Avezzano, occupato il tetto della clinica Santa Maria
Nuova protesta dei lavoratori della struttura marsicana del gruppo Villa Pini
AVEZZANO. Sul tetto della clinica per chiederne la riapertura. Riparte così la protesta dei lavoratori della Santa Maria, che tornano ad asserragliarsi sull’edificio dopo la protesta di un anno e mezzo fa, che però non ha portato a nulla. Stavolta, però, i dipendenti sono determinati e annunciano una contestazione ad oltranza. Tanto da restare sul tetto anche di notte.
Cambiano gli slogan, cambiano gli striscioni, ma le richieste sono sempre le stesse, quelle di un posto di lavoro. Era il 14 novembre quando i lavoratori della struttura sanitaria marsicana decisero inaspettatamente di salire sul tetto in segno di protesta, con la speranza di sensibilizzare l’opinione pubblica e spronare il mondo politico affinché fossero presi provvedimenti utili a salvare la Santa Maria, i posti di lavoro e servizi ai pazienti. Rimasero diversi giorni sull’edificio, dormendo dentro le tende nonostante le temperature polari.
Tutto inutile. La passerella di politici di ogni schieramento e di ogni livello non portò a nulla, se non a convincere i manifestanti ad abbandonare la protesta in cambio di promesse.
Da allora niente è cambiato e sedici mesi dopo, come allora, i rappresentanti degli 80 lavoratori sono di nuovo su quel tetto, che oramai gli è diventato familiare.
Il blitz. È scattato all’alba, intorno alle 5, quando quattro lavoratrici sono entrate nella clinica chiusa da più di due mesi, hanno raggiunto l’ultimo piano e sono salite sul tetto. Sul posto sono arrivati i vigili del fuoco e gli agenti del commissariato che presidiano la zona.
Nel frattempo in strada sono giunti gli altri dipendenti che a turno portano avanti il picchetto. Fra loro anche il primario, Corrado Paoloni, che ha ricordato la necessità di riaprire la clinica e riattivare i servizi in attesa dell’iter burocratico della curatela. «Stavolta non scenderemo finché non ci daranno garanzie per il nostro futuro», hanno affermato i manifestanti, «aspettiamo risposte mai arrivate da due anni».
Le richieste. Le proteste riguardano soprattutto le convenzioni non rinnovate dalla Regione, in particolare quelle riguardanti il punto nascite, centro di riferimento per l’utenza marsicana, mentre lo stesso reparto dell’ospedale scoppia di pazienti.
I fondi concessi dalla Regione sono scesi da circa cinque milioni e mezzo a quattro milioni.
In attesa dell’esito del ricorso al Tar avviato dalla curatrice fallimentare Giuseppina Ivone, che può restituire l’accreditamento, i lavoratori chiedono che l’esercizio provvisorio porti alla riapertura della clinica con il budget attuale che comprende i reparti di chirurgia e ginecologia, oltre a tutti i servizi di diagnostica.
Cambiano gli slogan, cambiano gli striscioni, ma le richieste sono sempre le stesse, quelle di un posto di lavoro. Era il 14 novembre quando i lavoratori della struttura sanitaria marsicana decisero inaspettatamente di salire sul tetto in segno di protesta, con la speranza di sensibilizzare l’opinione pubblica e spronare il mondo politico affinché fossero presi provvedimenti utili a salvare la Santa Maria, i posti di lavoro e servizi ai pazienti. Rimasero diversi giorni sull’edificio, dormendo dentro le tende nonostante le temperature polari.
Tutto inutile. La passerella di politici di ogni schieramento e di ogni livello non portò a nulla, se non a convincere i manifestanti ad abbandonare la protesta in cambio di promesse.
Da allora niente è cambiato e sedici mesi dopo, come allora, i rappresentanti degli 80 lavoratori sono di nuovo su quel tetto, che oramai gli è diventato familiare.
Il blitz. È scattato all’alba, intorno alle 5, quando quattro lavoratrici sono entrate nella clinica chiusa da più di due mesi, hanno raggiunto l’ultimo piano e sono salite sul tetto. Sul posto sono arrivati i vigili del fuoco e gli agenti del commissariato che presidiano la zona.
Nel frattempo in strada sono giunti gli altri dipendenti che a turno portano avanti il picchetto. Fra loro anche il primario, Corrado Paoloni, che ha ricordato la necessità di riaprire la clinica e riattivare i servizi in attesa dell’iter burocratico della curatela. «Stavolta non scenderemo finché non ci daranno garanzie per il nostro futuro», hanno affermato i manifestanti, «aspettiamo risposte mai arrivate da due anni».
Le richieste. Le proteste riguardano soprattutto le convenzioni non rinnovate dalla Regione, in particolare quelle riguardanti il punto nascite, centro di riferimento per l’utenza marsicana, mentre lo stesso reparto dell’ospedale scoppia di pazienti.
I fondi concessi dalla Regione sono scesi da circa cinque milioni e mezzo a quattro milioni.
In attesa dell’esito del ricorso al Tar avviato dalla curatrice fallimentare Giuseppina Ivone, che può restituire l’accreditamento, i lavoratori chiedono che l’esercizio provvisorio porti alla riapertura della clinica con il budget attuale che comprende i reparti di chirurgia e ginecologia, oltre a tutti i servizi di diagnostica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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