Arbace: così L’Aquila merita di diventare capitale della cultura 

L’ex direttrice del Polo museale d’Abruzzo: «Ma il capoluogo apra di più i suoi confini in un abbraccio verso il territorio»

L’AQUILA. «L’Aquila merita il titolo di capitale italiana della cultura, ma dovrebbe aprirsi di più all’esterno. Molti aquilani non sono ben consapevoli dell’alta qualità della vita in questa realtà e della sua bellezza». A schierarsi a favore della candidatura del capoluogo abruzzese per il 2022, Lucia Arbace, ex direttrice del Munda (Museo nazionale d’Abruzzo) e già al vertice del Polo museale dell’Abruzzo.
Cosa ne pensa di questa candidatura?
«È una opportunità che L’Aquila non deve perdere, soprattutto se si valutano i tempi che stiamo vivendo. Nella scorsa estate l’emergenza Covid19 ha contribuito a far scoprire o riscoprire l’Italia agli italiani. In tal senso l’Abruzzo e L’Aquila in particolare hanno uno stupefacente patrimonio da offrire e una semina da consolidare anche negli anni futuri».
Vive un “conflitto d’interessi” per via della candidatura di Procida, vicina alla sua terra d’origine, Capri, dove attualmente risiede?
«Le isole campane sono di incomparabile bellezza. In questa circostanza il mio forte legame con lo straordinario arcipelago non ha generato alcun conflitto. Il legame altrettanto forte che si è stabilito con i luoghi dove ho operato per oltre un decennio, sin dal 2009, mi guida verso una prima riflessione. La candidatura a capitale italiana della cultura può giovare di più e meglio a una città come L’Aquila che deve ritrovare se stessa, aprirsi a una nuova vita garantendo la piena fruizione delle eccellenze di cui è ricca, in gran parte già restaurate o ricostruite dopo il tremendo sisma del 6 aprile 2009».
Quali vantaggi potrebbe avere da questo titolo la città?
«Più che di vantaggi parlerei di benefici, i quali possono essere di duplice natura. Sicuramente un titolo così prestigioso fa convergere l’interesse di un pubblico esterno più qualificato, ma sollecita altresì l’orgoglio degli stessi abitanti i quali in genere mi sono sembrati poco consapevoli dell’alta qualità della vita che L’Aquila può offrire non solo ai residenti, ma anche agli ospiti, se bene accolti».
A suo avviso L’Aquila è pronta a un percorso del genere?
«Per esercitare al meglio il ruolo di vera capitale, la città deve uscire dai suoi confini, aprire le sue porte e liberarsi in un abbraccio verso il territorio, in un raggio il più ampio possibile. È opportuno stabilire un patto di alleanze e solidarietà con le principali realtà dell’Abruzzo e non solo. In qualche modo ciò significa recuperare quella straordinaria dimensione che L’Aquila ha già esercitato in passato, quando tra Medioevo e fino all’inoltrato Cinquecento, in tutta l’Italia meridionale per importanza e prestigio, era seconda solo a Napoli».
Potrebbe trattarsi di un volano anche per il Munda?
«Nel 2019 dal Munda è partito il progetto L’Aquila città d’arte, grazie al finanziamento di 300.000 euro erogato dalla Direzione generale musei del Ministero. Sono state anche varate numerose iniziative di valorizzazione del tessuto cittadino. Nella sua nuova connotazione di museo autonomo il Munda può fare molto molto di più, senza però cancellare le buone esperienze precedenti. L’augurio è che questa candidatura sia di stimolo per far accelerare i lavori di restauro della sede storica, il prestigioso castello dell’Aquila, a partire dal piano terra del bastione che ospita il mammut, e a seguire dallo spazio del seminterrato già ritenuto idoneo per allocarvi il magnifico gonfalone della città, restaurato a Firenze».
©RIPRODUZIONE RISERVATA