Tuba nera, dischi, fotografie: una mostra a Roma racconta Rino Gaetano artista ribelle
ROMA. La tuba nera – regalo di Renato Zero – e la giacca di pelle esibiti al Festival di Sanremo del 1978, i maglioni colorati sfoggiati nelle interviste, l’accappatoio indossato sfrontatamente al...
ROMA. La tuba nera – regalo di Renato Zero – e la giacca di pelle esibiti al Festival di Sanremo del 1978, i maglioni colorati sfoggiati nelle interviste, l’accappatoio indossato sfrontatamente al Festivalbar78 all’Arena di Verona, ma anche gli oggetti personali come il passaporto, le sue macchine fotografiche, la collezione di dischi, le foto e le cartoline di famiglia, i testi dattilografati delle sue canzoni usate in teatro, come colonne sonore di film, trasformate in fiction, compilation, street art e festival. Inaugurata a Roma in questi giorni per restare aperta fino al 28 aprile, la mostra “Rino Gaetano”, la prima dedicata al cantautore, morto a soli 30 anni nel 1981, lasciando però un’eredità artistica che continua ad essere unica e contemporanea. Al Museo in Trastevere, non lontano dal Folkstudio, dove mosse i primi passi da musicista, fucina dei grandi artisti che verranno come Antonello Venditti e Francesco De Gregori. Calabrese di nascita, ma romano d’adozione, l’artista viene celebrato con un viaggio che ripercorre la sua formazione e gli aspetti più privati, attraverso «tante rarità» gelosamente conservate e concesse per l’occasione dalla sorella Anna: documenti, foto, cimeli artistici, dischi, video, strumenti musicali, oggetti, abiti di scena, manifesti e la collezione di cappelli che mettono in relazione la sua voglia di leggerezza con la sua capacità di affrontare temi impegnati, senza nascondersi: arroganza del potere, diritti, ambiente, emancipazione della donna. La denuncia sociale di quell’Italia anni Settanta, alla ricerca di una identità celata dietro l’ironia delle sue beffarde filastrocche, che (ri)vivono ancora oggi. Ironico, dissacrante, antesignano, poeta contemporaneo, con “Gianna” pronunciò per la prima volta nella storia del Festival di Sanremo la parola «sesso». Ambasciatori della mostra, Riccardo Cocciante (che con Gaetano incise il QConcert nel 1981, che conteneva “A mano a mano” di Cocciante eseguita da Rino Gaetano, “Aida” di Gaetano cantata da Cocciante e “Ancora insieme”, cantato da entrambi con Giovanni Tommaso dei New Perigeo) e Giusy Ferreri.
«Rino deve essere definito come artista, perché l’artista è colui che non sceglie quello che fa ma è scelto dalla vita per fare qualcosa», racconta Cocciante. «Rino doveva fare il cantautore. Insieme eravamo due personaggi all’opposto, ma ci univa la difficoltà di vivere. Eravamo visti male negli anni Settanta, capelloni e aggressivi nella nostra proposta. Ma un artista deve essere aggressivo, altrimenti non esiste». «Ha lasciato non solo a me, ma a un vastissimo pubblico il racconto di un vero cantautore che si è saputo porre con assoluta verità e con l’ironia che lo ha sempre contraddistinto». aggiunge Giusy Ferreri. «Mi è sempre piaciuto il suo modo di descrivere il mondo che lo circondava. Aveva predetto che la sua musica sarebbe arrivata ai giorni nostri, alle future generazioni. Aveva ragione». La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a cura di Alessandro Nicosia e Alessandro Gaetano, nipote del cantautore, è organizzata e realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura.
«Rino deve essere definito come artista, perché l’artista è colui che non sceglie quello che fa ma è scelto dalla vita per fare qualcosa», racconta Cocciante. «Rino doveva fare il cantautore. Insieme eravamo due personaggi all’opposto, ma ci univa la difficoltà di vivere. Eravamo visti male negli anni Settanta, capelloni e aggressivi nella nostra proposta. Ma un artista deve essere aggressivo, altrimenti non esiste». «Ha lasciato non solo a me, ma a un vastissimo pubblico il racconto di un vero cantautore che si è saputo porre con assoluta verità e con l’ironia che lo ha sempre contraddistinto». aggiunge Giusy Ferreri. «Mi è sempre piaciuto il suo modo di descrivere il mondo che lo circondava. Aveva predetto che la sua musica sarebbe arrivata ai giorni nostri, alle future generazioni. Aveva ragione». La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a cura di Alessandro Nicosia e Alessandro Gaetano, nipote del cantautore, è organizzata e realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare, con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura.