Case Ater e comunali inquilini mobilitati
Ricostruzione, incontro con Rapagnà (Mia Casa d’Abruzzo) sullo stato dell’arte «Lavori bloccati per 121 edifici classificati E, occorre dare risposte ai cittadini»
L’AQUILA. L’associazione «Mia casa» torna alla carica per chiedere la ricostruzione e la messa in sicurezza delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica dell’Ater e del Comune dell’Aquila.
Lo ha fatto ieri pomeriggio nel corso di un’assemblea all’auditorium Carispaq del centro direzionale Strinella 88. Davanti agli inquilini, Pio Rapagnà, coordinatore del movimento, ha snocciolato i numeri di una ricostruzione problematica. Notevoli sono infatti le difficoltà che ogni giorno gli assegnatari devono affrontare. Ad esempio, nel corso della riunione, ci si è soffermati sul rischio che potrebbe comportare, per un assegnatario uscito dalla casa che gli era stata assegnata e lesionata dal sisma per andare nei Map, nelle Case o in affitto concordato, un’eventuale modifica del suo stato giuridico in concomitanza con ventilate ipotesi di riforma dell’Ater.
«Cercate i contratti originali che dicono che siete assegnatari di una casa popolare. Prendeteli e metteteli in un posto sicuro», ha spiegato Rapagnà. «È l’unico modo per evitare che in futuro possano sorgere problemi già emersi in alcuni complessi dell’Aquila». Per quanto riguarda lo stato della ricostruzione, Rapagnà ha riportato numeri e cifre derivanti da una lunga serie di verifiche in cantiere sullo stato della ricostruzione, condotte da lui stesso in collaborazione con i tecnici dell’Ater.
«Per le case A, B e C», ha spiegato Rapagnà, «su 991 appartamenti Ater e 254 riscattati, sono stati portati a termine 71 cantieri per 390 alloggi Ater e 213 di privati. Di questa categoria sono invece ancora in corso lavori in 17 cantieri. L’altro grande problema emerge con le case E, la cui ricostruzione al momento appare bloccata». Si tratta di 121 edifici di cui 31 sono stati assegnati al Provveditorato alle Opere pubbliche, complessivamente 194 alloggi Ater e 79 privati. «E per fortuna che, insieme a quelli Ater, c’erano anche gli alloggi dei privati, nello stesso edificio, e sono stati proprio i privati a spingere per la presentazione dei progetti, perché altrimenti la situazione sarebbe stata ancora peggiore».
In mezzo a tanti problemi, anche il Comune non è esente da critiche. «Qui si pensa di andare a Roma con le carriole», dice Rapagnà, «e invece a me sembra che una parte di problema sia proprio qui. Nell’ordinanza 3083 del 15 agosto 2009 che noi inquilini avevamo concordato in un incontro con l’allora prefetto Gabrielli venivano stanziati 150 milioni per l’edilizia residenziale pubblica danneggiata. Questi 150 milioni in un secondo momento sono stati ripartiti tra il Comune e l’Ater con un accordo tra il commissario Chiodi e il vicecommissario Cialente, 43 milioni al Comune e il resto all’Ater. Si potrebbe disquisire sulla differenza tra il numero di case del Comune e quelle Ater, di numero molto superiore, ma non è questo il problema. Sta di fatto che i soldi ci sono. Purtroppo, quando i nostri inquilini vanno a chiedere lumi sullo stato delle progettazioni, è il caso ad esempio della casa crollata in via XX Settembre, rispondono che stanno ancora “valutando il da farsi”, se ricostruire o delocalizzare, se il sottosuolo va bene oppure no. A 4 anni dal sisma...». (r.p.)
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