Bertolaso, il pm Picuti: sì all’incidente probatorio
Grandi rischi-bis, mossa della Procura che «anticipa» l’eventuale processo Attesa sfilata di big per chiarire se ci furono suggerimenti sulle rassicurazioni
L’AQUILA. Il giudice Giuseppe Romano Gargarella gli ha imposto di proseguire le indagini su Guido Bertolaso indagato per omicidio colposo e lesioni colpose nell’ambito delle indagini sulla riunione della commissione Grandi rischi del 31 marzo 2009, a cinque giorni dal sisma. Il pubblico ministero Fabio Picuti, con una mossa a sorpresa, ha chiesto l’incidente probatorio, un’assunzione anticipata di prove in vista di un eventuale processo. Una decisione che cambia in qualche modo gli scenari disegnati al termine dell’udienza di giugno, che aveva visto il sostituto procuratore della Repubblica – il quale ha già sostenuto in aula l’accusa nei confronti dei sette componenti della commissione Grandi rischi (condannati a sei anni di reclusione ciascuno) – forse per la prima volta alzare la voce per affermare di non essere un «insabbiatore». «Non posso tollerare», queste la parole del magistrato aquilano, «che mi si venga a parlare di paura di toccare le alte sfere o i papaveri più rossi. Mi posso vantare di essere stato il primo a ricercare la verità a 360 gradi e ho dato la verità storica di quello che è accaduto». Con la richiesta di incidente probatorio, per la quale il giudice dovrà ora fissare l’udienza, anzi le udienze, visto che è presumile che ve ne siano svariate, con ogni probabilità nel mese di ottobre, l’ufficio della Procura si riprende la scena di un’indagine, quella sul filone-bis della commissione Grandi rischi, che potrebbe riservare nuove sorprese.
ALL’AMERICANA. Visto che il giudice ha disposto il prolungamento delle indagini (il pm aveva chiesto l’archiviazione, non avendo ravvisato comportamenti penalmente rilevanti da parte degli indagati cosiddetti «eccellenti», le parti civili si sono opposte) ora Picuti mette uno di fronte all’altro tutti i protagonisti della complessa vicenda. Indagati e non. In una partita che si giocherà a carte scoperte. La mossa della Procura, nel pieno esercizio delle sue prerogative, al contempo garantisce anche la possibilità, per gli avvocati, di essere posti nelle condizioni di svolgere in pienezza l’attività difensiva. Del resto, l’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore della persona sottoposta alle indagini. Ma ha diritto di partecipare all’udienza anche il difensore della persona offesa. In particolare, i legali di parte civile (Angelo Colagrande, Stefano Parretta, Fabio Alessandroni, Wania Della Vigna, Gregorio Equizi e Gianfranco Iadecola) hanno pronta una sfilza di nomi di personaggi di spicco da convocare per una serie di richieste di audizioni che, in alcuni casi, non si era ritenuto di dover ammettere. Tra i «grandi assenti» va annoverato, ad esempio, Giuseppe Zamberletti, considerato il «padre» della moderna Protezione civile, il quale non partecipò alla riunione dell’Aquila. L’ex ministro, tuttavia, è ritenuto figura centrale per dipanare la matassa, anche a seguito di alcune sue dichiarazioni successive al terremoto. «Avevo sconsigliato a Bertolaso, che mi aveva telefonato, di riunire la commissione all’Aquila, perché in quei giorni era nata una polemica tra la comunità scientifica ufficiale e il ricercatore Giuliani e per questo temevo che l’incontro sarebbe stato travisato. Avevo suggerito di tenere la riunione a Roma. È stato un errore convocare all’Aquila quella riunione perché è stata interpretata come una visita che si sarebbe conclusa con un rapporto alla popolazione».
I RISCHI. Non sfugge ad alcuno il rischio rappresentato dal fatto che gli indagati, presentandosi in tale veste davanti al giudice, possano avvalersi della facoltà di non rispondere. Tuttavia l’udienza (o le udienze) in incidente probatorio rappresentano la migliore garanzia per cercare di capire se, in quei giorni di sciame sismico, chi avrebbe dovuto informare la popolazione si sia fatto suggerire da altri cosa dire (o non dire). Dal confronto tra posizioni diverse e dichiarazioni discordanti si dovrebbe arrivare alla verità.
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