Berlusconi: «Qui un altro G8»
«In tre-cinque anni rifaccio il centro storico». Il bacio alla Merkel.
L’AQUILA. Il pat-pat, la pacca sulla spalla da parte di Obama, e quell’Ok col pollice sono molto più di una benedizione. Sì, nel gesto, che avviene dentro l’auditorium della Finanza di Coppito, è racchiusa la giornata inaugurale del G8 aquilano. La pacca scuote di dosso al premier i pensieri sui titoli e le vignette dei giornali stranieri. Si sente sotto assedio, sì, ma quando l’ospite più atteso, il presidente degli Stati Uniti, lo abbraccia e gli fa i complimenti per la leadership italiana ecco che Berlusconi ritrova la fiducia e, schivate anche le domande nella conferenza stampa di fine giornata, chiude da perfetto vincitore il primo giorno di G8 all’Aquila, capitale del dolore. Promette un nuovo vertice degli otto grandi all’Aquila e case per tutti entro novembre. Detta i tempi per la ricostruzione del centro storico («Tre-cinque anni»). Promuove il Guerriero di Capestrano. Il premier arriva di buon mattino nella scuola della Finanza di Coppito.
Controlla che tutto sia a posto, chiede ai suoi se manca ancora qualcosa perché il decollo del vertice sia degno delle migliori aspettative. Poi scorta Angela Merkel a Onna, Obama davanti alla prefettura devastata e Medvedev a Santa Maria Paganica ancora aperta come un uovo di Pasqua mangiato a metà. Strappa promesse per la ricostruzione. È sempre lui a condurre la scena. Tratta gli ospiti come amici portati a passeggio nel giardino di casa. «Ci diamo del tu, al vertice. Non ci sono formalità, quando si dà la parola l’intesa è immediata. Questo è importante perché, passato il vertice, basterà una telefonata per riannodare i fili di quest’amicizia», gongola a fine serata il presidente del Consiglio. E l’unico peso della giornata, allora, è quel librone da 24 chili regalato ai leader del mondo che dovevano stare al mare della Sardegna e invece ora approdano tra le macerie del terremoto.
SULL’AUTO ELETTRICA. Mano destra sullo sportello, alla guida un finanziere donna, il premier sorride dal posto del passeggero aprendo la sfilata delle macchinine elettriche mutuate dai campi da golf per gli spostamenti dentro la caserma blindata. Alle 13,10 Berlusconi fa cinque con la mano. Mancano infatti cinque minuti per l’arrivo degli ospiti e tutto dev’essere pronto a puntino. Il primo con cui chiacchierare è Barroso. Il presidente della commissione europea è già stato qui, dove ha promesso la zona franca. Si parla anche di questo nei minuti che precedono la foto con lo sfondo del logo del G8. Ecco Medvedev, con cui il saluto è particolarmente caloroso, scortato da Bertolaso. Quindi la Merkel che sarà la leader più vicina a Berlusconi durante tutta la giornata. Tra i due un bacio sulla guancia e per la lady tedesca i complimenti per l’abbigliamento. «Che bel vestito», esclama il premier accompagnando l’espressione con ampio gesto delle braccia.
I due arrivano a piedi. Poi si avvicina Gordon Brown. Sempre a piedi, alle 13,20, il passo svelto di Obama fa quasi correre gli uomini della sicurezza. Ecco, tra i leader, il bacio sulla guancia, la stretta di mano e la pacca sulla spalla dell’americano all’italiano. Sullo sfondo c’è il Gran Sasso innevato. Qui, di fronte alle raffiche di flash di tutto il mondo, il premier realizza di aver vinto la scommessa di portare America e Russia, Africa e Cina qui, nell’epicentro del dolore. Il gruppetto dei grandi, tranne Sarkozy in ritardo per colpa dell’aereo, comincia a parlare con grande serenità. I microfoni registrano anche una risata generale. È il premier che intrattiene gli ospiti, tra una battuta e l’altra. Poi tutti a vedere i libri del Canova con copertina di marmo, che per portarli a casa ci vorrà un carrellino, visto il peso.
Berlusconi è padrone di casa premuroso. Alle 13,35, quando si materializza la figura del leader francese Sarkozy, eccolo lasciare gli altri a guardare i libri e ad accogliere l’ultimo arrivato con particolare affetto. Poi tutti a pranzo, dopo un aperitivo offerto dal premier come primo brindisi della giornata. Alle 16,30, dopo un’attesa di un’ora e mezza sotto il sole, con il soccorso delle bottigliette d’acqua della Protezione civile, i fotografi inquadrano di nuovo Berlusconi e Merkel che a piedi raggiungono l’auditorium passando davanti alla grossa scritta «Nec recisa recedit» («Neppure ferita arretra») motto della Finanza. Sarkozy, poco dietro, torna al banco dei lavori con una cartella sotto il braccio e affronta saltellando il primo gradino della scalinata. Alle 16,40, sempre a piedi, riecco Obama.
