Balconi, intero edificio a rischio

Cinquanta sono da abbattere (350 in pessime condizioni) ma nella piastra 19 spunta l’ipotesi ruspe

L’AQUILA. Sono una cinquantina, tra gli 800 per i quali è scattato il provvedimento di sequestro, i balconi da demolire. Altri 350 sono quelli che versano in pessime condizioni e che andranno comunque abbattuti. È questo il risultato dello studio commissionato dal Comune all’indomani del crollo del balcone in una delle palazzine del Progetto Case, a Cese di Preturo. Una perizia che ha di fatto aperto la strada ai sequestri dei balconi, realizzati con legname marcio, in 22 edifici costruiti da una stessa Ati in cinque new town: Cese, Coppito 2, Arischia, Collebrincioni e Sassa. E mentre la Forestale ha continuato ieri a mettere i sigilli sui balconi degli alloggi costruiti per ospitare gli sfollati del terremoto e all’epoca spacciati come supersicuri, in alcuni edifici sarebbero emerse altre pesanti criticità. Problemi tali da suggerire lo sgombero almeno degli appartamenti della palazzina in via Volonté, a Cese, quella dove all’inizio di settembre è venuto giù di botto uno dei balconi al secondo piano. Un provvedimento che potrebbe aprire la strada, ipotesi su cui in queste ore si sta ragionando al Comune, anche alla demolizione di un intero edificio, quello della piastra 19. «È come averci consegnato una macchina con i freni di plastica», tuona il sindaco Massimo Cialente che torna ad accusare la Protezione civile «per una gestione degli appalti a dir poco fallimentare. Ho letto le dichiarazioni rilasciate l’altro giorno all’Aquila dal capo della Protezione civile Franco Gabrielli sulla manutenzione degli alloggi. A Gabrielli suggeriamo di chiedere scusa, a nome della Protezione civile (il soggetto attuatore del Progetto Case), agli italiani perché gli alloggi sono stati realizzati attingendo per il 50% al Fondo di solidarietà. Una vicenda raccapricciante. La Protezione civile faccia autocritica e dica al Paese di aver dato appalti milionari a persone sbagliate. Ora, per fare la manutenzione straordinaria, servono soldi e personale che non abbiamo. Il numero dei nostri dipendenti è lo stesso in servizio a Fiumicino o Potenza, ma i problemi da affrontare sono ben altri e io non ci sto a restare con il cerino in mano». Cialente è un fiume in piena. «Non ci aspettavamo danni così gravi, dai sopralluoghi effettuati sta emergendo un quadro allucinante scaturito da errori progettuali e di esecuzione dei lavori. Ora c’è l’inchiesta della Procura per crollo colposo e frode nelle pubbliche forniture. Abbiamo parlato con il governo perché bisognerà avviare, laddove è possibile, interventi di straordinaria manutenzione. Si potrebbe attingere ai 70 milioni di euro risparmiati sugli espropri, ma la Protezione civile faccia finalmente il suo dovere».

Di «un altro terremoto per la città», parla l’assessore Lelio De Santis. «Abbiamo recuperato 1 milione e 200mila euro per la gara d’appalto (sei mesi) per la manutenzione del Progetto Case», afferma De Santis, «ma il problema è tanto grave da sfuggire alla nostra portata. Dallo studio che abbiamo commissionato sono emerse criticità anche in altre new town. Il “pacco dono” è questo, viene da chiedersi come faremo a gestire e tenere in piedi a lungo queste case».

Intanto, sono 400 i balconi finora sigillati dalla Forestale che completerà il lavoro in anticipo, grazie anche alla collaborazione fin qui mostrata dagli inquilini. L’unico segno di protesta alcuni striscioni appesi a Cese su quei balconi diventati off-limits per gli sfollati. «Stiamo agli arresti domiciliari», la scritta comparsa su un lenzuolo. In serata altri striscioni, altre richieste di trasloco, altre «fughe» da quelle case coi balconi puntellati e sigillati.

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