Case popolari, tardano i lavori
Edifici classificati A e B, l’allarme degli inquilini.
L’AQUILA. Si sentono dimenticati. A ragione. Sono le migliaia di persone che prima del 6 aprile abitavano nelle case popolari. Oggi hanno meno certezze di tutti gli altri cittadini e chiedono che non siano abbandonati al loro destino. Due giorni fa centinaia di inquilini si sono ritrovati insieme per un convegno organizzato nella sede della Carispaq dal movimento «Mia Casa» in collaborazione con il periodico aquilano Controaliseo. «La sollecitazione emersa dall’incontro» scrive Ugo Centi direttore di Controaliseo «è stata duplice: la prima quella di ripristinare subito le case danneggiate il sei aprile e che hanno classificazioni A e B.
La seconda quella di chiedere alla Regione piani di recupero urbano, di riparazione e di miglioramento della tenuta antisismica di tutti gli edifici di edilizia residenziale pubblica danneggiata dal sisma, quindi anche quelli con danni più gravi. Questo piano» continua Centi «dovrà contenere edifici da destinare alla locazione a canone concordato, anche nei centri storici laddove possibile. I fondi per una operazione del genere ci sono, basta individuarli e cercarli. Riparare o ricostruire case popolari è possibile ed eticamente sostenibile». All’Aquila il problema della risistemazione delle case popolari (a gestione Ater o comunale) riguarda 4.000 famiglie (oltre 15.000 persone). Molte case sono state classificate A o B (per esempio quelle di Monticchio) e hanno bisogno di interventi per essere rese agibili.
Ma pare che nessuno se ne stia occupando e negli inquilini ogni giorno che passa cresce l’angoscia di non sapere dove potranno rientrare in vista dell’inverno (le case classificate A e B non danno la possibilità di accedere alle abitazioni in costruzione sia quelle del progetto Case che quelle di legno). Al convegno di due giorni fa non erano presenti politici (a parte il consigliere regionale Maurizio Acerbo). Pio Rapagnà di Mia Casa nel suo intervento dopo aver evidenziato le problematiche più urgenti da affrontare ha chiesto incontri con Ater, Comune, Provincia e Regione per trovare le soluzioni. La richiesta che è arrivata dagli inquilini è stata: «Dateci al più presto una casa agibile e che si faccia il possibile per accelerare i lavori di ripristino delle abitazioni danneggiate». Sarebbe questo un modo per far sì che migliaia di persone possano tornare in tempi ragionevoli a una vita normale.
La seconda quella di chiedere alla Regione piani di recupero urbano, di riparazione e di miglioramento della tenuta antisismica di tutti gli edifici di edilizia residenziale pubblica danneggiata dal sisma, quindi anche quelli con danni più gravi. Questo piano» continua Centi «dovrà contenere edifici da destinare alla locazione a canone concordato, anche nei centri storici laddove possibile. I fondi per una operazione del genere ci sono, basta individuarli e cercarli. Riparare o ricostruire case popolari è possibile ed eticamente sostenibile». All’Aquila il problema della risistemazione delle case popolari (a gestione Ater o comunale) riguarda 4.000 famiglie (oltre 15.000 persone). Molte case sono state classificate A o B (per esempio quelle di Monticchio) e hanno bisogno di interventi per essere rese agibili.
Ma pare che nessuno se ne stia occupando e negli inquilini ogni giorno che passa cresce l’angoscia di non sapere dove potranno rientrare in vista dell’inverno (le case classificate A e B non danno la possibilità di accedere alle abitazioni in costruzione sia quelle del progetto Case che quelle di legno). Al convegno di due giorni fa non erano presenti politici (a parte il consigliere regionale Maurizio Acerbo). Pio Rapagnà di Mia Casa nel suo intervento dopo aver evidenziato le problematiche più urgenti da affrontare ha chiesto incontri con Ater, Comune, Provincia e Regione per trovare le soluzioni. La richiesta che è arrivata dagli inquilini è stata: «Dateci al più presto una casa agibile e che si faccia il possibile per accelerare i lavori di ripristino delle abitazioni danneggiate». Sarebbe questo un modo per far sì che migliaia di persone possano tornare in tempi ragionevoli a una vita normale.