Zia Mara: «Devo tanto a Domenica in e ora  darò voce a chi soffre» 

Da domani su Rai1 la sua 14ª edizione, una in più di Baudo «Voglio osare ancora e occuparmi anche di fatti di cronaca»

«Non devo più dimostrare niente a nessuno, solo a me stessa. Ecco perché quest'anno ho deciso di rischiare, dedicandomi ai più deboli, a chi soffre. Non mi importa se perdo qualche punto negli ascolti: lo voglio fare e continuerò a farlo». Accogliente, sempre pronta a regalare un sorriso e a tendere una mano, come una vicina di casa particolarmente simpatica o, appunto, come una zia, la zia di tutti gli italiani, come lei stessa si definisce, Mara Venier torna su Rai1 al timone di Domenica In, a partire da domani, con una edizione – la 14ª che conduce, una in più di quelle guidate da Pippo Baudo – in cui la cronaca entrerà prepotentemente.
In apertura della prima puntata subito il doveroso omaggio alla Regina Elisabetta: «Avevo una profonda ammirazione, di lei mi rimane il sorriso. Lo stesso che aveva anche nell’ultima fotografia, quando ha incontrato la premier Truss», racconta la conduttrice presentando insieme a Simona Sala, direttrice Intrattenimento Day Time, la nuova edizione del programma direttamente dagli studi Rai Fabrizio Frizzi, da dove andrà in onda. «Sono preoccupata, emozionata e sento la responsabilità, ma nello stesso tempo arrivata a questo punto credo di dover essere più serena. Ora posso osare e occuparmi anche di fatti di cronaca», afferma la conduttrice, che nel 2023 festeggerà i 30 anni dalla sua prima Domenica In. Sempre nella prima puntata, proprio tenendo fede all'obiettivo di raccontare la realtà anche quando è difficile, ospiterà la sorella di Alessandra Matteuzzi, uccisa dall’ex compagno a Bologna nell’agosto scorso: «È una storia che mi ha particolarmente colpito», dice. «Non è facile portare davanti alle telecamere chi ha un dolore così forte». Ma poi come sempre non mancherà la leggerezza, le grandi interviste one to one («anche quest'anno inizio con Loretta Goggi», anticipa, «È una questione scaramantica. Poi arriverà Alberto Matano e ci intervisterà entrambe, insieme»), la cucina e ovviamente la musica, con l'orchestra in studio ma anche con una sigla per la prima volta composta per il programma, dal titolo “Un giorno eccezionale”, scritta e interpretata dai musicisti Andrea Sannino e Franco Ricciardi.
Dopo il successo della scorsa stagione, non cambiano dunque le caratteristiche principali di Domenica In, uno show-contenitore popolare, leggero senza cadere nella superficialità, ma soprattutto interamente costruito attorno a Mara Venier, ai suoi slanci, alle sue emozioni. «Solo una pazza come me può dedicare 14 anni della vita a questo programma a cui non so dire di no, e che mi ha dato tutto, in primo luogo l’affetto del pubblico. Con la pandemia ho acquisito una credibilità che prima non avevo», osserva, ricordando i giorni bui in cui il virus mieteva tante vittime. «Ero impaurita, ho affrontato temi difficili. Ho un marito con una patologia polmonare e avevo paura per lui, per questo volevo fermarmi. Poi ho deciso di tornare. Ma sono felice quando la gente mi dice grazie per la compagnia fatta proprio durante pandemia».
Cosa è cambiato da quella prima Domenica In di 30 anni fa? «È cambiato tutto, è cambiata l’Italia. Ma anche quella formula, con un programma pieno di cose, fatto da tante persone che erano come una famiglia e con cui ho condiviso tutto, oggi non funzionerebbe», prosegue, «adesso Domenica In è tutta concentrata su di me. È una grande fatica: per 3 ore e mezzo non mollo un attimo. Stravolgo tutto in diretta, vivo emozionalmente il programma, non so mai esattamente quello che succede. Con gli ospiti si crea una speciale empatia: m’innamoro di chi ho davanti. Non ho domande scritte, ascolto le risposte e mi preparo il sabato sera. Ma devo essere lasciata libera. Il segreto del mio entusiasmo sono i dolori che ho avuto, questo mi ha portato ad amare quelche faccio. Essere la zia degli italiani è bellissimo: ricevo tante manifestazioni d’amore e spesso mi commuovo, sarà l'età», sorride, «sono quella che sono nel bene e nel male, non sono capace di mediare e posso risultare scomoda perché sono sempre chiara». E conclude: «Questa estate sono stata 3 settimane a Santo Domingo. Mi chiedevo perché lavoro così tanto. La risposta è una: amo il mio lavoro. Dico sempre che lascio, ma ormai non mi crede più nessuno. So che ho l’età della pensione, ma fino a che il pubblico mi segue ci sarò. A 70 anni ancora c’è vita».