La favola di Dame, tuttofare dell’hotel
Ecco un brano del volume dedicato al papà che non ha potuto conoscere il figlio
Pubblichiamo uno stralcio del capitolo del libro “Rigopiano - Vite spezzate” dedicato a Dame Faye, senegalese, 43 anni, manutentore tuttofare dell’hotel.
Non ha fatto in tempo a conoscere suo figlio, ma si è comportato da padre fino all’ultimo. Dame Faye stava contando i giorni per tornare in Senegal, da quel bambino concepito l’ultima volta che era stato a casa – a febbraio dell’anno prima – e per riabbracciare la moglie Awa Kene e la figlia Kodou che in quattro anni aveva visto solo due volte.
Stava contando i giorni, perché a marzo sarebbe finalmente tornato da loro. Niente più neve, niente più freddo, niente più inverno. Dopo tutti quei mesi a Rigopiano, tuttofare dell’hotel, Dame stava per partire. Eppure già a gennaio, il 13, quando il fratello Babacar parte per l’Africa, Dame manda alla moglie e ai figli tutto quello che può. Quattromila euro. I suoi risparmi. E ancora, un telefonino nuovo per lei, uno per il cognato e un altro per un amico. A Babacar dà anche 50 euro per pagare la connessione Internet, l’unico filo che consente a Dame di restare in contatto con tutti loro. I vestiti per i figli e gli altri risparmi, Dame li aveva già mandati a no- vembre tramite Omar, l’altro fratello che con Babacar abita a Montesilvano, dove lui va nei suoi giorni di riposo. Lavorava e mandava a casa. Era questa la sua vita, anche se gli piaceva da matti giocare a pallone. Quel ragazzone alto e robusto era stato fortissimo a centrocampo. Ma erano anni, ormai, che Dame era diventato un uomo. Anni in cui viveva riempiendo di lavoro e sacrifici le stagioni che separavano le sue partenze dai ritorni. In Europa ce l’aveva mandato 14 anni prima il padre Saer. Un contadino, tre mogli e nove figli, che nel villaggio tra le campagne di Louga, a duecento chilometri da Dakar, coltiva fagioli, mais e arachidi da vendere al mercato.
Troppo poco, per mantenere tutti. C’è da andare via, fuori. Come avevano già fatto altri parenti. Il primo a partire di quei nove figli è proprio Dame. L’aiuta il padre, che riesce a mettere insieme gran parte dei soldi per il biglietto aereo. Destinazione Italia. Obiettivo, sostenere da lì la famiglia che ha lasciato in Africa. Dame ha 28 anni quando arriva dal cugino a Torino. Ma ci resta poco, perché quasi subito raggiunge uno zio in Abruzzo, a Pescara. E comincia a lavorare. Impieghi saltuari ma regolari, in campagna, dove capita.
È questa regolarità la garanzia del suo soggiorno in Italia senza mai un problema. Finché non finisce male, è una bella storia quella di Dame Faye. Dopo di lui, in Abruzzo arrivano anche i fratelli Omar e Babacar. Stesso padre, madri diverse, i tre sono legatissimi. Prendono casa insieme a Montesilvano, a un passo da Pescara e da lì si muovono per fare quello che hanno promesso al padre. Aiutare la famiglia. Non si risparmiano. Se non è la campagna, è il lavoro estivo in qualche stabilimento balneare o qualsiasi altra cosa onesta ci sia da fare. Nei tempi morti, quando proprio non ce n’è, Dame va nei mercati, a vendere la roba che si procura tra i suoi connazionali. In verità succede un paio di volte, e l’ultima si rivela provvidenziale.
Una fortuna, in quel momento. Era il 2011. A Cepagatti, un paese dell’hinterland pescarese, Dame arriva in autobus una domenica mattina. In giro tra le bancarelle del mercato, con la sua merce, viene individuato quasi subito dalla polizia municipale che lo manda via. Dame, che non è abituato a quella vita, se ne torna mogio alla fermata dell’autobus in attesa del pullman che lo riporti a Montesilvano. Ed è proprio lì, mentre ha il morale sotto ai piedi, che la sua faccia affidabile e il suo fisico forte vengono notati dal direttore di allora dell’hotel Rigopiano di passaggio a Cepagatti. «Vuoi venire a lavorare in hotel?» si sente chiedere, dopo un breve scambio di battute. Dame accetta subito, anche se non ci crede, pensa a uno scherzo, come racconta al fratello Omar quando poi torna a casa. Non ci crede neanche quando l’altro gli chiede l’indirizzo e gli anticipa che di lì a due giorni sarebbero andati a prenderlo a Montesilvano per portarlo a fare qualche giorno di prova in hotel. Ma succede davvero, nell’incredulità di Dame che mentre carica i bagagli e sale in macchina, guarda sbigottito Omar. Altro che scherzo. Sembra una favola.
