ROMA / MUSICA
Il genio di Nick Drake in un docufilm alla Festa del Cinema
Songs in a Conversation”, diretto da Giorgio Testi, prodotto da Sky Arte che lo trasmetterà in prima visione il 25 novembre
ROMA. “Nick Drake - Songs in a Conversation”, diretto da Giorgio Testi, scritto da Roberto Angelini, Domenico Brandellero e Rodrigo d'Erasmo e prodotto da Sky Arte (che lo trasmetterà in prima visione il 25 novembre), racconta di un fantasma della musica, di un cantautore e chitarrista inglese tanto di nicchia, quanto geniale, che ha avuto all'attivo solo tre album prima di suicidarsi a soli 26 anni. A raccontare questo artista, destinato ad essere per sempre postumo, alcuni musicisti che rievocano il loro incontro, la scoperta di questo cantautore e delle sue canzoni da Saturday Sun a Pink Moon.
Scorrono così nel docu, presentato, ieri, in anteprima alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Eventi Speciali, le appassionate testimonianze di Andrea Appino, Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Piers Faccini e Adele Nigro si ascoltano le loro cover dove molte delle canzoni di Drake vengono analizzate in ogni sfumatura.
Poi a parlare è anche il mitico John Wood, il sound engineer che ha registrato i tre album di Nick Drake. Nato a Yangon (Birmania) il 19 giugno 1948 e morto a Tanworth-in-Arden il 25 novembre 1974, Drake non riuscì davvero mai a conquistare un vasto pubblico e forse, va detto, neppure lo voleva davvero. La sua breve carriera da depresso cronico si può sintetizzare così: firma il contratto con la Island Records a venti anni e pubblica, nel 1969, il suo album di debutto, Five Leaves Left, nel 1972, tre anni dopo, aveva già registrato gli altri due suoi ultimi album, Bryter Layter e Pink Moon. Tutti lavori che non superano le 5.000 copie di vendita. Dopo aver registrato “Pink Moon”, si ritira da quella scena che non aveva mai davvero troppo frequentato, per andare a vivere dei suoi genitori nelle campagne del Warwickshire. Muore poi di un'overdose causata da circa 30 pillole di amitriptilina, un antidepressivo.
Tra le molte testimonianze raccolte dal docu la cosa giusta la dice, proprio all'inizio Niccolò Fabi, quando spiega come l'ascolto di Nick Drake è «in genere un ascolto non condiviso», solitario. Una visione della musica dell'artista condivisa un pò da tutti: Drake è un cantautore che fa parte infatti più della nostra solitudine che della nostra socialità. Una curiosità, nel documentario di Giorgio Testi, neppure un'immagine, una foto di copertina di Drake. Nulla se non la sua voce sui titoli di coda. Il regista replica che voleva solo evocare la sua figura e che, in caso, se si ha voglia di «sue immagini basta andare su Internet».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Scorrono così nel docu, presentato, ieri, in anteprima alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Eventi Speciali, le appassionate testimonianze di Andrea Appino, Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Piers Faccini e Adele Nigro si ascoltano le loro cover dove molte delle canzoni di Drake vengono analizzate in ogni sfumatura.
Poi a parlare è anche il mitico John Wood, il sound engineer che ha registrato i tre album di Nick Drake. Nato a Yangon (Birmania) il 19 giugno 1948 e morto a Tanworth-in-Arden il 25 novembre 1974, Drake non riuscì davvero mai a conquistare un vasto pubblico e forse, va detto, neppure lo voleva davvero. La sua breve carriera da depresso cronico si può sintetizzare così: firma il contratto con la Island Records a venti anni e pubblica, nel 1969, il suo album di debutto, Five Leaves Left, nel 1972, tre anni dopo, aveva già registrato gli altri due suoi ultimi album, Bryter Layter e Pink Moon. Tutti lavori che non superano le 5.000 copie di vendita. Dopo aver registrato “Pink Moon”, si ritira da quella scena che non aveva mai davvero troppo frequentato, per andare a vivere dei suoi genitori nelle campagne del Warwickshire. Muore poi di un'overdose causata da circa 30 pillole di amitriptilina, un antidepressivo.
Tra le molte testimonianze raccolte dal docu la cosa giusta la dice, proprio all'inizio Niccolò Fabi, quando spiega come l'ascolto di Nick Drake è «in genere un ascolto non condiviso», solitario. Una visione della musica dell'artista condivisa un pò da tutti: Drake è un cantautore che fa parte infatti più della nostra solitudine che della nostra socialità. Una curiosità, nel documentario di Giorgio Testi, neppure un'immagine, una foto di copertina di Drake. Nulla se non la sua voce sui titoli di coda. Il regista replica che voleva solo evocare la sua figura e che, in caso, se si ha voglia di «sue immagini basta andare su Internet».
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