l’attore 85enne al Filming Sardegna Festival  

Keitel, i suoi registi e i film: «Con Tarantino farei tutto»

CAGLIARI. Si sa che quando si invecchia si diventa più fragili, si dimenticano le cose e ci si commuove spesso, ma quando capita a Mr. Wolf fa davvero impressione e non ti sta bene. È successo al...

CAGLIARI. Si sa che quando si invecchia si diventa più fragili, si dimenticano le cose e ci si commuove spesso, ma quando capita a Mr. Wolf fa davvero impressione e non ti sta bene. È successo al Filming Sardegna Festival di Tiziana Rocca all’incontro con Harvey Keitel, attore e produttore cinematografico statunitense di 85 anni. Stiamo parlando dell’interprete di Mean Streets di Martin Scorsese, con cui lavorò anche in Taxi Driver e L’ultima tentazione di Cristo, del protagonista anche dell’opera prima di Ridley Scott, I duellanti. E ancora interprete in Thelma & Louise sempre di Scott, Il cattivo tenente di Abel Ferrara, Lezioni di piano di Jane Campion, ma soprattutto de Le iene e Pulp Fiction di Quentin Tarantino. E non finisce qui. Tra i prossimi titoli in uscita dell’attore cult c’è Milarepa di Louis Nero, film ambientato in un mondo dove la natura ha sopraffatto la tecnologia e in cui Keitel interpreta Buddha. «Louis è un regista brillante» dice l’attore tra molte pause e dimenticanze. «Abbiamo parlato del senso della vita e della morte perché questo film affronta la religione buddhista. Nella prima scena incontro una ragazzina di 11 anni che mi chiede: quali sono i tuoi demoni? E io: i pensieri negativi dentro di te che devi imparare a controllare». Quando gli si chiede di Paul Auster, scrittore della trilogia newyorkese appena scomparso e suo grande amico, prima alza gli occhi al cielo e manda un bacio. E poi non riesce a dire una parola, si commuove. «Sono stato molto fortunato nella mia carriera perché ho incontrato tanti registi importanti» sottolinea, «ma quello che mi ha capito di più è stato Abel Ferrara. Ci siamo incontrati in un momento particolare della mia vita dove dentro di me stavano accadendo cose profonde e lui le ha viste e comprese. Io avevo bisogno di lui e lui di me. Abbiamo lavorato e alla sceneggiatura del film Il cattivo tenente (1992), scritto inizialmente da Zoù Lund, una donna molto bella e intelligente morta troppo giovane per dipendenza da eroina». Nel 1994 è la volta di Pulp Fiction e Keitel è Mr. Wolf. «Quentin era un giovane regista tanto strano quanto brillante. Me lo ha presentato una collega dell’Actor studio. Poi è venuto a chiedermi se volessi fare un film con lui e gli ho dato fiducia. Quando ho letto il copione di Pulp Fiction mi è sembrato di vedere quello di Lezioni di piano di Jane Campion. Perfetto». C’è una differenza nell’essere diretti da registi italiani, come Sorrentino, Lina Wertmüller e Scola? «Quelli italiani impongono di più quello che si deve fare, con quelli Usa c’è più libertà. Ma io sono cresciuto a Brooklyn» sorride «e gli italiani li conosco fin troppo bene». Il primo incontro con Scorsese nel 1967 per Chi sta bussando alla mia porta. «Trovai un annuncio e andai a fare un’audizione e, tra 50 candidati, eravamo rimasti in 3. Di sera mi recai dove facevano i provini e in fondo al corridoio c’erano ancora luci accese. Uno mi dice che Martin sta lì, in quella stanza. Arrivo lì e trovo una stanza, allestita come una stazione di polizia. Lui mi vede e mi dice brusco: siediti! Io gli rispondo con lo stesso tono, ma tu chi sei? E lui ancora: siediti! A questo punto mi altero davvero e dico: dimmi chi cazzo sei? E lui fa altrettanto. Stavamo arrivando alla rissa e una voce fuori campo dice: Harvey, sereno, è un’improvvisazione». Oggi farebbe un sequel di Pulp Fiction? «Farei tutto con quel ragazzo».