L'amicizia amorosa con Bellone, uno dei personaggi più misteriosi di questa storia (non si trovano né le foto né la tomba, segnalata nella parte ebraica del cimitero del Verano a Roma) si evince anche dalle lettere che gli spediva, come hanno già spiegato sia Dario Biocca che Mauro Canali, gli storici che hanno riaperto il “caso Silone”.
Tutto questo come interagisce con la sua “etnia marsicana”?
Silone, negli anni Trenta del secolo scorso, era spaccato in due: da una parte il rivoluzionario deluso dai suoi viaggi a Mosca e dall'altra la vita etnica che almeno virtualmente non l'ha mai abbandonato. Togliatti faceva del sarcasmo quando diceva che Silone era diventato comunista per i suoi cafoni e che non vedendoli più si era ricreduto. In realtà Silone spiava se stesso, quello a cui aveva pure creduto, che non riguardava più la sua etnia e che cominciava a odiare.
Silone cosa penserebbe oggi dell'Abruzzo?
Per immaginare cosa avrebbe detto dell'Abruzzo di oggi basta rileggere i suoi saggi sulla società nel Sessantotto, quella sua simpatia non corrisposta per gli studenti che vedeva anti-Pci e anti Unione Sovietica, che sembravano dargli ragione. Anche per lui la bestia nera era il consumismo a cui spingeva il nuovo capitalismo, come del resto accadeva, curiosamente sia a Moravia che a Pasolini, due autori che teneva a distanza. E certo avrebbe amato i nuovi poveri, anche se non più cristiani.
Qual è la differenza tra Secondino Tranquilli e Ignazio Silone?
Secondino nel vortice delle sue diverse identità di "fenicottero", era arrivato al punto di non ricordare più il suo vero nome. Silone, come è noto, è un nome "di penna". A me piacerebbe che prima o poi sui suoi libri ci fosse scritto: Secondino Tranquilli.
E invece la differenza tra i marsicani Renzo Paris e Ignazio Silone?
Come Silone, in realtà nella Marsica, ci sono rimasto una quindicina d'anni, forse meno, il tempo per essere marchiato da quella profonda etnia. Su questa parentela con Silone il "negazionista" Massimo Teodori sul Foglio, stroncando il libro come se io fossi un togliattiano fuori tempo massimo, ha trovato da ridire. La differenza tra Paris e Silone? Paris ha vissuto i suoi settant'anni vedendo le guerre in televisione, mentre Silone le ha vissute sulla sua pelle.
Ma la letteratura, per tornare a essere grande, ha bisogno di una nuova guerra?
Io temo la terza guerra mondiale e tremo quando ne vedo i prodromi. Mi contento di essere l'umile testimone di una grande tradizione, come Rutilio Namaziano, il cui nome prese un famoso mago di Celano, il mio natìo borgo selvaggio.
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