Carsoli, badante massacrata dall’amante geloso
Muratore romeno di 52 anni arrestato per omicidio. L’ultima telefonata della 38enne Giuliana: «Vado in paradiso»
CARSOLI. Ha amato l’uomo sbagliato, quell’uomo accecato dalla gelosia che l’ha massacrata afferrandole i capelli e sbattendole violentemente la testa contro lo spigolo in metallo alla base di una scalinata e contro un muro. Lei si chiamava Iuliana Catalin Bucataru e aveva 38 anni. Da cinque lavorava come badante nella casa di un invalido di Colli di Monte Bove, frazione di Carsoli. In paese era conosciuta col nome di Giuliana. Il presunto assassino, arrestato per omicidio volontario, è Andrei Feru, 52 anni, connazionale della vittima, muratore di professione, da tempo residente a Carsoli.
NON FU UNA CADUTA. La donna era stata trovata agonizzante nella casa del suo assistito a Colli di Monte Bove domenica 5 novembre 2017. Due giorni dopo, la morte all’ospedale San Salvatore dell’Aquila. Si era ipotizzata una caduta dalle scale. Tesi avvalorata da un confuso racconto dell’invalido (ha dichiarato di avere sentito un tonfo e di avere visto un corpo precipitare) e dal fatto che nel sangue della vittima c’era una massiccia dose di alcol. Il giorno dopo la caduta, nella caserma dei carabinieri di Carsoli si è presentata una donna. Ha raccontato di avere visto la coppia all’interno di un’auto incidentata. Il maresciallo maggiore Umberto Massimo Cicone, comandante della stazione, ha iniziato ad avere sospetti. E ha avviato l’indagine che ha portato a scoprire un’altra verità.
LA RICOSTRUZIONE. La collaborazione di numerosi testimoni e un racconto pieno di contraddizioni fornito da Feru hanno convinto il sostituto procuratore Maurizio Maria Cerrato a fare approfondimenti. Fino ad arrivare ad un quadro dell’accaduto. Quella domenica l’uomo e la badante si trovavano insieme. Hanno bevuto, molto (c’è anche lo scontrino sequestrato in un bar dove è stata acquistata una bottiglia di vino da un litro e mezzo), prima di fare ritorno a Colli di Monte Bove. Qui hanno avuto un incidente, con l’auto, una Lancia Lybra station wagon, finita contro un muretto. Agli atti c’è la dichiarazione di un testimone che ha sentito l’uomo dire: «Che mi hai combinato, che mi hai fatto Giuliana». Quindi un altro litigio in casa, sfociato nell’aggressione e nell’omicidio. Da ieri il 52enne è rinchiuso nel carcere di Avezzano. In Italia la donna lascia un figlio e la sorella. Quest’ultima assistita dall’avvocato Angelo Iacomini.
FERITE E DNA. Una prima svolta nelle indagini, portate avanti dal capitano Silvia Gobbini della compagnia di Tagliacozzo, è arrivata dall’autopsia eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio. È stato accertato che la donna aveva fratture in due differenti punti del cranio, fratture delle costole al lato sinistro del torace, la milza rotta, denti caduti, la frattura dell’omero sinistro, nonché altre piccole lesioni in più parti del corpo. Elementi, secondo l’accusa, incompatibili con una caduta. «Un’aggressione violenta», ha concluso il medico legale. Al resto ci hanno pensato i carabinieri del Ris di Roma nel corso di un’ispezione nella casa. Sopralluogo che ha visto la presenza sia del pm Cerrato che del medico legale. La casa era stata pulita dai vicini il lunedì successivo, ma al Ris non sono sfuggite le tracce ematiche trovate sul muro delle scale, a un’altezza di un metro e mezzo, risultate anomale per una caduta. Altro sangue della donna era nel bagno e nella camera da letto. Ma non solo. Tracce di Dna erano nella vettura dell’indagato finita sotto sequestro (su un airbag lato guidatore e sul freno a mano) e su una maglietta da uomo nel portabagagli. La lite, per l’accusa, è avvenuta tra le 21 e le 21,15.
IL MOVENTE. Pochi giorni fa, il 5 febbraio, è stato ascoltato un cittadino macedone che ha raccontato di avere una relazione con la donna da circa tre anni. Quel 5 novembre il macedone e la Bucataru hanno avuto una serie di contatti telefonici, iniziati alle 17.53, quando la vittima si trovava già in compagnia di Feru. Alle 18, all’ennesima telefonata, la donna si è mostrata arrabbiata, dicendogli che si trovava in macchina con un amico. «Improvvisamente al telefono interveniva un uomo», ha raccontato il macedone ai carabinieri, «che mi diceva con tono adirato: che c... sta a chiamà a questo numero, non devi chiamare più».
«VADO IN PARADISO». Il macedone, alle 21.15, ha parlato per l’ultima volta con la 38enne. Una voce affannosa e appena udibile: «Sono partita... vado al paradiso, bravi al paradiso e cattivi all’inferno, ci vediamo con chi mi ha fatto bene e con chi mi ha fatto male ci vediamo lì».
«FURIA OMICIDA». Secondo il gip del tribunale di Avezzano, Anna Carla Mastelli, che ha firmato l’ordinanza di arresto, «la scoperta della frequentazione da parte della Bucataru di un altro uomo faceva scoppiare l’ira dell’indagato che da lì a breve si trasformava in furia omicida».
PRECEDENTE VIOLENTO. Il 5 giugno 2013 dai carabinieri di Carsoli si presentò la moglie di Feru. La donna denunciò l’uomo, prima di allontanarsi da lui definitivamente, accusandolo di averla picchiata. Aggressioni che si verificavano quando l’uomo era ubriaco. Dopo quell’addio, Feru aveva allacciato la relazione con un’altra donna romena e continuava a frequentare la vittima.
VOLEVA FUGGIRE. L’uomo, difeso dall’avvocato Paolo Trani, aveva timore di essere arrestato. Come emerso da alcune intercettazioni. Il 14 novembre parla con un’amica: «Non ho fatto niente... non l’ho toccata. Siamo stati insieme la sera, abbiamo fatto un giro in macchina... l’ho portata a casa, era ubriaca, rotta la macchina, rotta la ruota, lei ha aperto la porta, è caduta, voleva uscire dalla macchina ed è caduta... ho pensato che lei è entrata dentro casa ed è caduta dalle scale». E ha il timore di finire in cella: «...se per caso mi carcerano... ho la coscienza pulita che non gli ho fatto niente... mi carcerano... mi carcerano».
©RIPRODUZIONE RISERVATA