CELANO
Addio a don Claudio con le bandiere a mezz'asta
L'ultimo saluto allo storico parroco. Il ricordo del pianista Carusi: «Come un padre»
CELANO. Toccante addio di Celano a don Claudio Ranieri. I funerali dello storico parroco della città scomparso venerdì sera a 86 anni dopo una lunga malattia si sono svolti nel pomeriggio con la partecipazione di diversi sacerdoti della Marsica. Il sindaco Settimio Santilli ha proclamato il lutto cittadino fino alla fine delle esequie. Bandiere a mezz’asta e listate a lutto negli edifici pubblici, sospensione delle attività ludiche e stop alle manifestazioni pubbliche.
Persona mite, uomo di Chiesa e di cultura, è ricordato da tutti per l’impegno profuso a favore di Celano. Tanti i messaggi di cordoglio. «Il nostro amato don Claudio Ranieri è tornato alla casa del Padre», le parole di don Ilvio Giandomenico, attuale parroco della chiesa di San Giovanni, «è stato un onore per me accompagnarlo negli ultimi istanti della sua vita. Era il primo venerdì del mese, dedicato al Sacro Cuore, titolare della sua prima parrocchia. Ci stringiamo ai familiari nella preghiera e nella gratitudine al Signore».
«Don Claudio ha segnato per oltre 50 anni indelebilmente la storia di Celano», ha affermato il primo cittadino, «è stato un punto di riferimento per la nostra comunità. Ricordo quando con lui ho indossato le vesti di chierichetto come tanti miei coetanei, come anche la sua catechesi nel cappellone della chiesa di San Giovanni al termine della quale ci faceva giocare dentro a calcio con il pallone di spugna».
Toccante anche il ricordo del pianista di fama mondiale Nazzareno Carusi: "Don Claudio. Non altro nome, tra i celanesi, indicava chi di noi c’era per tutti. E c’era sempre. Chiediamo a Don Claudio, ci dicevamo tra ragazzi che avevano imparato a conoscere da tempo quel giovane sacerdote arrivato alla parrocchia madre di San Giovanni da quella, di periferia e difficile, del Sacro Cuore. Promosso sul campo dal vescovo Biagio Terrinoni, intorno ai quarant’anni, per succedere a Don Domenico, monsignor Domenico Polla, parroco dall’immediato dopoguerra e, col fratello don Alipio, ultimo meraviglioso prete d’una chiesa ancora all’Ottocento. Alla messa d’insediamento, quarantatré anni fa, ero presente anch’io, arrampicato sulla colonna a destra dell’altare, e la ricordo come fosse ieri. Da allora, finché ho potuto, ogni sabato e domenica ero lì a preparare il coro e suonare l’organo, meglio che si potesse perché la musica, per Don Claudio, era un amore radicale che abbracciava i brani liturgici e le grandi opere soprattutto per il pianoforte, il suo strumento amato. Sentirlo suonare la Ballata in Sol minore di Chopin su un verticalino color dell’ocra scura, mi riempiva di tenerezza allora e, ancora oggi, al ricordo mi commuove. E poi i canti, i più varî, da quelli per Celano da lui composti, più o meno improvvisando, a quelli presi dalle novità musicali che il Vaticano Secondo aveva voluto favorire. Composizioni, queste seguite al Concilio, spesso modeste ma da Don Claudio studiate e preparate perché fossero comunque all’altezza del “mistero”, senza il quale non c’è liturgia né dogma, né fede. Crescevamo così, e lui indossava a perfezione le lenti con le quali leggere le nostre prime vite, i primi amori, i turbamenti, le sciocchezze di noi tutti e mie per primo, che ho continuato a farne imperterrito e ad averne da lui, per decennî, la parola giusta, il conforto, la speranza. Don Claudio, di Celano e noi, ha illuminato lati che migliori erano senza prima apparirlo e ce li ha mostrati in grazia di Colui che ci indicava come luce da seguire. Gli dobbiamo un’infinità d’amore. Era il parroco, ed era un padre. Da anni viveva ritirato, ma continuavamo a sapere che c’era, c’era sempre, e lo sentivamo immortale. Don Claudio. Solo al nome, lo sentiamo ancora chiamarci e benedirci. Un’ultima volta, Celano e noi, i suoi ragazzi".