Non ha fatto in tempo a conoscere suo figlio, ma si è comportato da padre fino all’ultimo. Dame Faye stava contando i giorni per tornare in Senegal, da quel bambino concepito l’ultima volta che era stato a casa – a febbraio dell’anno prima – e per riabbracciare la moglie Awa Kene e la figlia Kodou che in quattro anni aveva visto solo due volte.
Stava contando i giorni, perché a marzo sarebbe finalmente tornato da loro. Niente più neve, niente più freddo, niente più inverno. Dopo tutti quei mesi a Rigopiano, tuttofare dell’hotel, Dame stava per partire. Eppure già a gennaio, il 13, quando il fratello Babacar parte per l’Africa, Dame manda alla moglie e ai figli tutto quello che può. Quattromila euro. I suoi risparmi. E ancora, un telefonino nuovo per lei, uno per il cognato e un altro per un amico. A Babacar dà anche 50 euro per pagare la connessione Internet, l’unico filo che consente a Dame di restare in contatto con tutti loro. I vestiti per i figli e gli altri risparmi, Dame li aveva già mandati a no- vembre tramite Omar, l’altro fratello che con Babacar abita a Montesilvano, dove lui va nei suoi giorni di riposo. Lavorava e mandava a casa. Era questa la sua vita, anche se gli piaceva da matti giocare a pallone. Quel ragazzone alto e robusto era stato fortissimo a centrocampo. Ma erano anni, ormai, che Dame era diventato un uomo. Anni in cui viveva riempiendo di lavoro e sacrifici le stagioni che separavano le sue partenze dai ritorni. In Europa ce l’aveva mandato 14 anni prima il padre Saer. Un contadino, tre mogli e nove figli, che nel villaggio tra le campagne di Louga, a duecento chilometri da Dakar, coltiva fagioli, mais e arachidi da vendere al mercato.
Troppo poco, per mantenere tutti. C’è da andare via, fuori. Come avevano già fatto altri parenti. Il primo a partire di quei nove figli è proprio Dame. L’aiuta il padre, che riesce a mettere insieme gran parte dei soldi per il biglietto aereo. Destinazione Italia. Obiettivo, sostenere da lì la famiglia che ha lasciato in Africa. Dame ha 28 anni quando arriva dal cugino a Torino. Ma ci resta poco, perché quasi subito raggiunge uno zio in Abruzzo, a Pescara. E comincia a lavorare. Impieghi saltuari ma regolari, in campagna, dove capita.
È questa regolarità la garanzia del suo soggiorno in Italia senza mai un problema. Finché non finisce male, è una bella storia quella di Dame Faye. Dopo di lui, in Abruzzo arrivano anche i fratelli Omar e Babacar. Stesso padre, madri diverse, i tre sono legatissimi. Prendono casa insieme a Montesilvano, a un passo da Pescara e da lì si muovono per fare quello che hanno promesso al padre. Aiutare la famiglia. Non si risparmiano. Se non è la campagna, è il lavoro estivo in qualche stabilimento balneare o qualsiasi altra cosa onesta ci sia da fare. Nei tempi morti, quando proprio non ce n’è, Dame va nei mercati, a vendere la roba che si procura tra i suoi connazionali. In verità succede un paio di volte, e l’ultima si rivela provvidenziale.
Una fortuna, in quel momento. Era il 2011. A Cepagatti, un paese dell’hinterland pescarese, Dame arriva in autobus una domenica mattina. In giro tra le bancarelle del mercato, con la sua merce, viene individuato quasi subito dalla polizia municipale che lo manda via. Dame, che non è abituato a quella vita, se ne torna mogio alla fermata dell’autobus in attesa del pullman che lo riporti a Montesilvano. Ed è proprio lì, mentre ha il morale sotto ai piedi, che la sua faccia affidabile e il suo fisico forte vengono notati dal direttore di allora dell’hotel Rigopiano di passaggio a Cepagatti. «Vuoi venire a lavorare in hotel?» si sente chiedere, dopo un breve scambio di battute. Dame accetta subito, anche se non ci crede, pensa a uno scherzo, come racconta al fratello Omar quando poi torna a casa. Non ci crede neanche quando l’altro gli chiede l’indirizzo e gli anticipa che di lì a due giorni sarebbero andati a prenderlo a Montesilvano per portarlo a fare qualche giorno di prova in hotel. Ma succede davvero, nell’incredulità di Dame che mentre carica i bagagli e sale in macchina, guarda sbigottito Omar. Altro che scherzo. Sembra una favola.