UN ALTRO G8. A sera Berlusconi convoca la stampa per comunicazioni unilaterali. Niente domande, anche se alla fine è lui a chiedere «Ne avete organizzate alcune?». Ma lo dice guardando in faccia Frattini e Bonaiuti. E allora le domande non ci sono davvero. Men che meno le più temute, specialmente da parte della stampa estera. Berlusconi in apertura parla di terremoto. «Ricostruiremo il centro storico in 3-5 anni. Per verificare lo stato dei lavori e studiare le forme anti-calamità faremo un altro G8 prima della fine dell’anno, sempre qui all’Aquila. Ci sarà un rilancio dell’università con 15mila nuovi alloggi per altrettanti studenti. Entro metà novembre i terremotati lasceranno le tende per abitare in vere e proprie case. Andate a vedere le 1100 camere allestite per le delegazioni straniere. Ma come, non le avete ancora visitate?». Detto questo, un inciampo. Mentre scende dal podio il premier vacilla. Ma la scorta lo afferra. E la giornata, la prima, finisce senza danni.
Controlla che tutto sia a posto, chiede ai suoi se manca ancora qualcosa perché il decollo del vertice sia degno delle migliori aspettative. Poi scorta Angela Merkel a Onna, Obama davanti alla prefettura devastata e Medvedev a Santa Maria Paganica ancora aperta come un uovo di Pasqua mangiato a metà. Strappa promesse per la ricostruzione. È sempre lui a condurre la scena. Tratta gli ospiti come amici portati a passeggio nel giardino di casa. «Ci diamo del tu, al vertice. Non ci sono formalità, quando si dà la parola l’intesa è immediata. Questo è importante perché, passato il vertice, basterà una telefonata per riannodare i fili di quest’amicizia», gongola a fine serata il presidente del Consiglio. E l’unico peso della giornata, allora, è quel librone da 24 chili regalato ai leader del mondo che dovevano stare al mare della Sardegna e invece ora approdano tra le macerie del terremoto.
SULL’AUTO ELETTRICA. Mano destra sullo sportello, alla guida un finanziere donna, il premier sorride dal posto del passeggero aprendo la sfilata delle macchinine elettriche mutuate dai campi da golf per gli spostamenti dentro la caserma blindata. Alle 13,10 Berlusconi fa cinque con la mano. Mancano infatti cinque minuti per l’arrivo degli ospiti e tutto dev’essere pronto a puntino. Il primo con cui chiacchierare è Barroso. Il presidente della commissione europea è già stato qui, dove ha promesso la zona franca. Si parla anche di questo nei minuti che precedono la foto con lo sfondo del logo del G8. Ecco Medvedev, con cui il saluto è particolarmente caloroso, scortato da Bertolaso. Quindi la Merkel che sarà la leader più vicina a Berlusconi durante tutta la giornata. Tra i due un bacio sulla guancia e per la lady tedesca i complimenti per l’abbigliamento. «Che bel vestito», esclama il premier accompagnando l’espressione con ampio gesto delle braccia.
I due arrivano a piedi. Poi si avvicina Gordon Brown. Sempre a piedi, alle 13,20, il passo svelto di Obama fa quasi correre gli uomini della sicurezza. Ecco, tra i leader, il bacio sulla guancia, la stretta di mano e la pacca sulla spalla dell’americano all’italiano. Sullo sfondo c’è il Gran Sasso innevato. Qui, di fronte alle raffiche di flash di tutto il mondo, il premier realizza di aver vinto la scommessa di portare America e Russia, Africa e Cina qui, nell’epicentro del dolore. Il gruppetto dei grandi, tranne Sarkozy in ritardo per colpa dell’aereo, comincia a parlare con grande serenità. I microfoni registrano anche una risata generale. È il premier che intrattiene gli ospiti, tra una battuta e l’altra. Poi tutti a vedere i libri del Canova con copertina di marmo, che per portarli a casa ci vorrà un carrellino, visto il peso.
Berlusconi è padrone di casa premuroso. Alle 13,35, quando si materializza la figura del leader francese Sarkozy, eccolo lasciare gli altri a guardare i libri e ad accogliere l’ultimo arrivato con particolare affetto. Poi tutti a pranzo, dopo un aperitivo offerto dal premier come primo brindisi della giornata. Alle 16,30, dopo un’attesa di un’ora e mezza sotto il sole, con il soccorso delle bottigliette d’acqua della Protezione civile, i fotografi inquadrano di nuovo Berlusconi e Merkel che a piedi raggiungono l’auditorium passando davanti alla grossa scritta «Nec recisa recedit» («Neppure ferita arretra») motto della Finanza. Sarkozy, poco dietro, torna al banco dei lavori con una cartella sotto il braccio e affronta saltellando il primo gradino della scalinata. Alle 16,40, sempre a piedi, riecco Obama.
UN ALTRO G8. A sera Berlusconi convoca la stampa per comunicazioni unilaterali. Niente domande, anche se alla fine è lui a chiedere «Ne avete organizzate alcune?». Ma lo dice guardando in faccia Frattini e Bonaiuti. E allora le domande non ci sono davvero. Men che meno le più temute, specialmente da parte della stampa estera. Berlusconi in apertura parla di terremoto. «Ricostruiremo il centro storico in 3-5 anni. Per verificare lo stato dei lavori e studiare le forme anti-calamità faremo un altro G8 prima della fine dell’anno, sempre qui all’Aquila. Ci sarà un rilancio dell’università con 15mila nuovi alloggi per altrettanti studenti. Entro metà novembre i terremotati lasceranno le tende per abitare in vere e proprie case. Andate a vedere le 1100 camere allestite per le delegazioni straniere. Ma come, non le avete ancora visitate?». Detto questo, un inciampo. Mentre scende dal podio il premier vacilla. Ma la scorta lo afferra. E la giornata, la prima, finisce senza danni.