Abdula Duli, gli stranieri aiutano a mantenere pulito 

Romoli, uno degli assegnatari: quest’area con tanto verde potrebbe diventare un bellissimo parco per l’intera città, un quartiere residenziale se tenuto bene

L’AQUILA. È mattina piena, ma nel vederlo a spasso col suo cane, tra le due diramazioni di via Fulvio Muzi, l'assessore Vittorio Fabrizi appare più un personaggio da Sunday afternoon, per dirla con gli usi costumi inglesi, che riservano alla domenica pomeriggio il tempo e lo spazio per una passeggiata nel parco, magari con nelle cuffie musica di ambiente: esiste proprio uno stile adatto per questo momento della settimana. «Non abito nella new town, ma ho la casa qui vicino. Però qui mi piace portare a spasso lui», afferma con gli occhi fissi su collare e guinzaglietto. E l’assessore non è certo l’unico a utilizzare l'area verde al centro delle piastre antisismiche come un vero e proprio parco.
Del resto, l'area di Sant'Antonio è perfettamente incastonata tra alcune delle vie principali della città, sedi di scuole, aziende e uffici. «Quanto sarebbe bello», valuta Salvatore Romoli, «fare di quest'area un vero e proprio complesso residenziale, sfruttando anche queste aree verdi. Si potrebbe anche concepire un parco per i cani, così come esiste in altre città».
AREE-GIOCO. Un ragionamento che deve tener conto anche delle due aree-gioco esistenti. Le promesse di realizzazione di una tensostruttura per i giovani e giovanissimi sono rimaste legate alle varie campagne elettorali, che si sono alternate in questi dieci anni. Il campo di basket era stato realizzato con buon materiale, ma i segni del tempo si fanno sentire: pavimentazione a tratti mancanti e reti divelte. I residenti hanno provato a riunirsi e fare il punto sulle spese da sostenere per mettere a posto il terreno di gioco, ma bisogna sottoporre il preventivo alle aziende che si fanno carico della manutenzione. Per l'area dedicata ai più piccoli, con scivoli e altalene, alcuni abitanti hanno fatto da soli: zappa, rastrello e olio di gomito.
L’INTEGRAZIONE. «L'unica ad aiutarci», sottolinea Romoli, «è una signora dell'Est Europa che ci ha visto lavorare ed è intervenuta, coinvolgendo anche i suoi tre figli. Se aspettavamo gli interventi esterni eravamo freschi». L'integrazione passa anche attraverso queste piccole cose. Sono diverse le famiglie straniere che abitano nella zona, tra queste anche quella di Abdula Salihi, per tutti Duli. Il suo carisma lo ha portato a fondare e coordinare l’Associazione culturale Riljindia, un punto di riferimento in questo quartiere, ma anche un po’ in tutta la città, per le famiglie provenienti da quell’area geografica, quasi tutte di etnia albanese e in gran parte di religione musulmana. L’associazione, attraverso le sue attività, costituisce una forma di riparo dai pregiudizi culturali, specie in un momento in cui basta una voce non controllata in merito alla possibilità che i quartieri del Progetto Case possano ospitare i migranti.(fab.i.)
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