L’Atleta di Lisippo, il Getty non vuole restituirlo all’Italia 

Il museo contesta il verdetto della Corte Europea favorevole al nostro Paese La scultura in bronzo ripescata al largo delle Marche nel 1964 e poi trafugata 

NEW YORK. Il Getty respinge il verdetto della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che giovedì scorso aveva dato ragione all'Italia. Il museo californiano, che solo qualche giorno fa ha restituito alla Turchia una testa di bronzo rubata, si dichiara pronto a dare battaglia per tenersi l'Atleta Vittorioso, una statua di bronzo trovata nel 1964 al largo delle Marche e da anni contesa dalle autorità italiane. «Pensiamo che la proprietà da parte del Getty da oltre cinquant’anni di un'opera d'arte che non è stata creata da un artista italiano, né è stata trovata in territorio italiano, sia giusta, etica e in linea con la legge americana e con il diritto internazionale», ha replicato il museo in un comunicato in cui si dice pronto a «continuare a difendere il possesso in tutte le sedi appropriate». Rimandando a una sentenza del 1968 della Corte di Cassazione, secondo cui non c'erano prove che l'Atleta fosse di proprietà dell'Italia, il Getty è tornato a sostenere che la statua di bronzo, acquistata nel 1977 per quasi 4 milioni di dollari, è di origine greca, fu ripescata in acque internazionali e non è mai stata parte del patrimonio culturale dell'Italia. Tesi respinte nel 2018 dalla stessa Corte di Cassazione, secondo cui la scultura sarebbe stata portata a terra da italiani a bordo di un peschereccio battente la bandiera tricolore e poi esportata illegalmente. Per l’Italia ci sarebbe stata, nell’acquisto, “negligenza” o “malafede” del Getty Trust, che ha acquistato la statua pur conoscendo le pretese dello Stato italiano e i suoi sforzi per recuperarla.
Era stato proprio in seguito al secondo verdetto della Cassazione che la Fondazione Getty si era rivolta al Tribunale di Strasburgo. Entrambe le parti hanno ora tre mesi di tempo per chiedere una revisione da parte della Corte in sessione plenaria. Se l'Italia tornasse ad avere ragione, toccherebbe al Dipartimento della Giustizia valutare se la richiesta è ammissibile e, in caso affermativo, difendere la causa italiana presso un tribunale della California.
Le decisioni della Corte europea per i diritti umani sono vincolanti per gli Stati parte della Corte, ma non per gli Stati Uniti i cui musei negli ultimi decenni hanno stabilito rapporti di collaborazione con l'Italia in materia di beni culturali dopo esser stati più volte presi con le mani nel sacco. Nel 2019 l'Italia ha chiesto al Ministero della Giustizia statunitense di dare seguito all'ordine di confisca. La sentenza di Strasburgo nota che «la procedura è ancora aperta».
Ma il Getty non è l’unico museo a resistere alle richieste italiane di restituire opere d’arte. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha recentemente bloccato i prestiti al Minneapolis Institute of Arts che si è rifiutato di restituire una statua di marmo dalla provenienza sospetta.
Pur essendo discussa l'attribuzione a Lisippo, l'Atleta del Getty è considerato uno dei migliori esempi di statuaria greca di bronzo. I rapporti tra Getty e ministero della Cultura italiano sono non sono mai stati facili. Marion True, una curatrice del museo che aveva contribuito a mettere insieme una vasta collezione di antichità, nel 2005 fu messa sotto processo a Roma per traffico di beni culturali rubati. Il caso andò in prescrizione nel 2010, ma servì all'Italia per avviare negoziati con il museo: un primo accordo raggiunto nel 2007 con il ritorno di quaranta pezzi non includeva però l'Atleta. Da allora l'Italia ha riportato a casa altri importanti pezzi da Malibu, da ultimo il gruppo Orfeo e le Sirene rientrato l'anno scorso al MArTA di Taranto.