Carispaq, Iannucci si presenta"Voglio meno salotti più fatti"
Il nuovo direttore generale: "La nostra banca deve ricostruirsi l’immagine dopo il caso del Madoff dei Parioli. Non perderemo il ruolo di istituto locale"
L'AQUILA. «Meno salotti e più risposte ai cittadini e alle imprese. O sì, o no». A spasso in centro storico nel giorno del suo insediamento all'Aquila, il nuovo direttore generale della Carispaq Vittorio Iannucci promette che si farà vedere poco nei salotti e nei ritrovi delle consorterie cittadine che ben hanno resistito al sisma. Abruzzese di Civitella Alfedena, 60 anni, proveniente dalla Popolare di Aprilia, il nuovo manager tratteggia che ne sarà della banca aquilana che sta per diventare tutta emiliana.
Dottor Iannucci, com'è andato il suo primo giorno all'Aquila?
«Conosco la città da sempre. Sono abruzzese anch'io anche se la mia famiglia è a Roma. Mia moglie ha studiato biologia e si è laureata all'Aquila, città che ho sempre frequentato per lavoro e amicizie. L'ho vista e rivista anche dopo il terremoto. A novembre 2009 ho fatto un giro e fui colpito dai tanti puntellamenti in centro. Ho avuto un'impressione atroce nel vedere le finestre appese, gli armadi aperti coi cappotti ancora lì, le case desolatamente vuote. Ho fatto due passi a San Bernardino entrando da via Zara. Certo, qui c'è tanto da lavorare...».
In città come anche in banca. Anche Carispaq è da ricostruire?
«Beh, no. Ricostruire no, forse il nostro palazzo sì, ma non l'istituto di credito che, grazie a Dio, è solido e funziona».
Sta citando forse il premier Berlusconi?
«No, no, è solido sul serio, vi dico».
Serve forse una ricostruzione d'immagine dopo il caso del Madoff dei Parioli?
«Sì. Spero anzi che queste immagini non bellissime che la banca ha dovuto accollarsi possano perdersi nel giro di qualche tempo. La forza della banca è un'altra. Una banca presente, vicina alla gente. Abbiamo tante cose da dire. Questa è una buccia di banana. Speriamo di uscirne fuori prima possibile».
Ci sono timori che la Cassa perda il suo ruolo di banca della città. Timori fondati?
«Possiamo e dobbiamo tranquillizzare risparmiatori e imprese. Non cambia le carte in tavola il fatto che la banca popolare dell'Emilia prenda il 100, il 99 o il 98 per cento delle azioni. Già oggi, con l'80%, è il socio di riferimento. Anche alzando l'asticella, Carispaq rimane la banca del territorio. È la filosofia del gruppo federale, che affonda le sue radici nelle varie banche regionali».
Anche se si apprestano a sbarcare tre dirigenti dalla capofila modenese?
«La presenza di rappresentanti nel cda è a maggioranza locale, del territorio. I miei collaboratori? Restano quelli che ci sono. Con qualche innesto importante della capogruppo. Il management attuale rimane, ci mandano qualche rinforzo per un periodo di tempo. Io stesso intendo spendermi a tempo pieno. Sarò qui cinque giorni a settimana».
Chi ha incontrato per primo?
«Ovviamente il cda che ha ufficializzato la mia nomina, il presidente, il collegio sindacale. Poi i collaboratori più vicini e via via vorrò conoscere tutti i dipendenti. Sarà un percorso lungo».
Confartigianato ha criticato la banca per il credito alle imprese: iter macchinoso, pratiche che finiscono due volte a Modena. Come fare?
«Ci sono processi di ottimizzazione delle procedure in corso e questo, avendo accentrato alcune attività, comporta un piccolo passaggio in più, uno-due giorni. Ma una volta che la delibera viene definita, e si aspetta solo l'erogazione, i tempi vanno accorciati. Bisogna dare risposte immediate ai clienti, positive o negative».
Come si colloca Carispaq rispetto alle altre Casse abruzzesi?
In posizione certamente paritaria. Siamo in Bper e tali restiamo. Eventuali operazioni con altre banche sono vagliate a livello di capogruppo. Manteniamo i nostri 54 sportelli. Non vedo al momento ampliamenti. Anche perché c'è il rischio saturazione».
Cosa sa dell'economia abruzzese?
