Casa dello studente, scontro sulla demolizione all'Aquila

Il fabbricato è pericolante: il sindaco ne annuncia l’abbattimento. Centofanti (Comitato familiari vittime): deve restare un simbolo per tutti

L’AQUILA. È pronto a dichiarare guerra al Comune il comitato dei familiari delle vittime della Casa dello studente sul ventilato abbattimento del luogo simbolo del terremoto. La necessità della demolizione è stata comunicata dal sindaco, Massimo Cialente, a seguito di un sopralluogo nella struttura fatto tre giorni fa da parte del perito del tribunale Maria Gabriella Mulas.

«Se la struttura è davvero pericolante, è giusto che venga abbattuta», spiega Antonietta Centofanti, rappresentante del comitato, «ma almeno un muro, una stele di quella tragedia deve rimanere come simbolo di quanto è accaduto. Non si può pensare di cancellare con un colpo di spugna la tragedia. La cosa che ci dispiace è che non siamo stati assolutamente interpellati in questa occasione. Abbiamo dovuto apprendere le notizie dai mezzi di comunicazione, quando quello che resta della Casa per noi è come la stanza vuota di un figlio».

Cialente, infatti, venerdì scorso, durante il notiziario dell’emittente Tvuno, ha comunicato: «Devo darvi una brutta notizia», informando della prossima demolizione. Il primo cittadino ha parlato anche di problemi di sicurezza che hanno portato alla decisione di azionare le ruspe, nonostante la struttura sia ancora sotto sequestro giudiziario ormai da parecchio tempo.

Un atteggiamento assolutamente «insensibile», dunque, quello del sindaco, secondo il comitato, che è già sul piede di guerra. «Se prenderanno delle decisioni inopportune, raduneremo all’Aquila i comitati dei familiari delle vittime di tutta Italia e ci sdraieremo su quel che rimane della Casa dello studente per non permetterne l’abbattimento», continua la Centofanti. «Tempo addietro si era persino parlato della realizzazione di un parcheggio in quella zona. Il sindaco, ultimamente, ha detto che potrebbe essere il posto di un monumento. Di monumenti non ne abbiamo bisogno e di parcheggi meno che mai».

I parenti delle vittime chiedono, invece, che in quel maledetto luogo, dove hanno perso la vita otto studenti universitari la notte del 6 aprile 2009, non si costruisca più e che resti a memoria di quanto accaduto un muro della casa o la voragine che ha inghiottito le giovani vite «coperta, magari, solo da un vetro». Che insomma a via XX Settembre si ricordi per sempre quella notte. «Chi passa deve chiedersi cosa è accaduto lì», continua la Centofanti, «e deve girarsi per capire. Non si può fare finta di niente».

La speranza dei familiari è che si realizzi un luogo simile a quello di San Giuliano di Puglia, in Molise, dove nel 2002 è crollata una scuola, con la morte di 27 bambini e di una maestra: un luogo-ricordo in cui sono ancora oggi visibili le tracce dell’edificio distrutto e del disastro causato dalla violenta scossa di terremoto. «La cosa che più ci spaventa ora», conclude la rappresentante del comitato, «è che prima di prendere queste decisioni nessuno si ricorda di noi. Non chiedevamo molto: solo una telefonata del sindaco che avvertisse della possibilità dell’abbattimento della struttura dove hanno perso la vita i nostri cari». Il processo per il crollo della Casa dello studente, che provocò anche 19 feriti, si è concluso il 16 febbraio con la condanna a quattro anni di reclusione per Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, i tecnici autori dei lavori di restauro eseguiti nel 2000. Due anni e mezzo sono stati invece inflitti a Pietro Sebastiani, tecnico dell’Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu).

Ci sono stati anche imputati scagionati mentre altre persone non sono state giudicate in quanto decedute nelle more del giudizio oppure in quanto non imputabili per motivi di salute, come è avvenuto per il progettista Claudio Botta.

Michela Corridore

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