Luciano Odorisio a “Storie” «Volevo restare bambino e così ho fatto il regista» 

Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, a 80 anni si racconta «Qualcuno non voleva il mio “Sciopen”, poi è stato un successo»

«Ho fatto il regista perché non volevo crescere, volevo restare bambino». Luciano Odorisio ha 80 anni, quasi tutti dedicati allo spettacolo: è un regista, uno sceneggiatore e adesso anche uno scrittore. Quando era un bambino, passava i pomeriggi tra il Teatro Marrucino, il Supercinema e il cinema Enal, tutto stretto in un fazzoletto del centro storico di Chieti, una corsa da una parte all’altra: «Sento ancora il profumo delle sale», racconta Odorisio che, nel 1982, ha vinto un Leone d’oro al Festival del cinema di Venezia con il film “Sciopen”. È proprio Odorisio l’ospite di un’altra puntata di “Storie - Le Emozioni della Vita”, il programma di Rete8 in collaborazione con il Centro che va in onda questa sera alle ore 21 per la regia di Antonio D’Ottavio.
«I miei parenti avevano in gestione due cinema, il Supercinema e il cinema Enal, io entravo e uscivo come se fosse casa mia», ricorda Odorisio, «ma il meglio era il teatro: quando stava per cominciare un’opera, scendeva il silenzio, magari qualcuno tossiva e io sentivo una specie di vento come se si aprisse una finestra sul mondo della finzione, una finzione magica che mi entusiasmava». La necessità di essere un protagonista del mondo dello spettacolo l’ha provata per la prima volta al Marrucino: «Andavo dietro le quinte a spiare. Mi affascinava il buttafuori, quello che chiama gli attori e li fa entrare in scena. Pensavo che fosse lui il regista, poi ho capito che il regista faceva altro. Quindi, siccome avevo paura di crescere e quel mondo mi permetteva di restare bambino e di continuare a sognare, ho deciso di fare il regista. Poi, pian piano le cose sono accadute: io gli ho dato una grossa mano con il mio impegno e la mia passione, il resto è stato anche un po’ il caso».
Da Chieti a Roma inseguendo il sogno del cinema: all’inizio Odorisio si è fatto le ossa come aiuto-regista, poi nel 1980 la svolta con “Educatore autorizzato” che gli è valso il Premio Rizzoli come Migliore Opera Prima; nel 1982 ha girato a Chieti il suo capolavoro, “Sciopèn”, prodotto dalla Rai, con Michele Placido e Giuliana De Sio al debutto: una commedia sulla vita in una città di provincia in cui dominano malelingue e pettegolezzi e che gli ha portato anche il Leone d’oro al Festival di Venezia per la migliore “Opera Prima e Seconda”. La camminata, dal suo posto in sala, fino a raggiungere il palco con Mariangela Melato per la premiazione resta ancora impressa nella testa come se quarant’anni non fossero passati. E pensare che “Sciopen” qualcuno non lo voleva: «Quando ho fatto leggere la sceneggiatura, il primo mi ha detto no e il secondo mi ha detto di cambiare lavoro. Ma io sono andato avanti».
In una carriera lunga quarant’anni, Odorisio ha lavorato con Ugo Tognazzi, Sergio Castellitto, Stefania Sandrelli, Franco Nero, Alessandro Gassman, Claudia Gerini e Lando Buzzanca. «Tognazzi un grande, Buzzanca un talentaccio, Franco Nero un bell’attore».
Ha lavorato per la Rai e Mediaset: «Oggi? Sono innamorato delle serie, ho visto “Suburra” e “Gomorra” e mi sono piaciute, ma mi piacciono di più quelle americane».
Tra i premi vinti, c’è anche l’Ordine della Minerva, la più prestigiosa onorificienza dell’università d’Annunzio. L’ultima folgorazione è la scrittura: dopo l'esordio con “Non invecchieremo mai”, è uscito “La moglie del capitano” (edito da IlViandante): «È un libro in cui si può rivedere se stessi».