Ambiente da salvare esperti a confronto al Salone dei Parchi
Successo di pubblico per l’iniziativa nel sito ex Italtel Tavola rotonda sulla biodiversità e i prodotti tipici locali
L’AQUILA. La biodiversità è un lusso o è l’essenza della natura? Tutelare le diverse specie faunistiche e floristiche d’Italia è una necessità o un’illusione? E quali vantaggi può portare il recupero di antiche colture in un quadro di crisi generale? A queste domande hanno cercato di rispondere ieri, nel convegno «Il valore della biodiversità per Slow food» tenuto nell’ambito del Salone dei prodotti tipici dei parchi d’Italia, i rappresentanti dei Parchi della regione, affiancati dal presidente della Fondazione Slow food per la biodiversità Piero Sardo e dal direttore generale Gal Gran Sasso Velino Giuseppe Paris. Sollecitati dalle domande del direttore editoriale Finegil Luigi Vicinanza, i relatori hanno spiegato cosa c’è dietro alla parola «biodiversità» e il ruolo che hanno oggi le aree protette nella tutela di specie in via d’estinzione. Per la categoria dei vecchi contadini vale il detto «la vacca spunta, la cavalla rasa e la pecora passa la rasora», che riassume tutta la capacità della natura di preservare tante specie di piante e di animali, legate le une alle altre e condizionate dal clima. Una catena in cui ogni elemento ha un suo ruolo: anche la mucca che spunta l’erba alta al pascolo, il cavallo che taglia quella medio-alta, la pecora che rasa il terreno e che, tutte insieme, contribuiscono a «concimare» il terreno in cui pascolano. Un processo naturale che rischia di essere spezzato dall’avvento delle colture di massa. «In tempo di crisi, come possono essere davvero profittevoli la tutela dell’ambiente e del cibo genuino?», chiede Vicinanza al presidente della Fondazione Slow food. «In Italia esistono 870 prodotti tipici recensiti», ha spiegato Sardo, «un patrimonio che vale una cifra ipotetica straordinaria. Però queste piccole produzioni locali vivono solo se vive anche il territorio irriproducibile in cui operano. Ma per trasformare questo patrimonio in investimento futuro deve intervenire il ministero dell’Agricoltura», ha aggiunto Sardo, criticando duramente il fenomeno delle monocolture, «svista colossale di cui pagheremo per decenni i danni».
Simone Angelucci dell’ufficio Biodiversità del Parco nazionale della Majella, ha ricordato che «con un progetto avviato dall’ente abbiamo scoperto 50 persone che facevano formaggio in casa in 50 modi diversi. Anche queste sono diversità da tutelare, ma deve farlo la politica». Il ruolo del Gal (Gruppo di azione locale) Gran Sasso Velino nella valorizzazione delle risorse locali è stato spiegato dal direttore generale Paris. «Il Gal promuove strategie di sviluppo dal basso», ha spiegato. Sul Burat 45, sono stati pubblicati i primi due bandi rivolti ad aziende agricole e attività turistiche (www.galgransassovelino.it/).
Marianna Gianforte
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