santo stefano di sessanio
Caccia ai cinghiali golosi di lenticchie
Il Parco ha autorizzato l’abbattimento per salvare il prezioso legume
L’AQUILA. Il Parco Gran Sasso-Laga ha autorizzato l’abbattimento selettivo dei cinghiali che stazionano nella zona di Santo Stefano di Sessanio. Il provvedimento arriva dopo le proteste dei produttori della rinomata lenticchia di Santo Stefano, le cui coltivazioni continuano a essere devastate dagli ungulati, e dalle prese di posizione della Coldiretti e di Slow Food, ai quali si sono aggiunti gli operatori economici del comune montano.
In particolare, il presidente dell’Associazione produttori lenticchia di Santo Stefano Ettore Ciarrocca ha lamentato, per l’anno in corso, una perdita del 50% della produzione: le coltivazioni sono state distrutte dal passaggio di centinaia di cinghiali, che si sono riversati sul territorio del borgo mediceo in cerca di pozze d’acqua, arrivando anche a cambiare le proprie abitudini alimentari e a mangiare le piante del prezioso legume, eccellenza nel mondo e presidio Slow Food. «Ho potuto assistere, su invito del presidente Tommaso Navarra», spiega Ciarrocca, «alla riunione del consiglio direttivo del Parco, in cui si è affrontata l’emergenza cinghiali. In quella sede, è stato verbalizzato l’atto con cui l’ente si impegna a procedere con l’abbattimento selettivo degli animali. Un atto le cui linee direttive erano già state emanate da un anno e mezzo, visto che il problema non è nuovo. Ma finora erano rimaste disattese. Ora c’è l’impegno, sancito dal direttore del Parco Domenico Nicoletti, a far partire gli interventi già nel mese di ottobre».
Le procedure prevedono che gli abbattimenti selettivi vengano gestiti dal Parco in sinergia con la Provincia, che mette a disposizione cacciatori abilitati. La normativa, in casi del genere, dispone che i Parchi mettano a punto dei piani per limitare i danni provocati dal proliferare dei cinghiali e di solito si utilizzano gabbie per la cattura: a Santo Stefano, dove sono stati avvistati almeno 3 o 4 branchi di 25 capi ciascuno, si è in piena emergenza.(r.s.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
In particolare, il presidente dell’Associazione produttori lenticchia di Santo Stefano Ettore Ciarrocca ha lamentato, per l’anno in corso, una perdita del 50% della produzione: le coltivazioni sono state distrutte dal passaggio di centinaia di cinghiali, che si sono riversati sul territorio del borgo mediceo in cerca di pozze d’acqua, arrivando anche a cambiare le proprie abitudini alimentari e a mangiare le piante del prezioso legume, eccellenza nel mondo e presidio Slow Food. «Ho potuto assistere, su invito del presidente Tommaso Navarra», spiega Ciarrocca, «alla riunione del consiglio direttivo del Parco, in cui si è affrontata l’emergenza cinghiali. In quella sede, è stato verbalizzato l’atto con cui l’ente si impegna a procedere con l’abbattimento selettivo degli animali. Un atto le cui linee direttive erano già state emanate da un anno e mezzo, visto che il problema non è nuovo. Ma finora erano rimaste disattese. Ora c’è l’impegno, sancito dal direttore del Parco Domenico Nicoletti, a far partire gli interventi già nel mese di ottobre».
Le procedure prevedono che gli abbattimenti selettivi vengano gestiti dal Parco in sinergia con la Provincia, che mette a disposizione cacciatori abilitati. La normativa, in casi del genere, dispone che i Parchi mettano a punto dei piani per limitare i danni provocati dal proliferare dei cinghiali e di solito si utilizzano gabbie per la cattura: a Santo Stefano, dove sono stati avvistati almeno 3 o 4 branchi di 25 capi ciascuno, si è in piena emergenza.(r.s.)
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