Nenni: Troilo, quell’abruzzese che rifiutò un posto alla Camera
Nell’ultimo volume dei diari del leader socialista il ricordo del comandante della Brigata Maiella che si dimise da prefetto di Milano per senso dello Stato
di Nicola Mattoscio *
È stato pubblicato a cura di Paolo Franchi e Maria Vittoria Tomassi, "Pietro Nenni. Socialista, libertario, giacobino", raccolta dei Diari inediti dal 1973 al 1979, uscita per la Casa editrice Marsilio (511 pagine, 25 euro).
Sei anni di appunti, commenti e riflessioni per capire l'ultimo Nenni, il Patriarca del Socialismo italiano del secondo Novecento, uno dei Padri della Repubblica, che «dal suo inverno» - come scrive il curatore Franchi nell'ottima introduzione - non smette di interrogarsi e dare risposte su un presente che sente appartenergli sempre di meno. Protagonista quasi per l'intero intervallo 1914-1991 assunto da Eric Hobsbawm per definire il "Secolo Breve", Nenni aveva vissuto lunghi anni di battaglia libertaria e antifascista. Passato dalle fila del repubblicanesimo al socialismo, era stato accanto a uomini come Malatesta, Mussolini e Menotti Serrati per poi divenire il direttore del L'Avanti, nonché il principale artefice della Concentrazione antifascista all'estero con Turati, Treves, Buozzi e Rosselli. Era stato inoltre combattente nella Guerra di Spagna e artefice del patto di Unità d'azione con i comunisti. Aveva preso parte alla Resistenza ed era stato un'incrollabile alfiere della Repubblica.
Cosa possono dunque dirci gli scritti degli anni '70, fase finale di una così lunga vicenda personale e politica che si concluderà con la sua morte nel 1980, in cui aveva vissuto anche l'apice della sua candidatura alla Presidenza della Repubblica?
Innanzitutto ci dicono di un uomo che a 85 anni, nel 1976, ha la capacità e il coraggio di restare sulla breccia: la determinazione per portare alla segreteria del partito, di cui assumerà la presidenza, il "giovane" Craxi. Ci dicono ancora dell'interesse instancabile per il procedere del socialismo in Italia e in campo internazionale, anche attraverso un'infinità di relazioni pubbliche e private che egli seppe tenere in vita con l'umanità e la sagacia che lo contraddistinguevano, riallacciando in un filo ininterrotto passato e presente della storia contemporanea, con particolare riferimento a quella italiana.
Tra i molti nomi che si scorgono nei suoi diari, spicca quello di Ettore Troilo. Nenni ne ricorda la figura aprendo i lavori del Comitato Centrale del partito, il 5 giugno del '74, giorno della scomparsa dell'eroico partigiano così originale nel panorama del movimento di liberazione nazionale ed europeo.
«Questo nome mi era assai caro», scrive Nenni. «Abruzzese, aveva organizzato nel '43 i primi nuclei partigiani del Sud che combattevano sulle impervie montagne della Maiella ma il suo nome è rimasto particolarmente legato all'episodio della destituzione da prefetto di Milano nel novembre del 1947».
La destituzione era stata decisa da Scelba, allora ministro dell'Interno. A tale scelta Milano si ribellò, la prefettura venne occupata dai partigiani e il provvedimento dovette essere sospeso. Ma Troilo non volle spargimenti di sangue ed optò per le dimissioni, come via d'uscita.
Certamente Troilo si era dimostrato un autentico uomo di Stato, prima nella sua . lungimirante visione patriottica della lotta di liberazione e poi nel suo pur breve ruolo istituzionale. Naturalmente uomo di Stato Nenni lo fu in modo più compiuto ed eloquente. Dagli anni '60 assaporò l'evento di portata storica dell'ingresso dei socialisti al governo (non era mai successo a parte la partecipazione ai governi unitari del periodo della Liberazione e dell'immediato dopoguerra).
Egli assunse la carica di vicepresidente nei governi "organici" di Moro (Gli esecutivi I, II, III). Seppe evitare, durante la crisi del luglio del '64, la fosca prospettiva autoritaria di fronte al pericolo reale rappresentato dal "piano Solo" del generale De Lorenzo, rimanendo coraggiosamente al suo posto per rafforzare il presidio delle istituzioni e la vigilanza democratica nel dichiarato impegno antigolpista. Fu allora «prigioniero per salvare la democrazia», ha scritto di lui Tamburano.
L'estremo rispetto delle istituzioni e la comune «irriducibilità» socialista rendono stringente il legame tra i due personaggi Nenni e Troilo, che si apprezza appieno anche tra le pagine del libro, corredate da una cronologia che aiuta a districarsi nella folta ricchezza di uomini, date e fatti.
Ettore Troilo, che poco convintamente aveva aderito alla proposta della direzione del Fronte Popolare di candidarsi nel 1948 come indipendente, per intima coerenza non poté ammettere di essere eletto in sostituzione di un eventuale dimissionario comunista nel collegio di Pavia, rifiutando così un meritato posto in Parlamento.
«Non volle ricompense, non volle sinecure - continua il ricordo di Nenni degli anni '70 - e dopo di allora visse una vita tribolata, ma onesta ed onorata». «Mi era molto amico e ricambiavo con affetto», chiude Nenni con sentimento.
Entrambi socialisti alla vecchia maniera, in due modi diversi, il "Prefetto Troilo" e il "Tribuno Nenni" contribuirono significativamente ciascuno a suo modo a salvaguardare il destino della giovane democrazia repubblicana conquistata dalla Guerra Partigiana che li aveva visti importanti protagonisti, almeno in due passaggi decisivi della sua ancora breve storia.
* Presidente
della Fondazione
Brigata Maiella