«All’Aquila un terremoto di serie B»

L’Associazione Centri storici scrive a Barca: noi discriminati nei sostegni in confronto a quanto fatto in Emilia

L’AQUILA. «Il terremoto dell’Aquila e dei paesi del cratere sismico è un terremoto di serie B ?».

L'Associazione Centri storici aquilani rivolge questa domanda al governo e al ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca chiedendo se ritiene doveroso intervenire in merito alla situazione della ricostruzione post-sisma e alle dichiarazioni del capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, sostenendo disparità di trattamento con l’Emilia. «Concordiamo, in linea di principio», si legge nella nota, «con quanto dichiarato da Gabrielli circa la maggior capacità di reazione e la minore conflittualità delle amministrazioni attribuite ai compagni di sventura del terremoto dell'Emilia, Lombardia e Veneto. Tuttavia è forse il caso di fare un quadro comparativo delle risorse e delle attenzioni concesse in favore delle regioni del nord. Il decreto legge 74 del giugno 2012 ha istituito il “fondo per la ricostruzione delle aree terremotate”, con una dotazione finanziaria effettiva di due miliardi e cinquecento milioni per gli anni 2012 – 2013 e 2104; sei miliardi di euro immediatamente utilizzabili per la ricostruzione sono stati stanziati con il meccanismo della convenzione Abi / Cassa Depositi e Prestiti diretto”; nessun obbligo di piani di ricostruzione, immediato inizio dei lavori di ripristino dei fabbricati nei centri storici, provvedimenti per il rilancio economico previsti con ordinanze dei Commissari delegati alla ricostruzione, ricostruzione gestita dagli enti locali e burocrazia zero, con contributi concessi sulla base di progetti e computi certificati dai progettisti, provvidenze fino all'80 % per il ripristino delle attività produttive e per la delocalizzazione delle stesse, con possibilità di incremento della cubatura degli immobili produttivi danneggiati, personale necessario all'esame dei progetti e delle richieste di contributo assorbito dagli enti locali o da loro “società in house” , senza concorsi pubblici».

«Veniamo allora» prosegue la nota, «alla nostra situazione, a tre anni e mezzo dal sisma: enorme dispendio di denaro nella fase di emergenza ed ingiustificato dispendio di risorse per una messa in sicurezza dei fabbricati non finalizzata all'immediato inizio dei lavori. Risorse spendibili della convenzione Abi / Cdp, pari a due miliardi, ormai esaurite e, probabilmente, non rifinanziate. Incertezza sui fondi che verranno destinati alla ricostruzione e, almeno allo stato attuale, carenza di risorse stanziate e immediatamente disponibili per la ricostruzione dei centri storici; obbligatorietà di un lungo iter propedeutico alla ricostruzione dei centri storici (come coi piani di ricostruzione – oltre 2 anni persi in sterili contrapposizioni e polemiche), commissariamento degli enti locali e istruttoria dei progetti condotta dalla cosiddetta “filiera” (Fintecna – Reluis – Cineas) nella prima fase della ricostruzione finalizzata al recupero delle periferie, blocco totale della ricostruzione dovuto all'avvicendamento degli uffici nella fase intermedia. Governance della prevista seconda fase relativa alla ricostruzione dei centri storici gestita solo teoricamente dagli enti locali, concorsi pubblici per assumere il personale necessario, Uffici Speciali per la ricostruzione, di nuova istituzione e con assoluta incertezza sui tempi della loro concreta operatività; attività produttive che non hanno beneficiato di alcun contributo per il ripristino e che, a quanto sembra, dovrebbero anche restituire parte delle agevolazioni fiscali percepite in quanto “aiuti di Stato”, concetto immediatamente recepito e avallato dal ministro Fornero prima di un chiaro deliberato dell’Unione Europea e prima di un eventuale recepimento con legge nazionale; a questo quadro desolante possiamo aggiungere le inefficienze dimostrate dagli enti locali nelle varie fasi della ricostruzione, una continua conflittualità politica strisciante di basso profilo, un modesto peso di rappresentanza politica in parlamento e lo scoramento delle popolazioni a causa di una situazione che sembra non avere vie di uscita».

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