L'INTERVISTA / MACCIO CAPATONDA
«La noia di Chieti è stata il motore della mia fantasia»
Alla sua città il regista e attore dedica un capitolo del suo esordio letterario che ha chiamato “Libro”
CHIETI. È uscito il 24 novembre con Mondadori e in un mese e mezzo ha venduto 40mila copie. Sono i numeri di “Libro”, s’intitola proprio così, esordio letterario del dissacrante autore-attore comico di cinema e tv Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, abruzzese nato a Vasto e vissuto a Chieti, classe 1978 e una sterminata produzione audiovisiva alle spalle con una galleria infinita di assurdi ed esilaranti personaggi.
Nel segno di una satira sociale e mediatica spietata, ammantata di trash surreale, citazionista, divertentissimo. Il successo della singolare autobiografia “Libro” quasi non se lo aspettava Marcello/Maccio. «“Libro” sta andando molto bene, un successo anche per Mondadori. Sono molto contento. L’ho anche spinto molto sui miei social». Dove ha quasi due milioni di followers tra Fb, Instagram, YouTube.
Lei è laureato in Tecniche pubblicitarie e a Milano ha lungamente lavorato in pubblicità. Ha affiancato la casa editrice nella promozione?
Mondadori ha fatto tutta la promozione classica. Io ho inventato la campagna social, con dei video e in particolare una challenge su Instagram, dove mostravo in un video altri possibili utilizzi del mio libro, come tagliere, schiacciazanzare, cappello, invitando a suggerire altri usi. La sfida ha preso piede e mi sono arrivati tantissimi video che ho ripubblicato.
Perché il titolo “Libro”?
Si tratta di una scelta che va d’accordo col mio stile ipercreativo e che, proprio per questo, è sfociata nell’estrema letteralità. Cercavo un titolo originale e invece spesso l’originalità risiede nelle cose semplici e didascaliche. Inoltre, volevo far capire che quell’oggetto è un libro, il suo titolo è un segnale stradale. Il mio pubblico è abituato a ricevere passivamente i miei prodotti video, stavolta deve fare uno sforzo attivo e leggere.
Un capitolo è su Chieti, la città in cui è cresciuto.
La descrivo come una città molto tranquilla che mi ha fatto annoiare tantissimo da piccolo. E si sa che la noia è uno dei motori della fantasia. Avevo voglia di far accadere a Chieti quello che lì non accadeva e che invece vedevo nei film. Con uno dei miei primi video, “Jason a Chieti”, ispirato alla saga “Venerdì 13”, esprimevo la fantasia di trasformare Chieti in una città del cinema horror.
Quando ha capito che voleva esprimersi con le immagini?
Fin da quando ho visto “Ritorno al futuro”. Avevo 7 anni e ho detto: voglio fare questo lavoro da grande. Ho assillato i miei genitori finché due anni dopo mi hanno regalato la prima telecamera, con cui iniziai subito a fare video.
E come scrittore quali autori l’hanno influenzata. Cosa ama leggere?
Un po’ di tutto, i classici, Dostoevskij, Turgenev, Puskin, Gogol, mi piacciono i russi, non so perché. Uno in particolare, Daniil Charms, autore negli anni Trenta di “Casi”, mi ha sicuramente influenzato nella scrittura di “Libro” con la sua verve comica e lo stile surreale e demenziale. Apprezzo molto Alessandro Gori (Lo Sgargabonzi, ndr), mio amico, autore surreale e comico di “Jocelyn uccide ancora”. Mia madre mi faceva leggere Wodehouse e Campanile, tra i miei ispiratori nella scrittura insieme a Queneau e Calvino.
In “Libro” c’è anche Elisabetta Canalis.
Un capitolo è dedicato a lei e alla breve storia che abbiamo avuto nel 2013. Tutto è trattato in modo comico e surreale. Gliel’ho inviato in America, non so se le è arrivato e se lo ha letto, non l’ho sentita.
Dalla letteratura tornerà al cinema, per un nuovo film dopo “Italiano medio” e “Omicidio all’italiana”?
Stavo scrivendo il terzo film quando è scoppiata la pandemia e mi sono un po’ arenato. Durante il lockdown ho scritto il libro. Poi ho ripreso e ora sto ultimando la sceneggiatura. Gireremo in estate. Il film racconta uno storia distopica alla “Black Mirror” in stile comico, ma sarà anche commedia romantica.
A proposito di serie tv, ne ha fatto la parodia nel 2017 con “The Generi”, da leggere “Degeneri”, in cui al di là della risata rifletteva su isolamento e passività emotiva davanti alla tv. Dopo essere stati costretti in casa e l’indigestione da piccolo schermo saremo ancora capaci di emozionarci al cinema, a teatro, a un concerto, al museo?
Penso di sì. La pandemia che ci ha recluso obbligatoriamente ci ha fatto anche capire il valore di ciò di cui ci ha privato. Aumenta il valore di alcune cose, compresa la tecnologia. Per esempio, grazie a Zoom e Meet riusciamo a lavorare. Il mondo tecnologico contiene anche il mondo fisico, mentre non è vero il contrario. Siamo noi a poter decidere cosa fare.
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