A rischio il cinghiale dalmata, gli allevatori: "Va ucciso"

La richiesta dell'associazione allevatori: ibridi simili sono dannosi

MAGLIANO. Il secondo avvistamento dello strano cinghiale dalmata, scoperto a settembre dalla Forestale tra le campagne ai piedi del Velino, ha scatenato polemiche e spaccato l'opinione pubblica sull'eventualità di abbattimento a causa del proliferare di esemplari ibridi che contaminano la specie. A chiederne l'uccisione è stato il Cospa Abruzzo (Comitato spontaneo allevatori).

IL SONDAGGIO È giusto abbaterlo?
LE FOTO Ecco il cinghiale a pois

Il cinghiale, al di là delle posizioni contrastanti sulle sue sorti, sembra avere comunque le ore contate visto che domani si aprirà la caccia e, a quanto pare, il singolare esemplare a pois, bianco con macchie nere, attira in modo particolare l'interesse e la curiosità dei cacciatori più incalliti.

Ma a chiedere ufficialmente l'abbattimento dell'ibrido, con una lettera indirizzata all'assessorato provinciale all'Agricoltura, a quello all'Ambiente della Provincia dell'Aquila, alla polizia provinciale e al Corpo forestale dello Stato è stato il Cospa Abruzzo guidato da Dino Rossi.

«Questo esemplare, insieme a tutti gli ibridi», spiega l'allevatore, «è un vero e proprio attentato all'economia agricola. Invece di fotografarlo», afferma Rossi, «sarebbe opportuno abbatterlo facendo intervenire gli organi preposti, come la Polizia provinciale. Invece l'animale continua indisturbato a fecondare e ad allattare la prole, causando quella proliferazione che tutti contestano e che danneggia pesantemente l'economia del territorio».

Sarebbero infatti proprio i cinghiali ibridi, come il famoso esemplare con le macchie nere sul corpo, la causa del proliferare incontrollato di cinghiali sul territorio marsicano e abruzzese.

Una situazione che rende necessario ogni anno diverse campagne di abbattimento controllato.

Sembra che gli ibridi siano divenuti «poliestri», cioè partoriscono due volte all'anno con una media di dieci cuccioli, invece di una sola volta con tre cuccioli come nella normalità. L'affollamento di cinghiali ha provocato negli ultimi anni un aumento esponenziale dei danni alle colture.

«Sono anni che noi allevatori e agricoltori abruzzesi», sostiene Rossi, «sfamiamo gli animali delle zone protette, Parchi e Riserve naturali, con i nostri raccolti e i nostri vitelli. Molte volte i danni vengono rimborsati controvoglia. Basti pensare che dei soldi dei raccolti del 2008 è stato consegnato solo l'acconto del trenta per cento. Noi del Cospa», conclude Rossi, «speravamo che la scoperta di questo esemplare avesse fatto scattare un monitoraggio nei territori delle aree protette, al fine di fare un corretto censimento sugli animali ibridati, per potenziarne quindi l'abbattimento e sviluppare azioni anche con caccia selettiva ai canilupo inselvatichiti oltre che ai cinghiali ibridi in modo da garantire la specie e salvaguardare gli allevatori e gli agricoltori rimasti a competere con la crisi».

Intanto il dibattito tra oppositori e sostenitori dell'abbattimento del cinghiale dilaga sul web. Oltre a un sondaggio su ilcentro.it, si moltiplicano le posizioni sulla pagina Facebook del quotidiano dell'Abruzzo. Mentre da un lato i cacciatori e gli allevatori protestano perché non è stato abbattuto prima, visto l'impatto che hanno tali esemplari sull'agricoltura e sulla specie, per molte persone, al contrario, il cinghiale a pois è divenuto un simbolo da difendere, un'icona contro caccia e cacciatori. (p.g.)

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