«Con la mia terra di provenienza, il Lazio, questa regione è accomunata, e gravata, dall'imponente debito sanitario che frena la crescita e lo sviluppo. Ho in agenda la conoscenza di amministratori e sindaci, voglio capire quali sono le priorità da affrontare nell'immediato. Bisogna rimboccarsi le maniche e darsi delle priorità».
Il suo precedessore Rinaldo Tordera era molto presente nella vita sociale cittadina. E Iannucci?
«Opto per un profilo un po' più basso. Cercherò di essere presente, ma con un'esposizione un po' più limitata».
Dottor Iannucci, com'è andato il suo primo giorno all'Aquila?
«Conosco la città da sempre. Sono abruzzese anch'io anche se la mia famiglia è a Roma. Mia moglie ha studiato biologia e si è laureata all'Aquila, città che ho sempre frequentato per lavoro e amicizie. L'ho vista e rivista anche dopo il terremoto. A novembre 2009 ho fatto un giro e fui colpito dai tanti puntellamenti in centro. Ho avuto un'impressione atroce nel vedere le finestre appese, gli armadi aperti coi cappotti ancora lì, le case desolatamente vuote. Ho fatto due passi a San Bernardino entrando da via Zara. Certo, qui c'è tanto da lavorare...».
In città come anche in banca. Anche Carispaq è da ricostruire?
«Beh, no. Ricostruire no, forse il nostro palazzo sì, ma non l'istituto di credito che, grazie a Dio, è solido e funziona».
Sta citando forse il premier Berlusconi?
«No, no, è solido sul serio, vi dico».
Serve forse una ricostruzione d'immagine dopo il caso del Madoff dei Parioli?
«Sì. Spero anzi che queste immagini non bellissime che la banca ha dovuto accollarsi possano perdersi nel giro di qualche tempo. La forza della banca è un'altra. Una banca presente, vicina alla gente. Abbiamo tante cose da dire. Questa è una buccia di banana. Speriamo di uscirne fuori prima possibile».
Ci sono timori che la Cassa perda il suo ruolo di banca della città. Timori fondati?
«Possiamo e dobbiamo tranquillizzare risparmiatori e imprese. Non cambia le carte in tavola il fatto che la banca popolare dell'Emilia prenda il 100, il 99 o il 98 per cento delle azioni. Già oggi, con l'80%, è il socio di riferimento. Anche alzando l'asticella, Carispaq rimane la banca del territorio. È la filosofia del gruppo federale, che affonda le sue radici nelle varie banche regionali».
Anche se si apprestano a sbarcare tre dirigenti dalla capofila modenese?
«La presenza di rappresentanti nel cda è a maggioranza locale, del territorio. I miei collaboratori? Restano quelli che ci sono. Con qualche innesto importante della capogruppo. Il management attuale rimane, ci mandano qualche rinforzo per un periodo di tempo. Io stesso intendo spendermi a tempo pieno. Sarò qui cinque giorni a settimana».
Chi ha incontrato per primo?
«Ovviamente il cda che ha ufficializzato la mia nomina, il presidente, il collegio sindacale. Poi i collaboratori più vicini e via via vorrò conoscere tutti i dipendenti. Sarà un percorso lungo».
Confartigianato ha criticato la banca per il credito alle imprese: iter macchinoso, pratiche che finiscono due volte a Modena. Come fare?
«Ci sono processi di ottimizzazione delle procedure in corso e questo, avendo accentrato alcune attività, comporta un piccolo passaggio in più, uno-due giorni. Ma una volta che la delibera viene definita, e si aspetta solo l'erogazione, i tempi vanno accorciati. Bisogna dare risposte immediate ai clienti, positive o negative».
Come si colloca Carispaq rispetto alle altre Casse abruzzesi?
In posizione certamente paritaria. Siamo in Bper e tali restiamo. Eventuali operazioni con altre banche sono vagliate a livello di capogruppo. Manteniamo i nostri 54 sportelli. Non vedo al momento ampliamenti. Anche perché c'è il rischio saturazione».
Cosa sa dell'economia abruzzese?
«Con la mia terra di provenienza, il Lazio, questa regione è accomunata, e gravata, dall'imponente debito sanitario che frena la crescita e lo sviluppo. Ho in agenda la conoscenza di amministratori e sindaci, voglio capire quali sono le priorità da affrontare nell'immediato. Bisogna rimboccarsi le maniche e darsi delle priorità».
Il suo precedessore Rinaldo Tordera era molto presente nella vita sociale cittadina. E Iannucci?
«Opto per un profilo un po' più basso. Cercherò di essere presente, ma con un'esposizione un po' più limitata».
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